L'edizione di Baglioni ha riportato in televisione l'educata ironia, il garbo, e l'inedito piacere della denuncia. Lasciando aperte le porte a un briciolo di speranza: forse ce la possiamo fare

Strano Paese il nostro, che sbraita e respinge, grida e abbassa la testa, poi nel programma più immobile della sua storia, dal canale più ingessato che possiede, spalanca le braccia e regala un momento di bellezza assoluta.

Strano Festival quello di Sanremo, sessantotto anni di lustrini e mamme, amore e cuore e poi all'improvviso lascia che arrivi Pierfrancesco Favino, con un intercalare terribile e violento a sbattere in faccia al pubblico abituato solo alla lacca degli chignon la fotografia dell'esclusione. Con il pezzo di Bernard-Marie Koltès, l'attore fenomeno paralizza l'inutilità in una bolla, la frantuma e lascia tutti a bocca aperta. "Più me faccio prende a calci in culo più sarò straniero", dice con le lacrime agli occhi, e guardando in camera svariati milioni di persone fa abbassare la testa, in un attimo di vergogna collettiva, alle piccinerie del 'rimandiamoli a casa loro' che stanno diventando la vera invasione da temere e combattere.

Strano direttore artistico Claudio Baglioni, che ha cantato con tutti, presenziato ogni dettaglio, e nel momento più alto di queste cinque lunghissime serate ha fatto un passo indietro, lasciando a Picchio Favino l'onore dell'applauso più lungo.

Difficile ricordare altro in questo Sanremo dei record anche se di altro ce n'è stato parecchio, persino delle belle canzoni in gara e addirittura un podio condivisibile. Annalisa, vestito a parte ha un voce che prima o poi doveva portarla lontano, Lo Stato Sociale sono da abbracciare e il duo Meta Moro aveva vinto ben prima dell'inizio del festival.

Rimane il premio citofonato a Ron e il suo Dalla inedito, la tromba di Roy Paci, l'eleganza di Ornella Vanoni, la leggenda di Max Gazzè. Laura Pausini generosa come le tagliatelle al ragù che si precipita fuori dall'Ariston per cantare tra la gente, Michelle Hunziker in fondo capace di portare a casa il risultato, Ultimo vincitore dei giovani che dimentica le parole della sua canzone come un ragazzino incredulo dello scettro e non l'ennesima macchina di plastica costruita a tavolino. E le canzoni di Baglioni cantate a squarciagola sui divani da chi giovane è lo è stato ma non ha ancora voglia di crescere.

Insomma, al netto delle vocali storpiate da Facchinetti e della nostalgia di vedere l'addio di Elio e le Storie Tese in coda, è stata una strana serata questa finale. Che nel giorno della manifestazione contro il fascismo a Macerata ha riportato in televisione l'educata ironia, il garbo, e l'inedito piacere della denuncia. Forse ce la possiamo fare. Strada facendo