C’è almeno un motivo per essere dalla parte di Mario Giordano, classe 1966 cresciuto a brasato e Barbera in quel di Alessandria: il fatto che negli anni si siano susseguite una serie innumerevole di sgradevoli imitazioni sulla sua voce. Come se una caratteristica fisica, che sia l’altezza, la taglia, o in questo caso le corde vocali, possa essere preso per contenuto. Perché poi quando Giordano lo si ascolta davvero appare evidente che quello che dice è decisamente meno acuto del suo tono.
Passato con facilità da Grillo parlante a Lucignolo, e che Collodi lo perdoni, ha al suo attivo diciassette libri, molti dei quali con titoli che ricordano alla lontana gli acchiappa click dei gattini su Facebook conditi di veemenza. Da “Sanguisughe” a “Pescecani”, da “Vampiri” ad “Avvoltoi”. E mentre come dice il nostro nel suo ultimo scritto “L’Italia non è più italiana”, dalla televisione si affaccia con la stessa aria pacata per smuovere le acque placide dei talk. Fiero del suo Tapiro conquistato sul campo per un fuori onda di Vittorio Sgarbi, Giordano, con le sue frasi dal lieve sentore apodittico, ha il vezzo dell’inciso incompiuto. «Ma cosa stai dicen..., eccet eccet... ma scu’..., chi decid..., quello che fa fed...» fanno ormai parte del suo movimento narrativo con cui, tra una sfuriata e l’altra, riempie studi variegati di ogni genere e numero.
Candidato in pectore alla striscia quotidiana del Tg1 al posto della signora Maglie, per il momento occupa quella più sfacciata della nuova Rete 4 che è tornata vecchia in un attimo. E dal suo studio dispensa perle di cattivo senso in faccia alla telecamera come una citazione di Funari, “Fuori dal coro”, appunto, anche se a ben guardare sembra perfettamente allineato all’arietta di questi giorni. Così dice la sua, da giornalista fintamente scomodo ma perfettamente a suo agio. E saltellando da un “Fabio Fazio come un pelouche” a “Meno zenzero più polenta” infarcisce i suoi monologhi di analisi in bianco e nero su ruspe, illegalità e rom che rubano, con quel tocco delicato di chi ha fatto dell’allarme meteo il suo piatto forte di Studio Aperto nei bei tempi andati.
Giordano ogni giorno esercita sullo spettatore l’effetto annuncio, con cui, prima di dire la frase studiata ad arte fa pregustare la bomba in arrivo. Lo sto per dire, ora lo dico, ecco l’ho detto. Dal salotto vip del televoto sanremese che ha premiato il Marocco pop alla perdibile analisi secondo la quale l’Italia non ha bisogno di ponti ma di muri, Mario Giordano continua imperterrito a cantare “tutto d’un tratto il coro”, come Dapporto nel Carosello della Pasta del Capitano. Per il fuori ci stiamo lavorando.