Un computer da indossare. Con un monitor sopra l’occhio destro. Gli occhiali progettati dall'azienda di Mountain View che cambieranno il nostro rapporto con la tecnologia e con la realtà che ci circonda. Ecco come e perché

Il nostro inviato Alessandro Gilioli con i Google Glass
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Secondo alcuni sarà il primo passo verso la cosiddetta singolarità, cioè il passaggio del genere umano a “qualcos’altro” rispetto a ciò che è stato finora. Secondo altri invece sarà solo un’effimera moda tecnologica, destinata a essere presto dimenticata, un po’ come accaduto al Segway o a Second Life. Più probabilmente, i Google Glass si posizioneranno da qualche parte nel territorio tra questi due estremi e contribuiranno a cambiare un po’ la nostra vita: così come in passato hanno fatto la televisione, il computer, Internet, la telefonia mobile.

Lo scopriremo nel corso del 2014, quando il dispositivo verrà lanciato negli Stati Uniti a un prezzo probabilmente non lontano da quello dei più evoluti smartphone. E poi più avanti, quando arriverà in tutto il mondo, Europa compresa: anche le date d’uscita, al momento, non sono ufficiali.

SÌ, MA CHE COS’È?

Il nuovo aggeggio, fondamentalmente, è un computer da indossare, inserito in una montatura da occhiali. Pesa meno di 50 grammi e la sensazione è quella di un oggetto leggerissimo, perfino un po’ fragile. Ha un sistema di riconoscimento vocale con cui gli si danno ordini, parlandogli: ma ci sono anche i comandi da toccare, sul touchpad che si trova parallelo all’asticella destra.
La prima schermata dei glass. Ricostruzione dei contesti ia cura dell'ufficio grafico dell'Espresso

Come per ogni computer collegato al Web, la funzione di base è la ricerca in Rete. Se ad esempio diciamo «Ok Glass, google Garibaldi» ci apparirà sul prisma la ricerca Google su Garibaldi. Ma il dispositivo è “intelligente” e quindi possiamo porre domande anche un po’ più complesse, a cui i Glass risponderanno basandosi sul patrimonio di informazioni catalogato da Google: «Chi è il presidente del Giappone?»; «Domani devo uscire con l’ombrello?»; «In che squadra gioca Balotelli?». La risposta arriva immediatamente scritta sul prisma.

Un’altra funzione di base è quella delle mappe: chiediamo all’occhiale indicazioni per trovare un luogo e subito ci appare sul prisma una cartina digitale, con il percorso per arrivarci.
Quella delle mappe è un po’ la madre di tutte le applicazioni che vengono spesso definite di realtà aumentata. Ma sia chiaro: l’occhiale di Google non “sovrappone” una realtà digitale a quella fisica. Non c’è nessun filtro rispetto al reale fisico. Quello che abbiamo con i Glass invece è una quantità di informazioni testuali o per immagini “in più”, che appaiono sul monitor accanto al sopracciglio.

Questo aumento di informazioni costituisce uno degli aspetti più interessanti dei Glass. Le potenzialità sono infinite: davanti al Colosseo potremo avere sul prisma tutte le notizie storiche che lo riguardano o potremo guardare un video che ce lo mostra com’era durante una giornata di giochi nella Roma antica, confrontando il passato con il presente; di fronte a un hotel ne potremo valutare le stanze, i costi, le disponibilità; mentre stiamo cucinando, guarderemo sul vetrino le videoricette per il piatto che vogliamo ottenere; e così via.

LA VITA IN SOGGETTIVA

Secondo molti analisti, tuttavia, la “killer application” dei Google Glass sarà la sua funzione per foto e video. Oggi per registrare e condividere una foto o un video dobbiamo estrarre di tasca lo smartphone e direzionarlo: da domani basterà dire agli occhiali di farlo e potremo mostrare al mondo, in soggettiva, quello che vediamo noi.
Informazioni all'aeroporto. Ricostruzione dei contesti ia cura dell'ufficio grafico dell'Espresso

I Glass sono stati tarati perché di default la registrazione video duri solo dieci secondi: se vogliamo andare avanti, dobbiamo dargli il comando di continuare, attraverso un pulsantino. Il limite temporale non c’è quando ci si trova in una videoconferenza con il sistema Hangout (parte del social network Google+).

Anche per la condivisione dei video sono state già sviluppate applicazioni che consentono la diretta e non solo lo sharing differito di ciò che abbiamo già registrato. In pratica, quindi, con i Google Glass possiamo mostrare a tutti ciò che vediamo mentre lo vediamo. La funzione sarà dirompente nell’ampliamento delle esperienze di condivisione: un ragazzo può mostrare a un amico uno stralcio del concerto a cui sta assistendo, un chirurgo può far vedere a un collega la sua soggettiva del paziente che sta operando, ottenendo un consulto in tempo reale.

