'Vieni via con me' è un evento, ma anche un buon esempio di servizio pubblico. La cui forza è proprio nell'apparente banalità e ripetitività. Il guru della televisione promuove il programma di Fazio e Saviano

Lo scenario. Un programma non fa il 30,21 per cento solo perché è un bel programma. Se un programma è buono, ben costruito dal punto di vista professionale, sicuramente l'audience si attesta su una media alta. Ma per fare il trenta per cento ci vuole l'evento, e l'evento si realizza quando  un programma cattura lo spirito del tempo e risponde ad una esigenza del Paese. Esempi di evento sono stati il Vajont di Paolini piuttosto che Rock Politik di Celentano. Oggi la televisione in generale è affamata di verità. La verità vince sul reality, audience alla mano. Dopo anni di infotainment, gossip o grandi fratelli, oggi i programmi vincenti sono Anno Zero, Report, Chi l'ha visto, il telegiornale di Mentana.

Come spesso accade nella routine televisiva si è manifestata una frattura per cui cresce la domanda di informazione. Ma c'è di più. Se usciamo dai confini della televisione e guardiamo alla società italiana, avremo la chiave per capire la rivoluzione televisiva in atto. La grigia realtà della vita dell'italiano medio è stata surrogata dalla narrazione della vita brillante del premier, con le sue venti ville, le innumerevoli feste, la mondanità. Berlusconi ha descritto l'Italia come un Paese prospero, perché tutti hanno il telefonino ed i porticcioli turistici sono intasati di barche. Un po' come la statistica del pollo per cui su un campione di dieci se uno mangia dieci polli, tutti hanno il loro pollo. La metafora dell'Italia di oggi è costituita dalle macerie della Casa dei gladiatori a Pompei, dall'immondizia che torna ad invadere le strade, dall'allagamento del Veneto, dai terremotati che ancora aspettano la ricostruzione. Seduto su questo mucchio di macerie e rifiuti, non solo reali, ma anche morali, il Paese si interroga, si chiede se una scala di valori sia ancora possibile. In questo clima da ultimi giorni di Pompei si inserisce il programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano come contributo della società civile a quel mondo della politica al quale nessuno è più disposto a conferire fiducia. Mentre il berlusconismo affonda, l'opposizione non cresce e l'unico "partito" in ripresa è costituito dal gruppo degli astensionisti.

Il programma. Se dovessi dare una prima definizione del programma, direi che "Vieni via con me" è essenzialmente un programma di servizio pubblico. È pubblica una programmazione che si rivolge alla totalità del Paese, che affronta temi di interesse universale, condiviso. Il pubblico servizio rappresenta una sorta di piazza democratica che permette la condivisione degli eventi e dei valori di portata universale. In questo ambito si colloca "Vieni via con me". In un momento di crollo di certezze, di "fallimento" civile e morale del Paese, è necessario fermarsi per fare un inventario di quello che rimane da salvare e di quello che rimane da combattere. Il programma è un evento perché realizza un'esigenza del Paese.

La cerimonia. Secondo Dayan e Katz il centro della comunicazione sono le grandi cerimonie dei media. Si tratta in questo caso di cerimonie reali: nozze, funerali, eventi sportivi, manifestazioni che  l'obiettivo della televisione cattura per farne patrimonio comune condiviso. Ma esiste un'altra forma di cerimonia: la cerimonia televisiva vera e propria, che propone al suo pubblico un materiale su cui interrogarsi e dibattere. "Vieni via con me" è costruito così, come un referendum sul Paese: Vado? Rimango? Possiamo fare ancora qualcosa per restare? Ci sono ancora motivi per restare? Ogni cerimonia ha bisogno di un officiante, e l'officiante è Saviano, il simbolo del legalismo nel Paese dell'illegalità. La trasmissione ha dei vizi formali: sconfina nella retorica, sfonda porte aperte, ripete fatti noti senza attingere a quel giornalismo d'inchiesta che aveva fatto di Gomorra una narrazione unica. I beni e i mali del Paese sono formalizzati in eventi che ripetono lo schema  lento - rock di Celentano. Si attinge a un repertorio consolidato di "santini laici": Falcone, Eluana Englaro, Welby. Lo sguardo verso l'attualità non apporta nessun elemento di novità. Non c'è l'inchiesta dalle conseguenze clamorose. Non c'è l'approfondimento filosofico dei temi morali. L'attualità è ridotta ad elenchi, filastrocche, una sorta di Mantra ripetitivo, formalizzato ed organizzato come un ritornello. Ci sono cose profonde, comiche, superficiali, gravi, assurde. L'elenco ne omogenea l'impatto sul pubblico. Trasforma l'informazione in liturgia.

La forza di penetrazione di "Vieni via con me" sta proprio in questa apparente banalità e ripetitività. È un meccanismo che ha bisogno di tempo per funzionare, come ritornello di una canzone ha bisogno di tempo per fissarsi nell'incoscio del pubblico. I difetti formali che sono stati imputati a "Vieni via con me" sono in realtà i suoi punti di forza. Una liturgia non può essere nuova. Una liturgia ha bisogno di preghiere. E gli eventi funzionano con la cadenza rassicurante del rosario, con la forza della ripetizione. Per partire o ripartire si fa appello al mito. E un mito non può mai essere nuovo, originale, d'avanguardia.

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