Gran lavoro il documentario sulla comunità di Muccioli. E sul giudizio decide lo spettatore

Dal momento esatto in cui “Sanpa” è sbarcata su Netflix è iniziata la guerra da stadio, due curve assatanate, esaltati e detrattori, penne furiose e cori sguaiati. Per dimostrare come Vincenzo Muccioli sia stato un santo patrono della famiglia italiana tutta e al tempo stesso un uomo con le sue debolezze incapace di trattenere nelle mani la potenza esorbitante di quanto aveva costruito. Un dibattito che può avere un indubbio interesse storico ma che dimostra soprattutto come la serie in cinque puntate su luci e tenebre della comunità di recupero possa a buon diritto essere considerata come una delle cose migliori che si siano viste sui nostri schermi da tempi immemori.

Un lavoro gargantuesco (ideato e scritto da Gianluca Neri con Carlo Gabardini e Paolo Bernardelli e diretto da Cosima Spender)  durato quasi tre anni che prende lo spettatore per mano e lo lascia solo. Davanti a quelle ore che scorrono in maniera durissima eppure semplice, che raccontano anni bollenti della storia del Paese attraverso le gesta di quell’omone alto un metro e novanta circondato da madri dolenti che gli affidano i resti dei loro figli straziati, si resta immobili, concentrati, decisi ad arrivare alla fine.

Mano a mano che scorrono le immagini, che avanzano gli anni, che si ingigantisce il ruolo del padre padrone in maniera direttamente proporzionale allo scomparsa totale dello Stato, incapace come spesso è accaduto nella nostra triste storia di affrontare le emergenze e il disagio per affidarsi alla casualità del singolo divo, le contraddizioni spuntano come le talpe dal buco, le luci si accendono per l’esaltazione collettiva, il bene si rifugia nell’angolo delle altre verità che come fantasmi aleggiano nell’aria.

Un montaggio maniacale (di Valerio Bonelli), una ricerca spasmodica di voci che cerca di includere in un tutto difficile da ridurre in un tempo e che sfocia nella triste lista di nomi sui titoli di coda che non hanno voluto rispondere, allargano la mente, creando un prima dopo il quale sarà difficile affrontare la storia senza tenerne conto. Violenze inaudite, vite riacciuffate, stimmate e televisioni, sfilate dei politici, processi e macellerie, astinenze e catene, sommersi e salvati. Tutto in una stessa visione di un angolo del nostro tempo perduto che mostra come la verità interiore e l’immagine pubblica spesso vadano poco d’accordo.

Così scandito dai tempi della tragedia, Nascita, Crescita, Fama, Declino e Caduta, “Sanpa” sbatte sulla bilancia un pezzo della nostra inciviltà, travolta dall’eroina e incapace di fare altro che cercare il suo eroe. Dove far pendere il piatto poi sta solo a noi.