COME SEMPRE, LA PRIVACY

La funzione video apre le porte, potenzialmente, anche al riconoscimento facciale, sebbene il suo utilizzo sia proibito dalle condizioni poste da Google agli sviluppatori: BigG non ammetterà app che consentano, quando inquadreremo una persona con i Glass, di identificare il suo volto, se di questa persona esiste una foto sul Web o in un’apposita banca dati.

Un hacker americano, Stephen Balaban, sostiene tuttavia di avere già aggirato il blocco inserendo un’applicazione di “face recognition” sugli occhiali che stava testando. Questa comunque è solo una tra le tante questioni legate alla riservatezza personale. L’azienda americana rassicura: «Abbiamo adottato diverse misure per assicurare la privacy di tutti. Per attivare registrazione e fotocamera è sempre necessario un comando vocale, di modo che chiunque nei paraggi possa intuire che i Glass sono stati messi in funzione; in più, in fase di acquisizione delle immagini lo schermo resta illuminato in modo visibile da chi non sta indossando i Glass».
La videocamera integrata. Ricostruzione dei contesti ia cura dell'ufficio grafico dell'Espresso

Tuttavia, ancora prima che gli occhiali siano entrati in commercio è già stata annunciata un’applicazione ( “Winky”, non autorizzata finora da Google) che aggira il comando vocale e consente l’attivazione della fotocamera con un battito di ciglia. Inoltre quando i Glass sono attivati, gli altri vedono solo che il prisma è illuminato, ma non possono sapere se l’utente sta navigando in Rete, guardando una mappa o appunto registrando un video.

UN PIANETA DI APPLICAZIONI

“Icebraker” è un servizio che ti informa se nelle vicinanze al luogo in cui ti trovi ci sono persone “interessanti per te”, sulla base delle informazioni su se stesso che ciascun utente ha caricato on line. “Fidelity market Monitor” ti invia sugli occhiali le quotazioni in tempo reale delle principali Borse. “Glass Nest” ti consente di regolare il termostato di casa a distanza, ovunque tu sia, dando ordini vocali. “Kitchme” ti spiega come cucinare al meglio mentre, con le mani libere, stai appunto preparando la cena. “Bestapp X” ti informa sulla qualità dell’aria nelle maggiori città della Cina.

Sono soltanto alcune delle applicazioni già sviluppate per gli occhiali di Google, oltre a quelle dei siti più noti e già autorizzate da Mountain View: come Facebook, Twitter, Tumblr, il “New York Times”, “Elle”, Cnn, tra gli altri.

Non mancano poi i software simili a quelli che già molti usano sui tablet o sugli smartphone: quello che ci ricorda un appuntamento o quello che modifica con effetti cromatici le fotografie che abbiamo scattato. Ma c’è anche il modo di creare note dettandole al sistema di riconoscimento vocale che le trasforma in testi: se poi abbiamo un blog, il post che abbiamo dettato potrà andare direttamente on line nel nostro sito. E già nella prima versione degli occhiali è prevista una funzione di traduzione automatica: si chiede (nella nostra lingua) come si dice una parola o una breve frase e i Glass ce la forniscono nell’idioma desiderato, pronuncia compresa.

Lo scenario è quindi abbastanza evidente: per gli occhiali di Mountain View arriveranno decine di migliaia di app di ogni tipo, come già avvenuto appunto per tablet e smartphone. In tutto il mondo gli sviluppatori si stanno dunque dando da fare per non perdere l’appuntamento.

PRONTO SOCCORSO

Si accennava sopra al fatto che un chirurgo sarà in grado di mostrare a un collega l’intervento che sta effettuando, ricevendone consigli. In realtà qualcosa di simile è già avvenuto: il gastroenterologo americano Rafael Grossman ha ripreso un’operazione allo stomaco mentre la stava svolgendo, le immagini venivano reindirizzate in tempo reale sul suo blog. Allo stesso modo, i Glass possono essere utili nei casi di primo soccorso: se una persona sta male, chi è munito di occhiali digitali è in grado di mostrare il paziente a un medico in remoto, che può consigliare sul da farsi.

 

Ma le potenzialità mediche dei Glass vanno oltre: ad esempio, Philips ha realizzato un concept con il quale al chirurgo vengono mostrati, sempre sul prisma, i parametri vitali e le informazioni cliniche della persona che sta operando, senza doversi allontanare dal paziente e tenendo le mani libere.

