Imbuti, ruspe, palette, diminutivi, il giornalista di Fuori dal coro ha un giocattolo per ogni trasmissione. O è infantile lui o prende per scemi noi

Uno strano cambio di prospettiva aleggia sulla nuova, vecchissima Rete 4: nel talk show di Mario Giordano, che in assenza di manca racimola ascolti a destra e destra, lo spettatore è trattato come un bimbo a cui vanno spiegate le cose dei grandi. Per questo si insiste nell’utilizzo di linguaggio semplice e infantile, dedicato appunto a un pubblico secondo lui incapace di comprendere la complessità seppur minima. Ma Giordano non si limita all’utilizzo continuo del diminutivo, del lamento da cucciolo col ginocchio sbucciato, lacrimuccia compresa, ma ha bisogno, per comunicare, di utilizzare gli oggetti come fossero giocattoli. Esempi tangibili di quanto tenta a fatica di esprimere, giudicando inverosimile che i concetti articolati possano arrivare direttamente attraverso l’esercizio del pensiero, il giornalista di Rete 4 indossa, brandisce, agita e manipola un qualcosa di grande e colorato per aiutare quello che considera il suo spettatore tipo.
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Durante l’imbarazzante serial su Bibbiano stringeva a sé la bambola di stoffa e armato di ago scoppiava palloncini colorati. Poi c’è stata la strenua battaglia contro i festeggiamenti di Halloween, affrontata con baldanza armato di una mazza da baseball tricolore con cui frantumava le zucche (una scena ai limiti dello splatter c’è da dire ma di sicuro effetto onomatopeico). Per sbeffeggiare gli ecobonus del governo si è aggirato garrulo nello studio a bordo di un monopattino, quando affronta tagli e stipendi stringe banconote e monetine come fossero paghette settimanali, mentre per parlare a suo modo delle Sardine ovviamente è servito il ritaglio del pesce azzurro in cartoncino.

A Matteo Salvini ha offerto un generoso barattolo di pop corn e una bottiglia di spuma, prodotto italiano con marchio sicuro. Il momento anti rom si è esplicitato con una piccola ruspa di plastica tra le mani e una lettura di psicologia spicciola probabilmente farebbe risalire il tutto a una sorta di invidia originale come il peccato nei confronti dei plastici che tanto lustro regalarono allo sfarzoso studio di Bruno Vespa.
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La differenza però è che Giordano, rivolgendosi direttamente al pubblico bambino, pensa che il giocattolo in fondo sia suo, come il pallone, e non gli basta mostrare, ma tocca e afferra e indossa, soffia nel fischietto, agita la paletta, sfoggia la pettorina gialla e versa sabbia nell’imbuto gigante citando con eleganza la ministra «azzo azzo Azzolina» neanche fosse un Bombolo dei tempi d’oro. Così nel villaggio vacanze di “Fuori dal coro” si gioca alla baby dance. E tutti cantano la nenia da mimare del Gioca Jouer: “Dormire, salutare, autostop!”.