Negli ultimi dieci anni più di 300 mila cittadini americani sono rimasti uccisi da una munizione. "Making a Killing: Guns, Greed and the NRA" è il film shock di Robert Greenwald che mette alla berlina la lobby delle armi. E anche grazie all’endorsement della star di Hollywood Alec Baldwin, sta girando con proiezioni private di comunità in comunità

«Ricorda quante munizioni ha acquistato?».
«Migliaia e migliaia, le compravo all’ingrosso».
«Le ha prese in qualche negozio oppure online?».
«Ho fatto tutto online».
«Ha avuto qualche problema ad acquistarle in rete?».
«Nessuno, ho potuto comprarle tranquillamente. Nessuno si è accorto che erano troppe e che potevo essere pericoloso. Ho fatto tutto legalmente».


Il dialogo tra uno psichiatra e James Eagan Holmes, che il 20 luglio 2012 entrò con diverse armi e decine di caricatori in un multiplex di Aurora, in Colorado, uccidendo 12 persone e ferendone 70, prima di essere arrestato e poi condannato a 12 ergastoli, è uno dei momenti più agghiaccianti di "Making a Killing: Guns, Greed and the NRA". Il documentario da poco uscito negli Usa che sta girando di comunità in comunità, con proiezioni private organizzate anche grazie all’endorsement della star hollywoodiana Alec Baldwin e sarà visibile poi facendo richiesta sul sito Brave New Films, mette alla berlina la lobby delle armi nel tentativo di scuotere le coscienze di fronte a una delle più gravi piaghe degli Stati Uniti: tra il 2005 e il 2015 sono morti per l’utilizzo di armi da fuoco 301.797 cittadini americani. Per dare un’idea, nello stesso arco di tempo a causa del terrorismo di ogni matrice sono decedute sul suolo americano 71 persone (fonte: Politifact.com).

Eppure mentre in tv impazzano i talk show sull’ISIS, nessuno sembra preoccuparsi del terrore dispensato in casa propria dagli stessi americani. Per questo Robert Greenwald, pluripremiato regista-attivista newyorkese che ha già girato diversi film sulle guerre condotte dagli Usa per esportare la civiltà in altri Paesi, ha cercato col suo ultimo lavoro di aprire gli occhi ai suoi compatrioti sul vero pericolo che corrono ogni giorno. «Ne ho viste tante in passato», spiega Greenwald «ma niente è paragonabile a quello cui ho dovuto assistere per girare questo film: 18 mesi in giro per l’America con la morte sempre in faccia».

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Il viaggio ricostruisce vari delitti mescolando telefonate originali alla polizia, racconti dei testimoni, ricostruzioni, immagini prese da telecamere di sorveglianza, provando a dare un senso a ciò che resta: il dolore per la perdita delle vittime e le loro storie, che per i superstiti diventano motivo per trasformarsi in attivisti per vietare la libera circolazione delle armi. E alterna diversi momenti che, come le ammissioni di Holmes, mettono i brividi: l’interrogatorio di un bambino che spiega di avere visto il padre sparare alla madre, il racconto di una donna straziata dall’omicidio accidentale del figlio di 13 anni da parte del suo migliore amico, il ricordo della futura sposa di un giovane suicidatosi perché malato, e così via.

Sarebbero storie di cronaca nera come tante se il documentario non evidenziasse attraverso testimonianze e moltissimi dati che gran parte di questi delitti si sarebbero potuti facilmente evitare: per esempio attenzionando la polizia su chi compra un numero sospetto di armi sul web, per evitare che prepari un omicidio di massa, o promulgando una legge che obbliga chi ha pistole e fucili in casa a custodirle in un armadio chiuso con un lucchetto, per impedire che cadano in mani inesperte, o ancora prolungando il periodo di attesa necessario ad acquistare un’arma, riducendo il rischio che chi la sta comprando intenda usarla contro se stesso.

A ostacolare che tutto ciò avvenga naturalmente è la potentissima NRA del titolo, la National Rifle Association, organizzazione senza scopo di lucro (ma con guadagni a cinque zeri per tutti i suoi dirigenti) che promuove il diritto a possedere un’arma da fuoco, stabilito dalla Costituzione, e svolge attività di lobbying, grazie a diversi tipi di accordi con i venditori di armi, per convincere i politici a non promulgare leggi in grado di ostacolarne la vendita e la facile circolazione. Tra i donatori c’è anche l’italiana Beretta, con due milioni di dollari, ma non è l’unica: solo nel 2014 il fatturato della NRA ammontava a 310 milioni. «Quello che queste famiglie hanno dovuto soffrire» spiega Greenwald «è il risultato diretto dell’avidità, della ricerca di un profitto senza scrupoli e di una strategica campagna di marketing per sfruttare l’insicurezza delle persone, vendendo loro la paura per convincerle che acquistando una pistola potranno essere al sicuro, proteggendo se stesse e le proprie famiglie».

Naturalmente le statistiche rivelate dal film dicono esattamente il contrario: il 70 per cento degli omicidi accidentali potrebbe essere evitato custodendo l’arma in un posto sicuro, ma la NRA ad esempio ha bloccato nel 2013 una legge che prevedeva l’obbligo di metterle sotto chiave; il 25 per cento dei suicidi decide di farla finita nel giro di cinque minuti, eppure la NRA si è opposta alla proposta di imporre un periodo minimo di attesa di 5 giorni per acquistare una pistola. E poi naturalmente c’è il problema della vendita indiscriminata a chiunque si presenti in una delle 5200 fiere dedicate ogni anno in America alle armi, cui partecipano cinque milioni di visitatori: non è nemmeno necessario presentare un documento di identità, e di eseguire il controllo della fedina penale nemmeno se ne parla.

Il problema è di tale portata che il Presidente Obama durante il suo mandato ormai in scadenza si è apertamente schierato contro la NRA, ribadendo ad ogni massacro capace di scuotere l’opinione pubblica (nel 2015 gli omicidi con più di una vittima sono stati 330) la necessità di difendere il secondo emendamento, che prevede il diritto di possedere e portare con sé un’arma, ma anche di proteggere la vita e il diritto alla felicità sacro agli americani, introducendo l’obbligo di un porto d’armi, eseguendo controlli approfonditi su chi vuole acquistare una pistola e promuovendo la tecnologia. «Se per accedere al nostro iPhone abbiamo bisogno dell’impronta digitale, come è possibile che ciò non avvenga per un’arma?», ha detto di recente il Presidente.

Tuttavia il suo piano per controllare la libera diffusione delle armi ha trovato la durissima opposizione della NRA, che già nel 2013 lo aveva attaccato con un violentissimo spot in cui prendeva di mira le sue figlie, e che lo ha invitato a scontrarsi in un dibattito sull’argomento. La patata bollente però ora passerà al successore di Obama e ovviamente dall’elezione dipenderà quanta opposizione la potente lobby delle armi si troverà a fronteggiare: naturalmente la NRA spera vinca Donald Trump, che nel suo sito dice chiaramente come «proteggere il secondo emendamento farà tornare grande l’America». Viceversa Hillary Clinton, che alla fine dovrebbe sfidarlo, ha riveduto le sue posizioni più moderate del passato dichiarandosi apertamente per il controllo delle armi, come rivelato con un certo sollievo dal Chicago Tribune.

D’altra parte la metropoli, come si vede nel film, è una di quelle che soffre di più per gli omicidi causati da un’arma da fuoco: tra il 2001 e il 2010 sono morti più cittadini di Chicago che soldati nella guerra in Afghanistan e il 20 per cento delle vittime aveva meno di 18 anni. Se non è guerra questa...