Il rumore nelle case si contrappone al silenzio in tv. Dove l'assenza del pubblico plaudente  inchioda i protagonisti alle loro parole. E i politici senza claque si mostrano esattamente per quello che sono

Laddove in un passato ormai infinitamente remoto ci si trastullava ascoltando il brusio scomposto del pubblico negli studi televisivi oggi si sta insieme a guardare il forno. È la pizza che scatena l’applauso incondizionato, per coprire il giudizio ed evitare il confronto con quelle servite nei lontani sabati dei ristoranti. Perché l’applauso offusca il senso critico lasciandolo agli altri, quelli che esultano dagli spalti, a destra e a sinistra, per un ballerino o un cantante, per Salvini o un virologo, in maniera generosa, equidistante e compulsiva.

Il silenzio invece, è fragoroso come un evidenziatore che isola e sottolinea ogni parola detta e la lascia, senza scuse, al giudizio altrui. Il motivo per cui nelle sit-com le risate a comando scandiscono il ritmo del copione è proprio quello di suggerire che sì, effettivamente si sta dicendo una battuta e se ride il pubblico nascosto devi farlo anche tu. Ma se scomparissero all’improvviso resterebbe solo il comico, costretto a far divertire sul serio per non mettere in fuga l’ascoltatore a gambe levate.

Così quello che resterà di questi giorni di strana tv, dove l’intrattenimento si estingue ora dopo ora, i palinsesti si modificano in corsa e restano milioni di ore da riempire alla ricerca spasmodica dell’opinionista qualsiasi che dica la sua, sarà proprio l’assenza di suono, quell’accondiscendenza scomposta che rendeva plausibile opinioni irricevibili nei talk show, in cui ad azione corrispondeva puntuale una reazione da stadio a prescindere.

In un momento in cui il rumore invece si concentra nelle case affollate, scompare in tv la claque entusiasta, spazzando via la capacità di giudizio come una spugna bagnata. E le castronate ordinarie galleggiano in un vuoto pneumatico, un duetto rarefatto tra ospite e giornalista, mostrandosi esattamente per quello che sono.

È difficile mandare avanti uno spettacolo senza pubblico a meno che non si ricorra al genio dei cartonati di “Propaganda”, ma lì appunto ci vuole il genio. E senza la guida sentimentale, il conforto che si fa alibi, il conduttore cede, confidando in risibili escamotage alla Mario Giordano, collegamenti improponibili per sopperire all’assenza di assenso.

Persino la regina De Filippi, anche se non è il tempo più adatto per parlare di corone, arranca e perde il suo naturale aplomb di fronte agli “Amici “di sempre.

Ma chi soffre davvero sono gli intervistati, che nella schiacciasassi dell’informazione si ritrovano sotto un occhio di bue che li inchioda alle loro stesse parole, costretti a essere ascoltati per quello che sono. Vuoti silenti nelle case rumorosamente piene. Aspettando che passi la tempesta.