In questa intervista lo studioso delle relazioni sociali al tempo della Rete Barry Wellman sfata i pregiudizi sulla socialità al tempo dei social network. Che non ci trasformano in solitari dalle relazioni puramente virtuali, ma piuttosto ci mettono in relazione con più gruppi in modo più aperto. Il problema? La riduzione della privacy

Un gruppo di amici seduti al tavolo di un locale, ognuno intento a guardare il proprio smartphone. Chi chatta con la fidanzata in ritardo all’appuntamento, chi controlla la mail di lavoro, chi si localizza o fa check nel social network preferito. “Eravamo quattro amici al bar…” cantava Gino Paoli. Altri tempi. Oggi quanti sarebbero quegli amici? Andrebbero conteggiate solo le persone fisicamente presenti o anche i contatti potenziali, collegati via Internet? Nel corso degli anni le tecnologie digitali sono state accusate di essere da un lato il peggiore dei mali, passaporto per una chiusura interiore, e dall'altro la panacea di ogni problema, secondo la vulgata “oggi con la tecnologia si fa tutto”.

Grazie agli studi raccolti nel volume “Networked. Il nuovo sistema operativo sociale” è oggi possibile considerare la questione da un punto di vista più obiettivo. Gli autori, Barry Wellman (pioniere della Social Network Analysis e tra i padri fondatori degli Internet Studies) e Lee Rainie (direttore del Pew Internet and American Life Project) scrivono nella prefazione all’edizione originale: “Malgrado la grande attenzione che viene rivolta ai nuovi gadget, la tecnologia non determina il comportamento umano; sono gli umani a determinare il modo in cui vengono utilizzate le tecnologie”.
Barry Wellman

Il volume (edito in Italia da Guerini Scientifica nella collana Connessioni e curato da Alberto Marinelli e Francesca Comunello) è stato discusso da Barry Wellman, attuale direttore del NetLab dell’Università di Toronto, durante una conferenza al Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale all’Università La Sapienza di Roma.

Molti risultati presentati da Wellman si basano sulle ricerche del Pew Internet and American Life Project, con un focus sul Nord America (Stati Uniti e Canada), anche se, come sostengono gli autori, le considerazioni a cui giungono si possono allargare all’intero mondo sviluppato.

Come si sviluppa la socialità ai tempi di Internet?
La nostra definizione è di Networked Individualism, un nuovo sistema operativo sociale concentrato non più sull’individuo come parte di un gruppo - la famiglia, i colleghi di lavoro, il vicinato - ma in quanto singolo capace di allacciare da solo una gran quantità di relazioni. Si tratta di osservare, rintracciare e mappare queste connessioni che si sono integrate alle precedenti grazie alla particolare natura partecipativa del nuovo medium, Internet.

Il libro si apre con la descrizione di una “tripla rivoluzione” che ha determinato il cambiamento dei rapporti sociali. Ne può illustrare i passaggi?
Abbiamo voluto esemplificare queste fasi raccontando la storia di una coppia, quella di Peter e Trudy Johnson-Lenz. Le tre rivoluzioni - Network sociali, Internet e Mobile - sono intervenute in questa storia come in molte altre a dimostrare i cambiamenti di relazioni in atto e l’allontanamento dell’individuo da gruppi chiusi e di piccole dimensioni, in favore di quelli più grandi e aperti. Le relazioni oggi si sviluppano in modo parziale su molte piattaforme, si evolvono, cambiano con rapidità, mentre un tempo erano più stabili e totalizzanti.

Al contrario di precedenti ricerche nel campo degli Internet Studies, che spesso hanno cavalcato visioni utopiche o distopiche della Rete, voi la definite un’opportunità. Può spiegare meglio in che senso?
L’evidenza che è emersa dai nostri studi è che le tecnologie non siano in alcun modo un sistema isolato, chiuso in se stesso, ma anzi inducano le persone a socializzare in nuovi modi, diversi rispetto al passato. Il principio è quello che le persone non si ancorino a uno strumento tecnologico ma lo utilizzino per legarsi reciprocamente, bypassando in questo modo la mediazione del gruppo nello sviluppo della socialità.

Quindi la vita on line non prevarrà su quella off line?
Non si può tracciare un confine tra le due, non esistono una vita on line e una off line, ma una vita integrata di cui bisogna prendere consapevolezza con tutte le sue conseguenze.

Perchè la Rete è al contempo tanto esaltata e tanto temuta? Che cosa fa più paura?
Il cambiamento è da sempre temuto dalle vecchie generazioni che avendo acquisito da tempo alcuni schemi di comportamento e relazioni sono restii a cambiarli. Abbracciare un nuovo modo di vivere comporta sforzi e non tutti sono naturalmente portati a evolvere. Ci sono persone più statiche che preferiscono il mantenimento dello status quo e leggono i cambiamenti in un’ottica catastrofica.

Questo nuovo sistema di socialità integrata comporta per il singolo un carico di lavoro extra. Come comportarsi di fronte a questo cambiamento?
Il paradosso è proprio questo: la tecnologia che promette di facilitare le connessioni tra le persone, le carica al contempo di un extra lavoro che finisce tutto sul singolo e non viene più diluito come in passato in gruppi diversi a seconda delle funzioni. Ci sono maggiori possibilità per ognuno di noi grazie all’utilizzo della Rete per implementare i legami sociali, ma anche allo stesso tempo maggiori responsabilità.


Nel libro definite la Rete come embedded nelle nostre vite. Si tratta di un processo irreversibile? Con quali conseguenze?
Una maggior socialità integrata significa anche una maggior intromissione degli altri nella nostra vita, a più livelli, e quindi la difficoltà per ognuno nel difendere la propria privacy. Sono in crescita gli apparati collegati alla Rete che permettono di registrare i nostri movimenti, le nostre amicizie, i nostri comportamenti, di questo bisogna tenere conto nel rinnovato scontro tra libertà di informazione e diffusione delle notizie e tutela della riservatezza.

Quali sono i tre livelli di sorveglianza che è necessario mettere in atto per tutelare la nostra privacy in questo sistema di socialità integrata?
Esiste un primo tipo di sorveglianza classica, nota come surveillance, dei governi nei confronti dei cittadini, monitorati dall’alto attraverso l’osservazione dei loro comportamenti su Internet; una seconda, coveillance, che avviene tra persone di pari grado le une verso le altre, e una terza, sousveillance (subveglianza) che consiste nell’osservazione dal basso di persone più potenti. Gli individui networked infatti, attraverso una approfondita e attenta analisi di Internet, sono in grado di destabilizzare le relazioni di potere e andare oltre la facciata che le autorità sono propense a mostrare.