Altre prospettive si intravedono per migliorare la vita quotidiana dei disabili: ad esempio, i non udenti potranno visualizzare e distinguere i suoni dell’ambiente circostante nel prisma, inclusa la loro provenienza. Per converso, gli occhiali potranno tradurre in suoni (o nella voce sintetica) la visione di alcuni oggetti o persone: quindi un cieco potrà sapere che cosa ha di fronte senza doverlo andare a toccare. Per i daltonici invece c’è già un’applicazione (“Color Picker”) che restituisce all’utente i colori corretti. Un’americana paralizzata dal collo in giù dopo un’incidente, Tammie Lou Van Sant, ha ritrovato la gioia di rispondere da sola al telefono e di ricevere o inviare sms e mail, ma anche di scattare fotografie: sempre con il comando vocale.

DALL’EROS AI GIOCHI

Google ha vietato nei suoi occhiali le applicazioni di tipo erotico e un’app con signorine seminude sviluppata dalla software house Mikandi è subito stata proibita da Mountain View. Tuttavia il porno è sempre stato un grande incentivo per la diffusione di ogni tecnologia, dai dvd alla Rete. E secondo la cofondatrice della stessa Mikandi, Jennifer McEwen, «gli occhiali di Google sono perfetti per le riprese video in soggettiva, tecnica molto sfruttata nei film per adulti». Qui non c’è divieto che tenga: i Glass verranno semplicemente usati come videocamera, poi i filmati gireranno in Rete. Né c’è filtro di Google che possa bloccare la condivisione visiva a distanza della propria attività sessuale.

Un altro settore che sta guardando con interesse ai Glass è quello videoludico: sia per i game da giocare direttamente attraverso gli occhiali digitali sia per arricchire l’esperienza di chi si trova davanti alla console o al computer. Il sito specializzato americano G4 prevede che i Glass costituiranno «una rivoluzione per i videogiochi, soprattutto quelli sportivi e gli sparatutto», anche in combinazione con altri device che agli occhiali potranno essere collegati.

Non mancano poi le app legate alla musica: come quella creata da una start-up italiana, MusiXmatch: l’occhiale riconosce le canzoni che stiamo ascoltando (anche a un concerto) e trasmette sulla retina i testi del brano, che ci scorreranno davanti in una specie di karaoke personalizzato.

TUTTO UN ALTRO E-COMMERCE

I Google Glass sono in grado di leggere i codici a barre, i Qr code, le etichette intelligenti e ogni altro tipo di informazione testuale o per immagini che può essere stampata o inserita in un chip, a sua volta allegato in un prodotto o in una confezione. Questo significa ad esempio che di fronte a un oggetto in vetrina, potremo visualizzare tutta la sua filiera di produzione. E ci sono anche applicazioni per sapere se il prezzo di un prodotto che vediamo in vetrina è minore o maggiore della media nella stessa città: nel secondo caso, ci diranno dove possiamo comprarlo a meno. Tra le varie app in arrivo, “Crystal shopper”: è un lettore di codici a barre che, quando guardi un prodotto, ti mostra sugli occhiali le recensioni che su quel prodotto appaiono nel sito di Amazon; o “Fancy” che tra le altre cose permette di trovare il negozio virtuale in cui si vendono le scarpe indossate da una persona che abbiamo visto per strada (o quelle più simili) e di acquistarle on line.

VERSO LA NOSTRA PELLE

I Glass hanno già aperto il dibattito sui loro effetti collaterali in termini sociologici e psicologici. Produrranno più socialità o più isolamento? Modificheranno il nostro approccio al mondo? Costituiranno un elemento di cambiamento del nostro apparato cognitivo? La questione è complessa.Certo, in fondo si tratta solo di un computer, come si è detto all’inizio. Ma un computer un po’ diverso da quelli a cui siamo abituati. Non solo perché ci lascia le mani libere. Non solo perché interagiamo con la voce o con un battito di ciglia, un movimento degli occhi o del corpo. Non solo perché integrando funzioni tanto diverse realizza quella “convergenza” verso cui la tecnologia ha sempre puntato. Ma anche perché questo computer si avvicina al nostro corpo come non era mai avvenuto, arrivando quasi a diventarne una parte.

«Se guardiamo alla storia vediamo che ogni decennio abbiamo portato i nostri computer più vicino a noi», spiega a “l’Espresso” Kevin Kelly, uno dei più grandi studiosi di cultura digitale, cofondatore della rivista “Wired”: «Abbiamo iniziato, tanti anni fa, con grandi macchine che stavano appartate in una stanza; poi i personal sono arrivati sulle nostre scrivanie; quindi sono usciti i laptop, che abbiamo iniziato a tenere sulle ginocchia; poi è stato il turno dei tablet e degli smartphone, che teniamo nelle nostre tasche. Adesso ci sono i Google Glass: computer che indossiamo. La comunicazione digitale preme verso la nostra pelle. E questo è solo l’inizio».

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