Come accade quando un amplesso a lungo vagheggiato non risponde alle proprie fantasie, Love, presentato ieri notte fuori concorso a Cannes, è un amante che molti spettatori hanno desiderato abbandonare in fretta, rivestendosi dopo essere entrati nel Grand Theatre Lumiere bollente per la ressa e l’eccitazione, pentiti forse per l’eccessiva attesa riservatagli. Il regista argentino Gaspar Noé d’altronde aveva scandalizzato il festival nel 2002 con Irreversible, storia di uno stupro e una vendetta che ne aveva dimostrato l’audacia, e i poster del suo nuovo film intitolato all’amore carnale non lasciavano dubbi: due giovani donne che si scambiano il seme di un uomo con la lingua e un membro maschile impugnato in primo piano.
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Murphy è un giovane che ha appena avuto un bambino con la bionda Omi, ma passa le giornate a rimpiangere il suo errore, dovuto alla rottura di un profilattico: la sua mente e il suo cuore sono riempiti dai ricordi della mora Electra, con cui aveva una relazione interrotta bruscamente per i propri continui tradimenti. E così avvertito dalla madre di lei, che non la vede da mesi e teme possa essere sprofondata nella droga, la cerca disperatamente, mentre ripensa agli amplessi che hanno avuto insieme, compreso il ménage à trois con Omi che ha accelerato la rottura del legame, e ai litigi furiosi che vi hanno fatto seguito. Nel tentativo di esprimere il suo punto di vista sull’amore, Noé alterna un noioso io narrante del protagonista che racconta il proprio dolore per la perdita dell’amata, con varie scene di amplessi.
All’entrata in sala, nella ressa febbricitante, si respirava palpabile l’attesa del grande evento: un’ansia mista a desiderio e risate liberatorie. C’era chi parlava delle scene di erotismo esplicito passate a Cannes negli ultimi anni, dalla fellatio in primo piano di The Brown Bunny alla penetrazione di Antichrist, e chi addirittura faceva sondaggi con gli altri spettatori in coda sulle pratiche sessuali messe in atto nella propria intimità.
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Il sesso esplicito nel film non manca (e chi è sensibile alla sua descrizione può saltare la lettura di questo paragrafo), a partire dalla prima scena in cui Murphy ed Electra si masturbano a lungo reciprocamente fino all’eiaculazione di lui, e procede in un alternanza di scene da cinema erotico più soft in cui i corpi dei protagonisti sono inquadrati per intero ed è evidente che gli attori, riconoscibili nei loro volti, fingono l’amplesso (come nella scena a tre) ad altre in cui (probabilmente con l’uso di controfigure) gli accoppiamenti diventano più dettagliati e addirittura ginecologici: una penetrazione, una fellatio, un membro ripreso per pochi istanti dall’interno del sesso di lei e un’eiaculazione rivolta verso il pubblico che indossa gli occhiali per un 3D altrimenti davvero inutile, con personaggi ripresi quasi sempre dalle spalle in su. Tra posizioni varie, incontri occasionali in un locale, club di scambisti e travestiti.
Nonostante la sequela di scene a luci rosse, Love non ne azzecca neanche una memorabile, e mette in scena un punto di vista dichiaratamente maschile, con un protagonista noioso e narcisista della cui passione e delle cui voglie ci si stufa presto. Preoccupa il fatto che Noé, anche sceneggiatore, citi il proprio nome in un paio di battute (come quando Murphy suggerisce di chiamare il bambino Gaspar) e sembri scivolare nell’autobiografia, quando descrive il protagonista come uno studente straniero di cinema a Parigi che sogna di girare il “film definitivo mai girato prima in grado di unire finalmente amore e sesso esplicito” o gli fa pronunciare frasi come “voglio girare un film con sperma, sangue e lacrime”.
Purtroppo l’annunciato scandalo sembra tanto un’occasione perduta, che fa rimpiangere il festival di non avere invitato qui due anni fa il ben più provocatorio (anche intellettualmente) Nymphomaniac di Lars Von Trier. E conferma che il mondo del porno e del cinema mainstream sono destinati a rimanere separati ancora a lungo.