Tra il 1850 e il 1865, in Cina, si scatenò una sanguinosa guerra civile nel regno di mezzo. A provocarla fu un tale Hong Xiuquan, che si definiva "Fratello in Cristo" e voleva instaurare una teocrazia con molti punti di somiglianza con l'attuale Califfato islamico

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Ma a chi sarà mai venuto in mente di erigere una teocrazia assoluta e in una regione che oggi è in completo subbuglio, ma che un tempo è stata la culla dell’umana civiltà? Sarebbe dovuta diventare una teocrazia senza più limiti né confini, e avrebbe dovuto abbracciare il mondo intero.

Chi ha voluto raffigurare la sciabola al centro delle proprie bandiere, e chi ha mozzato pubblicamente, in piazza, le teste a tutti coloro che si ostinavano a non volersi piegare ai comandamenti della fede? Chi è stato poi accusato di aver attirato soprattutto gli ignoranti nelle proprie file reclutando le masse di indigenti nelle proprie armate? E non furono in pochi, ma a centinaia di migliaia a volerlo seguire. Alcuni sostengono inoltre che il capo della suddetta ribellione aspiri a tornare indietro nella storia, ai tempi di un immaginario Medioevo. Ma se è così, allora come mai per raggiungere le sue tanto ambiziose mete lui si serve delle armi più moderne e delle tecnologie di comunicazione più evolute?  Si dice pure che, sotto ?il suo ferreo predominio, le donne siano del tutto prive di diritti; sebbene poi lui stesso le utilizzi non solo nelle schiere dei suoi guerrieri, ma anche per l’esecuzione di attentati o nelle truppe dei suoi ausiliari. Tutti gli stranieri poi risultano per lo più sospetti ai suoi  cchi. Ma come mercenari sono i primi ad esser benvenuti nelle sue armate; e del tutto indispensabili anzi se commercianti, visto che per i suoi affari lui deve ricorrere per forza di cose a trafficanti e contrabbandieri stranieri se vuol riempire le casse per la guerra. Altri ancora gli rinfacciano di non voler creare nient’altro che il puro caos con la sua jihad. Anche se, a dire il vero, almeno questa accusa non è poi del tutto pertinente. Sin dall’inizio in effetti il capo alla guida di questa rivolta non ha puntato ad altro che a costruire un vero e proprio organismo statale. Tant’è vero che già dispone di un apparato amministrativo perfettamente funzionante, con tanto di ministri e di governatori locali. Anche ad una solerte burocrazia ha già provveduto, come a fornire servizi sociali ai suoi seguaci e persino a un sistema di servizi segreti ben collaudato. Certo, corrisponde a verità che tutte le norme ?e regole della società debbano, a suo modo di vedere, orientarsi e seguire solo la divina parola, così almeno come essa sta scritta una volta per tutte nel libro sacro. Queste e null’altro sono le Leggi a cui d’ora in poi si dovrà prestare l’assoluta ubbidienza. Chi si azzardi a nutrire pensieri eretici o infranga solo una delle sacre leggi verrà inesorabilmente punito...

Tutto ciò a cui abbiamo appena accennato è realmente accaduto tra il 1850 e il 1865, dunque più di un secolo e mezzo orsono, ?in Cina. Toccò ad un personaggio sino ad allora completamente sconosciuto, tal Hong Xiuquan, fomentare e scatenare una sanguinosa guerra civile nel Regno di Mezzo. Fu un conflitto talmente accanito da durare 15 anni, così sanguinoso da costare la vita ad almeno 20 mila persone e che riuscì a far vacillare la dinastia imperiale.

Oggi qui da noi in Occidente si parla molto raramente della “insurrezione dei Taiping”. Anche se è legittimo domandarsi come mai se ne parli tanto di rado. In effetti, salta agli occhi il paragone con un’altra insurrezione che oggi attira tanto l’attenzione della politica internazionale, ?e nei cui confronti ci sentiamo altrettanto disarmati. Sono più che evidenti insomma le varie analogie con quel cosiddetto “Stato Islamico” che ora si ritrova in via di espansione dalle coste del Mediterraneo sino alle sperdute valli del Pakistan.

Con la non lieve differenza però che ?allora, in Cina, a fondare il loro orrendo predominio sulla base di promesse ?tanto ambiziose, non furono affatto dei musulmani, ma dei cristiani. E non fu quindi il Corano, ma la Bibbia il dogmatico fondamento su cui Hong Xiuquan, una volta autoproclamatosi re, eresse il suo cosiddetto “Regno celeste della Grande Pace”. A Nanchino, che diventò la sua capitale, comminò la pena di morte per l’omosessualità, il gioco d’azzardo, l’oppio, l’alcool e la prostituzione. Anche chi non si decideva ?a battezzarsi veniva inesorabilmente condannato a morte.

«La terra», annunciava la novella del sovrano Hong Xiuquan, che si definiva “Fratello in Cristo”, «deve esser lavorata da tutti, il riso dovrà nutrire tutti e la proprietà privata abolita». Non ci riuscì né l’esercito dell’imperatore né ?le potenze europee, che inviarono le proprie truppe in quella guerra civile cinese, a sedare la lunga, ostinata rivolta dei Taiping. Solo quando scoppiarono le prime rivalità interne, soprattutto quando la corruzione e il nepotismo si diffusero anche in quella loro teocrazia e dopo che Hong Xiuquan - un soggetto psicologicamente assai instabile - cadde vittima delle sue stesse manie di grandezza, solo allora il loro movimento cominciò lentamente a indebolirsi e poi disfarsi. I dissidi interni e le sconfitte presero allora ad accumularsi uno dopo l’altro, sino a che nel 1865 i Taiping andarono finalmente incontro alla loro desolata sorte. ?Fu così che l’impero di Cixi, la vedova dell’imperatore, riuscì finalmente a ritrovare una stabilità interna. Ma non dovevano passare neanche 50 anni, e anche la Dinastia Qing giunse alla sua fine. Da allora la quiete e la pace non sono più tornate nel Regno di Mezzo. E c’è da temere che un destino molto simile spetti ora anche alle regioni in rivolta del Medio Oriente.
traduzione di Stefano Vastano