Cultura
16 gennaio, 2012

Intervista al fondatore di Agorà Digitale, l'associazione che ormai dal 2009 si batte per il rispetto dei diritti digitali

Gente del web: Luca Nicotra

La necessità di evitare censure in Rete va di pari passo con l'esigenza di non consentire che i dati della privacy vengano estrapolati e diffusi, utilizzandoli poi per politiche commerciali o di marketing. E' questo uno dei motivi che ha spinto Luca Nicotra ad approfondire il tema, specializzandosi in informatica anche all'estero, negli USA e in Germania, passando per il Canada.

"Sono laureato in informatica con un dottorato che sta per finire, anzi proprio a causa di internet non è ancora finito" - ride lui. Luca non avrà finito gli studi ma, a 29 anni, è già segretario di una delle associazioni che più stanno lavorando in difesa delle libertà nella Rete: Agorà Digitale. Questa volta potremmo dire che nella nostra rubrica parliamo di Gente "per" il web, più che "del".

Infatti, ancor più giovane di ora "mio fratello portava a casa i primi dischetti e poi i cd con i collegamenti gratuiti alla rete, limitati a poco tempo al giorno. Era il tempo in cui avevo aperto le prime pagine, ero appassionato di temi scientifici, sognavo portali che trattassero l'argomento. Più che altro ero un utente della rete. Poi ho intrapreso gli studi di informatica."

E dalla conoscenza sono nate le prime battaglie...
"In realtà ho cominciato ad occuparmi di internet come argomento sociale, innovazione nella società e momento di rottura. Poi, quando ho iniziato ad appassionarmi di politica, all'inizio degli anni 2000, mi sono fatto coinvolgere nelle grandi battaglie europee sui brevetti software, lo scontro sulla privacy con gli Stati Uniti che dopo l'11 settembre volevano imporre un regime molto più restrettivo e l'Europa che riuscì a rispondere di no."

Ecco allora che attorno a questi temi, hai trovato i tuoi punti di riferimento.
"In particolare il parlamentare radicale Marco Cappato, attorno al quale in quegli anni si riunisce questa schiera di attivisti, blogger, hacker, alcuni esponenti del movimento software libero, persone con cui comincio a fare attività e condividere temi comuni. E nel 2006 organizzo a Pisa, dove studiavo, la prima conferenza sull'e-democracy. Poi, nel 2009, dopo varie iniziative di disobbedienza civile, fondiamo quella che è l'associazione Agorà Digitale."

Da utente a studente, a ricercatore?
"Sì, ora faccio ricerca nel cosiddetto data mining, una materia che cerca di dare un senso all'enorme mole di dati generata da internet - materia utilizzata da internet, dai social network, da Facebook e Google che usano queste strategie per aiutarci nella ricerca ma anche per indirizzarci verso la pubblicità più adeguata."

Questa è una battaglia sulla quale puntare ancora molto, no? Quella sulla illegale diffusione dei dati personali...
"Si, infatti proprio aver potuto studiare dall'interno il funzionamento di questi sistemi mi dà una prospettiva più aperta e chiara su quello che c'è da fare. E' chiaro che la battaglia sulla privacy di qualche anno fa, ora che abbiamo 20 milioni di italiani su Facebook, non è più pensabile. Però è vero che l'utente deve avere un controllo maggiore sui dati personali, e che non deve essere possibile fare quel che si vuole con questi dati. Queste sono battaglie fondamentali. Inoltre, e qui voglio esse esplicito, chi stabilisce che il dibattito pubblico su internet debba obbedire a certe regole? Una cosa che non è possibile nella vita reale, deve essere impedita anche in Rete. Se io sono in un bar, non posso escludere alcuni utenti, nè alcuni temi di discussione, nè registrare a loro insaputa gli utenti: è un luogo che ha uno spazio privato, ma ha un accesso pubblico."

Ma non si corre il pericolo che con la scusa della regolamentazione si censuri?
"Certo, il fatto di obbligare i grandi soggetti web a obbedire a queste regole, non deve essere certo una scusa da parte dei governi per apporre delle restrizioni."

Questo è difficile, no?
"Mah, queste grosse multinazionali che possono essere nostri alleati oggi contro la censura, saranno i soggetti con cui scontrarsi un domani. Perchè gli stati non possono permettersi tutto, ma non può farlo neanche una multinazionale... Sì, è un campo in grossa evoluzione, dobbiamo capire le priorità e avere una visione ampia."

E allora quali sono gli accorgimenti che tu consiglieresti oggi a un profano che non voglia farsi intercettare, monitorare da questi tracciatori di Google o Facebook, per proteggere la sua privacy?
"Non usare internet? E' una battaglia persa, può essere la battaglia di un gruppo di hacker, ma non per tutti. Però conoscere quello che viene fatto con i propri dati è importante."

Quindi è fondamentale la trasparenza?
"Deve esserci un rapporto più paritario che ora non c'è. Nessuno di noi ha mai letto le paginate di condizioni che si accettano per entrare nelle community: un tentativo inutile di dare all'utente consapevolezza di ciò che viene fatto con i suoi dati.

Luca è un attivista molto agguerrito, ma quando si parla con lui ha un atteggiamento "ghandiano". Ha una solarità "mediterranea", anche se è caparbio e "nordico" nelle modalità. Per lui l'efficacia e l'efficienza devono andare di pari passo, anche nelle mobilitazioni.

Cambiamo tema: è difficile per i movimenti, le associazioni e chi si muove nel campo della protesta passare alla proposta e al consolidamento dei temi?

"Da una parte si protesta, si fa casino, si pubblicano articoli, dall'altra non c'è il coraggio di mettersi a creare quella che io chiamo una "startup politica": piccola, agile, organizzazioni funzionali che possano fare mobilitazione. Ora stanno arrivando dall'estero multinazionali dell'organizzazione (come Avaaz), però l'approccio tradizionale italico è di avere un rapporto e di cercare un'interlocuzione con i partiti, con il parlamentare di fiducia, è questo è il modo più facile per insabbiare la più avveniristica proposta".

Il collateralismo non aiuta?
"E' chiaro che deve esserci l'autonomia di un movimento che si rivolga all'opinione pubblica, ma faccia anche proposte, susciti interesse per le proposte tale da indurre le istituzioni ad ascoltare. Se non c'è la voglia di fare questo, è difficile competere con l'industria musicale o con le grosse telco italiane, che vogliono ad esempio impedire a soggetti medio-piccoli di entrare nel business. C'è tutta una serie di questioni in cui delle istanze anche molto diffuse non trovano un loro referente. Io a volte mi trovo in imbarazzo per la quantità di istanze che arrivano ad Agorà Digitale di gruppi che hanno di tutto, proposte eccetera, ma non riescono a trovare le giuste interlocuzioni."

Forse la soluzione è riuscire a creare delle lobby democratiche che, sui vari temi, trovino gli strumenti giusti per agire correttamente e obbligare la politica ad affrontare argomenti scomodi. Agiamo e continuiamo a parlarne perchè, come dice la frase che campeggia sul blog di Luca: "ciò che non puoi raccontare non esiste".

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