Una settimana per Mathias Énard. Un intero festival per rendere omaggio allo scrittore che meglio ha saputo percorrere, in anni recenti, le vie che legano Oriente e Occidente, che intrecciano di porto in porto Europa, Asia e Africa intorno al Mediterraneo. E lo ha fatto con una capacità unica di rendere vivo il fascino della galassia culturale arabo-islamica ma anche dell’entusiasmo orientalista con cui studiosi, poeti e romanzieri per secoli lo hanno raccontato. Senza dimenticare di legare il fascino della Storia alla cronaca più scottante: il terrorismo, i rapimenti, le guerre. Il suo romanzo più famoso, “Bussola” (tradotto da Yasmina Mélaouah per e/o, che ha pubblicato tutti i suoi libri più recenti) ha vinto il Premio Goncourt e il von Rezzori ed è stato finalista al Booker Prize International e allo Strega Europeo.
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER GRATUITA ARABOPOLIS
L’appuntamento è da sabato 5 fino a sabato 12 marzo. Il luogo è Pordenone, ma con puntate a Udine, Venezia e Klagenfurt. Il programma è fittissimo. L’occasione è Dedica, uno dei festival più originali, «nato ormai 28 anni fa non per onorare monumenti letterari ma per fare un omaggio, unendo diverse forme di incontri e di spettacoli, a uno scrittore che amiamo: come si dedicava una canzone a una persona cara, nelle radio private di qualche anno fa», spiega Claudio Cattaruzza, curatore del festival organizzato dall’Associazione culturale Thesis.
Una kermesse che ha sempre scelto di premiare «scrittori del dialogo che hanno messo in relazione culture, popoli e civiltà diverse, anche per la vocazione di Pordenone come città di frontiera. Il nostro desiderio è di arrivare, oltre che a Klagenfurt, anche a Lubiana per mettere insieme l’Alpe Adria: Slovenia, Carinzia e Venezia Giulia».
Anche prima dell’omaggio all’autore di “Bussola”, caleidoscopica ricostruzione del fascino della cultura islamica, il mondo arabo è sempre stato uno dei poli del dialogo. Non a caso negli anni scorsi sono passati da qui, per restare nella fascia che va dal Marocco all’Estremo Oriente, Amin Maalouf, Assia Djebar, Amos Oz, Tahar Ben Jelloun, Yasmina Khadra e Atiq Rahimi. L’omaggio a Hisham Matar, il grande autore libico di lingua inglese, è stato ostacolato dal covid «ma dovrebbe riprendere in tarda primavera», annuncia Cattaruzza, «con incontri dal vivo dopo quelli fatti solo da remoto, in quella sorta di spezzatino che abbiamo dovuto inventarci due anni fa».
Nel programma di quest’anno, eventi centrati sull’opera di Énard, francese trapiantato a Barcellona dove insegna arabo all’università. Si parte da una sorta di autoritratto, in un’intervista curata da Andrea Bajani, per passare a un reading di poesia nato da “Ultimo discorso alla società proustiana di Barcellona” e a due letture teatrali: da “L’alcol e la nostalgia” e da “La perfezione del tiro”, indimenticabile ritratto di un cecchino siriano.
Poi ci sono gli eventi ispirati dalle opere dello scrittore, come le illustrazioni di Pierre Marqués o un film con Juliette Binoche (“A coeur ouvert”). E tavole rotonde nelle università di Klagenfurt, di Udine e di Venezia, la premiazione di un concorso per studenti e l’omaggio a Énard del Sigillo della Città di Pordenone. La nuova pubblicazione del romanzo “Zona”, con la sua trama da “spy story” intrecciata di riferimenti culturali, è l’occasione per un incontro con l’esperto di geopolitica Manlio Graziano sul Mediterraneo come terreno di dialogo e di scontri.
Sabato 12, un concerto di Dhafer Youssef, cantante e virtuoso dell’oud tunisino. Si chiude in musica l’omaggio a uno scrittore che sa raccontare «l’orientalismo non come visione esotica ma come occasione di incontro tra culture», conclude Cattaruzza. «Noi tendiamo a vivere di stereotipi: Énard invece li sbreccia, riporta il discorso alle sue radici culturali senza nascondere, però, le situazioni di fanatismo e di intolleranza. Europa e mondo islamico sono partiti da posizioni molto lontane e continuano a incontrarsi e scontrarsi, incontrarsi e scontrarsi: lo hanno fatto per secoli e lo fanno ancora oggi. Noi tendiamo a vedere più lo scontro che l’incontro, Énard invece ci insegna a guardare più in profondità».