In visione per i lettori dell'Espresso + il film di Fabien Constant dedicato a Carine Roitfeld, ex direttrice di Vogue Francia, icona globale e trend setter. Il racconto, attraverso la figura di una protagonista, del circo globale del fashion system. Dove i veri potenti come Carine, al di là del glamour, decidono e tacciono

La provocazione comincia dal titolo: “Mademoiselle C”. Omaggio e insieme appropriazione indebita dell'appellativo della “mademoiselle” più famosa della storia della moda, Mademoiselle Coco: Coco Chanel. Ma se c'è una che non ha paura di misurarsi con i tabù, quella è Carine Roitfeld, protagonista di questo film. “Irreverent” per definizione: si intitolava così il volume di Rizzoli International di qualche anno fa, in cui la stessa Carine si raccontava, insieme a collaboratori d'eccezione che andavano da Sofia Coppola a Tom Ford, da Miuccia Prada ad Anna Wintour. Irriverente, in fondo, perché a lei tutto è concesso e tutto è perdonato: perché tutti -o molti, via - vorrebbero essere come lei. Vedi il frequentatissimo blog “I want to be a Roitfeld” (www.iwanttobearoitfeld.com).

Mademoiselle C”, documentario di Fabien Constant, piacerà a tutto quelli che hanno adorato “il Diavolo veste Prada”, non si sono persi “The September Issue” sul braccio di ferro creativo tra Anna Wintour e Grace Coddington a Vogue America, seguono passo passo la giornalista parigina Diane Pernet e il suo “A Shaded View on Fashion Film Festival” dedicato a corti e video internazionali sul mondo della moda, e già sono impazienti di partire per Berlino e il suo Berlin Fashion Film Festival, quest'anno alla terza edizione (comincia a luglio e dietro c'è un italiano, Niccolò Montanari).
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Però attenzione, “Mademoiselle C” non è affatto soltanto per impallinati del fashion: a tutti gli altri, servirà a fare il tour di un mondo che - a chi non ne conosce grammatica e regole - può apparire più misterioso del pianeta rosso e ancor meno ospitale. Il pianeta moda. Pochi universi sono scenografici come questo, dove convivono bellezza e crudeltà da sempre, altro che “Maleficent”.

Un mondo pieno di storie, anche se ai poveri di spirito appare frivolo perché si lasciano fuorviare dai suoi tic, dalle mossette, dai sue mille Wow!, e perdono la visione d'insieme. In questo mondo c'è certo qualche squittio di troppo, ma a parlare così sono le comparse. I potenti veri fanno e tacciono, come Anna Wintour che si sghiaccia solo quando a fianco ha Obama o almeno Michelle. O come Franca Sozzani, che ormai alle passerelle preferisce i suoi incarichi per l'Onu (è da poco stata nominata “WFP Ambassador against Hunger”).
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Su questo pianeta Carine Roitfeld regna, tra alti e bassi, da diversi decenni: come modella prima, poi per dieci anni come direttore di Vogue France. Perché insieme alla Wintour Roitfeld è la fashion editor più famosa del mondo, e questo film la racconta quando, lasciata la direzione di Vogue France, crea un nuovo giornale, anzi un “fashion book”: CR, dalle sue iniziali.

L'antefatto è succoso come il fatto: perché Carine Roitfeld uscì da Vogue France ufficialmente perché tutte le belle storie hanno una fine, e prima o poi bisogna passare ad altre avventure, in realtà perché troppo forti furono le polemiche seguite alla pubblicazione, su un numero di fine anno, di un servizio fotografico ispirato da Tom Ford, in cui tre bambine di 7 anni posavano vestite Versace, Yves Saint Laurent e Louboutin in pose troppo sexy per passare inosservate.

Scandalosa, del resto, Roitfeld lo è sempre stata. Con Tom Ford, gay lui, icona androgina lei, formò la coppia regina del “porno chic”, quella che fece di Gucci il marchio più sexy del tempo. Erano gli anni in cui, nella campagna pubblicitaria del marchio fiorentino, apparivano due giovanissimi, lui in ginocchio che scosta le mutandine di lei, in piedi, rivelandone il pube rasato a forma di G. Sì, di Carine Roitfeld è stato detto che sembra Iggy Pop con la parrucca, però ha le occhiaie più sexy del mondo, e l'aria di una sempre appena uscita dal letto. Anche oggi che ha 60 anni.
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Il film di Fabien Constant racconta la nascita, nel 2012, a New York, del suo CR, ircocervo cartaceo, metà libro metà rivista. Le prime riunioni di redazione, la ricerca dei fotografi, gli incontri con Karl Lagerfeld, Riccardo Tisci, Altuzarra, Bruce Weber. Lo shooting per il numero 0, il figlio Wladimir che racconta come l'insegnamento fondamentale di sua madre sia stato, “Nessun padrone, mai”.

Racconta l'anima russa di Carine (lo era suo padre), e per questo sempre in bilico tra effervescenza francese e malinconia; i temi provocatori che sceglie per i servizi (nascita, amore, tradimento, morte); la scelta geniale della doppia copertina, così da poter avere due possibili posizioni di pregio per la pubblicità. Ma anche le lezioni di danza classica cui si sottopone, che sono soprattutto lezioni di vita («Adoro la danza, non bisogna mai mostrare il dolore, quando invece fa davvero male»), la vodka e il capodanno russo, e il truccatore con cui si confida e parla di reincarnazione. E la scelta, lei regina del pornochic, di spiazzare ancora una volta tutti mettendo un neonato in copertina. Successo e applausi, ma l'anima russa le impedisce di goderselo fino in fondo: «Prima o poi vorranno un'altra Carine, tutti vogliono sempre del nuovo. Si stancheranno anche di me».

Per ora non è successo. “Cr” esce due volte l'anno, e lei nel frattempo è diventata global fashion editor per tutte le edizioni di Harper's Bazaar, 27 giornali nel mondo. Un ruolo prima mai esistito: l'hanno inventato per lei.