La stilista giapponese si muove ai confini della moda. Contro la superficialità. In mostra a New York

L'anti glamour di Rei Kawakubo

Le analogie linguistiche tra arte e moda sono numerose. Le più dirette consistono nell’attitudine a tagliare e montare materiali diversi al fine di creare un oggetto che è il risultato di un “collage” di parti oppure nel tendere a costruire un’entità tridimensionale, sorta di insieme scultoreo, che si afferma nello spazio, intorno ad un corpo o quale elemento autonomo.

Nel caso di Rei Kawakubo (1942), fondatrice di Comme des Garçons, il flusso visuale tra le forme, che definiscono il perimetro della figura umana e l’articolazione dell’ammontare di tessuto che le costituiscono, arrivano a stabilire una dimensione plastica, che passa dal perfetto all’imperfetto, dal simmetrico all’asimmetrico.

Il suo percorso progettuale (al Metropolitan Museum of Art, New York, fino al 4 settembre) afferma l’autonomia della “cosa” da indossare.
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Tende a praticare la dialettica tra opposti, così da includere design e anti-design, allora e ora. Evitando di creare involucri che non conferiscano al corpo femminile un’identità sociale e sessuale, ma siano la celebrazione della magnificenza e della trascendenza del suo vestire, inteso anche come transito metafisico, tra i termini del vivere e del morire, dal visibile all’invisibile, dalla forma all’informe.

La carnalità è spesso occultata e alterata, ricoperta e velata. A dominare è la presenza sconosciuta della persona, svelata solo attraverso trasparenze e oscurità delle stoffe o dei veli. Una moda che basa la sua esistenza non tanto sul mercato, quindi poco funzionale,ma sulla comunicazione di uno stato iconoclastico della donna: un muoversi contro l’immagine glamour e superficiale per affermare uno stato intermedio dove l’essere ritorna ad affermarsi quale materia palpitante, non un fantasma del consumo.

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