Oliver Twist è vivo e abita in Iran. E la sua storia è un film d'azione

Una banda di bambini di strada. Un’avventura che racconta la povertà di oggi. Esce “Figli del sole”, con un giovane attore premiato a Venezia. Dalla newsletter de L'Espresso dedicata alla galassia araba

L'inizio, con una banda di ladri di auto all'opera nel parcheggio di un centro commerciale, sembra un film d'azione americano. La fine, con una ambientazione claustrofobica e il pericolo che aumenta di secondo in secondo mentre il protagonista si sforza di aprirsi un varco, ricorda sequenze di classici del “cinema carcerario”. In mezzo c'è una storia dickensiana, con un gruppo di ragazzini sfruttati da un cattivo. E soprattutto c'è un ritratto della vita quotidiana in Iran, tra piccoli migranti afgani che rischiano l'arresto e l'espulsione per guadagnare qualche soldo vendendo spugne, e bambini di strada che hanno solo due strade per aspirare a un futuro sereno: l'istruzione e il calcio.

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Arriva nelle sale italiane per Europictures il 2 settembre, a un anno dalla presentazione alla Mostra di Venezia, “Figli del sole” (Khorshid) di Majid Majidi, regista iraniano specializzato nel dirigere giovanissimi: come questo, anche il suo lavoro precedente, “I ragazzi del paradiso”, è stato candidato all'Oscar per l'Iran. E non per niente il protagonista di questo film, l'intenso e bravissimo Zamani Rouhollah, ha vinto il premio Marcello Mastroianni.

 

Rouhollah è Ali, bambino di strada dodicenne: il padre è sparito, la madre è chiusa in un ospedale psichiatrico dopo un tragico incidente. Dietro la promessa di una stanza in cui poter abitare con la madre, Ali accetta di cercare un tesoro per conto di un losco allevatore di colombi: solo il ragazzo può trovare il tesoro perché il misterioso bottino è nascosto nei sotterranei della Sun School, un istituto di beneficienza per bambini di strada. Ali riesce a scriversi insieme ai suoi tre migliori amici, e comincia una serie di avventure che cambierà la vita non solo dei piccoli protagonisti, ma anche dei loro insegnanti. Abbiamo chiesto al regista di parlarci del film.

 

Lei è un maestro nel dirigere giovani attori non professionisti. Qual è il segreto nel lavorare con i bambini?

«In effetti girare un film con attori bambini è molto difficile, ma allo stesso tempo ha aspetti di grande dolcezza. I bambini credono davvero nel ruolo che interpretano, e cercano con tutte le loro forze di creare un ruolo che venga notato. Naturalmente ci vuole un'esperienza adeguata per portarli all'interpretazione che si vuole ottenere, e devono essere guidati correttamente: altrimenti il risultato sarà l'opposto di quello che regista e attori vorrebbero ottenere».

 

I bambini di strada sono un problema straziante in molti Paesi del mondo, un argomento affrontato da molti documentari e da film drammatici. Lei invece riesce a mostrare una situazione reale raccontando una specie di favola. Pensa che un film di questo genere possa aiutare a risolvere la situazione?

«I bambini di strada, i bambini costretti a lavorare, sono un problema globale, un dramma che interroga tutti. Per riuscire a tenere il pubblico seduto al cinema per due ore parlandogli di un importante problema sociale, soprattutto quando si tratta dei bambini di strada, devi fornire agli spettatori una piattaforma che permetta loro di guardare l'opera con attenzione, e di lasciare che la storia li tocchi nel profondo. Per questo, il ruolo della narrazione sarà molto importante, ed è importante il contesto in cui la storia è ambientata. Ma dall'altra parte, una grande sfida per noi era riuscire a nascondere lo scopo del film dentro una trama avvincente, altrimenti avremmo finito per costruire uno slogan, un cliché».

 

Ci sono scrittori o registi che l'hanno ispirata in questo suo lavoro?

«Inevitabilmente, quando si comincia a lavorare sul tema dei bambini di strada si torna, anche involontariamente, a Dickens e al suo Olivier Twist: ed è sempre un grande piacere per me poter imparare qualcosa da quel romanzo così brillante».

 

Il cinema iraniano è particolarmente vivo e interessante: non sembra essere danneggiato dalle difficoltà che il suo Paese sta affrontando in termini di economia, salute, diritti...

«Certamente ogni espressione artistica è influenzata dalla condizione sociale e politica che circonda l'autore. L'Iran è ina situazione economica difficilissima da molti anni, e le sanzioni americane hanno reso queste condizioni sempre più evidenti per il popolo iraniano. Pensi che anche adesso, nelle difficili condizioni date dalla pandemia, non è possibile far entrare in Iran farmaci e medicine per i malati di cancro in condizioni critiche, e questo è dovuto solo alle sanzioni: è una forma di oppressione grandissima esercitata dagli Usa contro il popolo iraniano e contro il diritto alla vita della nostra nazione».

 

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