[[ge:rep-locali:espresso:285166131]]La “questione femminile”, come veniva definita, non era una prerogativa viennese. Nel profondo solco di visioni patriarcali, un po’ ovunque in Europa cominciavano a serpeggiare fermenti femministi, e si davano le prime picconate ai bastioni maschili, cosicché, a seconda del punto di vista, la donna veniva considerata come femme fatale o come casta madonna, come meretrice o come madre, come ninfomane, angelo del focolare, o vampira.
«Un ventaglio ampio, che regalò un nuovo genere ad artisti, letterati, intellettuali, medici: lo studio della donna e dei suoi mondi sconosciuti», spiega Alfred Weidinger, curatore con Jane Kallir di una mostra che al Belvedere di Vienna ricostruisce l’immagine femminile nel variegato universo tra Ottocento e Novecento: “Klimt, Schiele, Kokoschka, e le donne” (dal 22 ottobre al 28 febbraio).
Focus dell’eccezionale carrellata di capolavori provenienti da molte istituzioni e da collezioni private, sono 130 opere di Gustav Klimt, Egon Schiele e Oskar Kokoschka, tre nomi che rappresentano le espressioni migliori di quell’intensa e fertile epoca e che incarnano tre modi artistici molto diversi fra loro: alle sinuose linee e agli ornamenti di un Klimt si contrappongono le dure spigolosità e gli sguardi maliziosi delle fanciulle di Schiele, mentre le già moderne donne di Kokoschka vivono della pastosità del colore.
«È la prima volta che si cerca di immergersi a fondo nell’immaginario collettivo di quel tempo, per cercare di trarne una sintesi sulla visione della donna. Questi tre artisti dedicarono tutti grande spazio alle donne nella loro produzione e crearono opere chiave per capire l’evoluzione di pensieri e costumi. Klimt, addirittura, ritrasse quasi solo donne», spiega Weidinger.

E nei suoi oltre 4000 disegni si immerse con naturalezza nell’intimità dell’universo muliebre, producendo conturbanti ritratti dal vero, fra cui decine di nudi di fanciulle intente all’autoerotismo o ad amori lesbici. «Si tratta di diverse serie di disegni nati nel suo atelier, dove le modelle si muovevano liberamente e trascorrevano giorni o mesi», aggiunge il curatore: «Ne proponiamo una scelta, non a mo’ di gag espositiva, come è successo in passato per singoli fogli in altre mostre, bensì come presentazione di un tema come quello della sessualità femminile, che occupò non solo Klimt, ma anche, in altro modo, Schiele, e fu parte integrante dei dibattiti nella società».
Una mostra per voyeurs? «Non si può escludere, anche se quello che ci interessa è proporre senza infingimenti temi che sono stati taciuti e che invece oltre un secolo fa erano oggetto di discussione: basti guardare ai titoli ipocriti dati a certi disegni di Klimt o di Schiele, con l’intento di stendere un velo benpensante su ciò che raffigurano: “Due donne sdraiate”, “Donna con le calze violette”, “Coppia seduta”».