Dopo vent'anni la scrittrice indiana, vincitrice del Booker Prize nel 1997 con 'Il Dio delle Piccole Cose', torna al romanzo. Il nuovo si intitola 'Il ministero della suprema felicità', ma della storia che racconta si sa ben poco. Mentre la copertina è stata concepita dall'autrice stessa

Va bene il segreto: ma dovendosi pubblicizzare on line, un titolo deve avere uno straccio ?di trama - e sembra di capire che nel “Ministero della suprema felicità” le trame sono tante. «In un cimitero fuori dalle mura della vecchia Delhi un uomo srotola un consunto tappeto persiano. Un bambino appare all’improvviso su un vialetto di cemento, subito dopo mezzanotte. In una valle innevata, un padre scrive alla sua bambina morta per raccontarle ?chi è venuto al suo funerale. In un appartamento una donna fuma rileggendo vecchi blocchi ?di appunti. In un albergo due persone che si conoscono da sempre dormono stringendosi come se si fossero incontrate solo ora».

Niente di concreto: ma abbastanza per nutrire ? una campagna di comunicazione che ha scelto di puntare sui social, per accentuare ?l’effetto-affetto che Arundhati Roy è in grado di accendere. E infatti, grazie a un post su Facebook partito da Scrolls, weblog indiano di nicchia, sappiamo tutto sulla copertina.
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Quell’immagine, che ritrae qualcosa che sembra una lapide, e che sarà la stessa per tutte ?le edizioni del mondo, è stata non solo scelta, ma proprio concepita dalla stessa Roy, con la collaborazione di un fotografo, Mayank Austen Soofi, famoso blogger di New Delhi, e suo caro amico.

La foto è stata poi lavorata a Londra dallo stesso graphic designer, David Eldridge, che firmò 20 anni fa la copertina de “Il dio delle piccole cose”. Tutti i dettagli di lavorazione, tra Londra e Delhi, sono minutamente descritti sul sito della Penguin. Il risultato: un’immagine che dalla prima di copertina prosegue nell’ultima per dare l’idea di un libro-oggetto.