Piovono accuse di volgarità sulla comica di "Che tempo che fa". Eppure le stesse battute dette da un uomo non scatenano alcuna indignazione
« Carletto di qua, Carletto di là, questo non si dice, questo non si fa», canticchiava Corrado e quel vecchio monito risuona ancora in testa, colonna sonora di una tv che traccia, come su una lavagna ideale, la riga di chi possa dire cosa. O meglio. Di come lo stesso concetto provochi indignazioni divergenti quando cambia il sesso di chi lo pronuncia. Soprattutto se vuol far ridere. Un argomento vecchio quanto la costola d’Adamo che torna di curiosa attualità ogni qualvolta una signora viene attaccata per aver detto semplicemente la stessa battuta di un corrispettivo maschile.
Un esempio? Le tette. Da Balalaika a Tale e Quale show, da Pucci al Mago Forrest abbiamo sentito con candore pronunciare «Canti bene, ma ho apprezzato in particolare i tuoi do di petto» o «Solo due cose entusiasmano l’uomo: due poppe!» e tutto è filato liscio.
Accade però che Luciana Littizzetto una bella sera si metta a scherzare sulle tette di Antonella Clerici e all’improvviso si decide che è uno scandalo fare battute su un argomento tanto delicato. Perché ?è vero che abbiamo fatto passi avanti ?e tutti esibiscono il segno rosa sotto l’occhio una volta all’anno in difesa delle donne, ma quel salto, quello in cui si giudica la battuta in quanto tale e non, per restare in tema, se chi l’ha detta abbia o meno le tette, proprio non si riesce a fare.
Una signora deve far ridere sempre ?con eleganza. Senza sesso, rutti, peli e membri in senso non parlamentare. E pazienza se passano in prima serata accuse sacrosante contro gli scempi di questo momento politico che sta rendendo i diritti incivili.
L’importante è che Luciana non tocchi l’anatomia. Va bene il “celodurismo” ai microfoni dei tg ma non “Je sui Salvén, quel che ce l’aveva dur”. Passi pure l’ex Cav, che preferisce “La donna che me la dà” ma guai se a “Che Tempo che fa” gli si dà del guardone. Insomma, sfugge il senso dell’indignazione che lascia libero Massimo Boldi di invocare “voglio una escort”, trascinando verso l’abisso la citazione felliniana e relega l’intervento della Littizzetto nell’angolino della volgarità.
Come disse Ennio Flaiano, fra trent’anni l’Italia sarà non come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la televisione. E saremo ancora lì, a quello che le donne non possono dire.
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SEMAFORO VERDEL’Amica geniale, la serie di Saverio Costanzo tratta dal romanzo di Elena Ferrante (Rai Uno), fa entrare e uscire dalle quinte del quartiere emozioni e dolore, empatia e distacco in un flusso continuo color seppia. Esalta con naturalezza relazioni e abbandoni. E riesce, con un tocco magistrale, a rendere vero persino uno pseudonimo.
SEMAFORO ROSSO«È da sei mesi che c’è un atteggiamento ostile e pregiudiziale da parte dei grandi mezzi di informazione, pubblici ?e privati, giornaloni e tv», tuona il vicepremier Salvini. Ovviamente dai salotti televisivi che lo ospitano da mane a sera, lasciandolo parlare da padre come se non ci fosse un domani. E per fortuna che c’è il pregiudizio.