Un nuovo modo, facile e indolore, per prendere l’insulina. Destinato a migliorare la vita di milioni di persone. Oltre che a far risparmiare il sistema sanitario nazionale
La cura del diabete si veste di made in Italy con due novità tecnologiche. La notizia riguarda più di tre milioni e mezzo di pazienti, il 6 per cento della popolazione, ai quali potrebbe aggiungersi un altro 1,5 per cento che rappresenta il dato sommerso e non sa ancora di essere malato.
I numeri sono in crescita soprattutto perché alla forma di tipo 1, detta anche “giovanile” e con una proporzione di 1 su 15 del panorama complessivo, si affianca quella più ricorrente di tipo 2, comunemente “alimentare”, che si manifesta in età adulta e nella maggior parte dei casi è condizionata dallo stile di vita.
L’innovazione più importante in questo campo si chiama
Abasaglar, il primo biosimilare di insulina glargine approvato in Europa. Si tratta di insulina basale per il tipo 1 e per gli 800 mila pazienti di tipo 2 che hanno bisogno di passare alle iniezioni. È una penna pre-riempita, che il diabetico può dosare una volta al giorno secondo le esigenze, e viene distribuita con una guida educazionale, un diario glicemico, una card identificativa, l’accesso a video esplicativi su piattaforma Web e un numero di call center attivo ogni giorno dalle 8.30 alle 21.30.
«Oltre al cosiddetto device intuitivo e alle indicazioni per migliorare il rapporto con la malattia, la novità assoluta è rappresentata dal fatto che parliamo di un biosimilare», spiega
Giorgio Sesti, professore ordinario di Medicina Interna all’Università Magna Graecia di Catanzaro. Che si sofferma anche sulla ricaduta positiva per il sistema sanitario nazionale: «In termini concreti vuol dire costi inferiori per la terapia insulinica e quindi possibilità di investire i fondi risparmiati sull’accesso ad altri farmaci innovativi. La semplicità di utilizzo, invece, facilita la vita dei pazienti di tipo 1 già abituati alle iniezioni e aiuta quelli di tipo 2 che soffrono particolarmente il passaggio all’insulina, e per questo spesso lo ritardano».
La mancata aderenza alle prescrizioni mediche è infatti un problema assai vivo tra chi soffre del tipo 2, tanto da comprendere una forbice che va dal 30 al 60 per cento dei casi e irrobustire così un’aspettativa di vita di 5-10 anni inferiore alla media. È in questa analisi che si inserisce il secondo nuovo trattamento chiamato Dulaglutide, che, come Abasaglar, è prodotto da Eli Lilly negli stabilimenti di Sesto Fiorentino insieme alla Boehringer Ingelheim.
Lo scorso anno, la rivista internazionale “Diabetes, Obesity and Metabolism” sosteneva che i diabetici lo preferissero anche alle pillole. «Questo farmaco ha un’efficacia notevole», dice Francesco Giorgino, ordinario di Endocrinologia e Malattie metaboliche all’Università di Bari, e capo dell’équipe che ha scoperto nella proteina “p66shc” un nuovo meccanismo responsabile della morte delle cellule che producono insulina, favorendo così la comparsa del diabete “alimentare”.
«Dulaglutide è utile ai pazienti di tipo 2 che devono abbandonare la terapia orale o come sostegno all’insulina. Trattandosi di una penna settimanale, monodose, pre-riempita e facilissima da usare con soli tre passaggi, scavalca il timore delle iniezioni anche grazie a un piccolo ago retrattile. Alcune indagini mostrano che agisce prima rispetto agli altri prodotti in mono-somministrazione settimanale, con un effetto massimo sulla glicemia già dopo la seconda dose. Senza considerare che minimizza il rischio di pericolose ipoglicemie ed è, contrariamente ad altri, addirittura un alleato nella perdita di peso».