Dalla Banda della Magliana alla Cassazione, l'avvocato usuraio dai mille misteri

Un gruppo di cravattari è stato arrestato dalla Dia di Roma. A capo dell'organizzazione un ex maresciallo diventato legale di un boss della 'ndrangheta. E sullo sfondo volti noti della malavita romana e presunte pressioni per aggiustare una sentenza

Cravattari con amicizie di peso nella criminalità organizzata. Legati ai reduci della vecchia banda della Magliana e a un boss della 'ndrangheta. Un gruppo assortito di diverse estrazioni. Con a capo un ex maresciallo dei carabinieri poi diventato avvocato. E proprio quest'ultimo, Benedetto Stranieri, è il link con il clan calabro-emiliano Grande Aracri.

Una liason tra l'avvocato e la 'ndrina decisamente pericolosa. Sullo sfondo, infatti, persino il tentativo di condizionare l'esito di un processo in Cassazione per favorire un fedelissimo del padrino Nicolino Grande Aracri, detto “Manuzza”. Il variegato sistema criminale è finito sotto accusa nell'indagine “Old Cunning” della Direzione investigativa antimafia di Roma coordinata dalla procura capitolina. Sedici in tutto gli arresti disposti dal gip del tribunale nei confronti di una «associazione criminale dedita stabilmente e in forma organizzata alla commissione nel territorio capitolino di delitti di usura e riciclaggio».

“Old Cunning” ha preso il via nel 2012: il primo a finire nella rete di intercettazioni è Antonio D'Angeli. Apparentemente un tranquillo pensionato, in realtà un terminale dei soldi che poi venivano prestati. Per questo, come fanno notare gli investigatori, aveva grosse disponibilità di denaro. Da qui sono partiti gli agenti della Dia. E hanno individuato un gruppo organizzato in stretti rapporti con personaggi noti negli ambienti del milieu romano.

Nelle carte dell'inchiesta vengono infatti citati nomi noti della banda della Magliana. C'è Manlio Vitale “Er Gnappa”, c'è Giuseppe De Tomaso “Sergione er Ciccione”, c'è il “Presidente” Oberdan, deceduto nel 2012. E non mancano i riferimenti a vecchie indagini in cui spuntavano contatti con i Nicoletti e persino alcuni esponenti dei Casamonica. Insomma, un pezzo del sottobosco criminale capitolino che, in fondo, non è mai andato in pensione. Proprio questi legami avevano forte presa sulle vittime. C'era la fila per chiedere soldi in prestito. A Stranieri & Co si rivolge chiunque. Il politico locale, Antonio Aumenta de La Destra, riceve, per esempio, 7.500 euro, «con un tasso mensile che poteva arrivare anche al 10 per cento» si legge nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice.

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Tra le vittime del gruppo di cravattari è finito anche Giorgio Heller, presidente di Roma Capitale Investments Foundation (fondazione creata durante la giunta Alemanno i cui membri fondatori sono Atac, Poste Italiane, Agenzia Spaziale Italiana, Associazione Italia-Cina, Bunkersec Corp, Esri Italia, Etika Solar, Partecipazioni SpA, Skyset, Spoleto Credito e Servizi, Valore Impresa). Le intercettazione, molte del 2013, rivelano i contatti con gli usurai legati alla banda e alla 'ndrangheta.

«I prestiti ricevuti ammontano complessivamente ad euro 5.700,00 (1.500,00 + 2.000,00 + 2.200,00), con applicazione del tasso mensile d'interesse dell 10 per cento (120 annuo)» riportano i detective antimafia. «Giorgio il tuo comportamento non mi piace, voglio vedere se mi cerchi o ti devo venire a cercare», è la minaccia che Roberto Castroni (anche lui finito in carcere) rivolge a Heller. E poi, rivolgendosi a qualcuno che era con lui, dice esplicitamente: «lui mi deve dare i soldi». In un'altra telefonata è il presidente della Fondazione a lamentarsi delle pressioni: «Poi chi se ne frega!! Mica posso andare tutti i giorni a cercare soldi per la gente».

Negli atti dell'inchiesta ci sono poi contatti diretti tra l'avvocato Stranieri e Heller. L'ex maresciallo chiedeva aiuto per sbrigare una pratica di un amico bloccata da Invitalia. Tra gli indagati anche due gestori di altrettanti bar che avevano il compito di riciclare i proventi dell'usura attraverso la riscossione di titoli di credito degli usurati che venivano immediatamente sostituiti con denaro liquido.

C'è, infine, un filone rimasto sotto traccia che lega le indagini sulla 'ndrangheta emiliana e, questa, sugli amici della vecchia banda. Riguarda le presunte pressioni su un giudice di Cassazione per ottenere una sentenza favorevole al clan Grande Aracri. Numerosi gli indizi di un contatto presso il Palazzaccio. Benedetto Stranieri e sua sorella Lucia, pure lei avvocato, si muovono in tal senso. Nelle intercettazioni emerge tutta la loro sicurezza, certi di poter risolvere la questione. In effetti, la sentenza incriminata verrà annullata. Persino Lucia, persona di solito molto riservata al telefono, si è lasciata scappare una frase che per gli investigatori è significativa: «Glielo puoi anticipare che va tutto bene, io ho fatto quello che dovevo fare, l'ho fatto bene per l'ennesima volta digli ai signori».

Il riferimento è all'opera di pressione sulla corte, avevano ipotizzato inquirenti e investigatori. Le indagini successive, però, non hanno permesso di individuare il togato o il cancelliere che avrebbe favorito gli amici degli Stranieri. L'unica cosa certa, spiegano le fonti sentite da “l'Espresso”, è il canale attraverso il quale si è sviluppato questo presunto dialogo: Lucia Stranieri e l'avvocato presso cui lavora, Vito Villani.
Questa pista investigativa era finita nell'inchiesta sui Grande Aracri coordinata dalle procure di Bologna e Catanzaro. Già in quell'indagine spuntavano personaggi molto influenti. Come la faccendiera Grazia Veloce con un passato di assistente per i potenti democristiani della Capitale, e solidi rapporti con ambienti massonici e vaticani.

Il filone Cassazione, dunque, resta al momento ancora avvolto nel mistero. Con due sole certezze: Benedetto Stranieri che in un dialogo intercettato racconta di un incontro con alcuni magistrati vicino alla stazione Termini; la sentenza annullata con rinvio proprio come richiesto dal padrino Grande Aracri.

Aggiornamento dell'11 agosto 2016
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