A Roma vai con i persiani: con Darius Arya la città di ieri spiega il mondo di oggi

La fondazione, la repubblica, l’impero. Raccontati da un oggetto o da un monumento. Il ritratto di una grande civiltà aperta agli stranieri. E al futuro. Dalla newsletter de L’Espresso sulla galassia culturale arabo-islamica

Un altro libro su “Roma antica”? E addirittura un libro che decide di intitolarsi così? Sembra un’impresa disperata, un volume destinato a perdersi tra decine di simili pubblicazioni “acchiappa-turisti”. Invece il libro di Darius Arya per Rizzoli riesce a farsi notare subito. Prima per le fotografie che lo illustrano – è nella collana “Le immagini raccontano”. Poi perché quelle immagini rappresentano spesso oggetti poco noti o dettagli tarscurati di monumenti famosi. E ognuno di essi è l’occasione per raccontare un aspetto della vita della civiltà romana: la bambola d’avorio ci mostra come vivevano i bambini; i tubi di piombo (“fistulae”) spiegano le basi del genio idraulico degli antichi romani; il collare di Zonino introduce il lettore nella condizione della vita degli schiavi.

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Un altro aspetto colpisce man mano che si va avanti nella lettura. Gli altri libri sull’archeologia romana ignorano completamente il rapporto tra il passare dei secoli e i reperti archeologici, quasi a voler riportare il lettore a “Roma com’era” ignorando completamente “Roma com’è”: Arya invece, man mano che il volume scorre in ordine cronologico, mette in evidenza anche il rapporto dei posteri con l’antichità: quello che Valadier o il fascismo hanno fatto per valorizzare i monumenti antichi, ma anche per riscriverne l’aspetto secondo l’estetica e la politica del loro tempo.

L’autore, americano di origine iraniana e romano d’adozione, è archeologo, documentarista e divulgatore. Gli abbiamo chiesto di raccontarci come è nato il suo libro.

 

Perché ha scelto di specializzarsi proprio sull’archeologia di Roma?

«Sono sempre stato interessato alla storia antica, fin da bambino. Ricordo con affetto una mostra su Dario il Grande allo Smithsonian di Washington. Ma penso davvero che tutto sia nato dalla mia prima passione per la mitologia: racconti così affascinanti che alla fine sono stati derivati da luoghi, eventi e persone reali. La lingua era una chiave per una comprensione più profonda; quindi, ho colto al volo l'opportunità di studiare latino e poi greco. È stato emozionante leggere la letteratura e la poesia nelle lingue originali. Infine, con i viaggi e gli studi universitari all'estero, sono arrivato a una maggiore comprensione del mondo classico esplorando città e monumenti antichi, in particolare Roma. Questo è ciò che alla fine mi ha legato definitivamente al mondo dell'archeologia: l’esplorazione e le scoperte continue erano troppo avvincenti per poterne fare a meno».

La storia romana è la storia di un popolo aperto agli altri popoli: per esempio, alle guerre vinte seguiva la cittadinanza romana per i popoli sconfitti, molti imperatori erano stranieri… Ci sono tracce di questo a Roma? Ci può raccontare quelle che la colpiscono di più?

«Storicamente, Roma ha compiuto imprese improbabili, sconfiggendo prima i propri vicini, poi regni lontani e popoli diversi, ma è la cooptazione delle persone, l’accettazione della diversità che ha creato quel crogiolo di idee e culture diverse che oggi possiamo riconoscere come "romane". Ci sono molti segni di questo: l'ex schiavo che diventa un cittadino liberato e dichiara il suo successo su una lapide, o la rappresentazione su antichi bassorilievi di nemici sconfitti che alla fine, come sappiamo, divennero cittadini dell'impero. Molti famosi poeti, filosofi, statisti e infine anche imperatori romani hanno avuto origine dai margini dell'impero, luoghi che furono alla fine "romanizzati", ma conservando sempre caratteristiche, cultura e credenze locali».

 

Lei ha radici iraniane. La Persia è sempre stata da tempi antichissimi “l’altro”, “il nemico” rispetto al quale l’Occidente (la Grecia prima, Roma poi) hanno definito la propria identità. In che modo queste radici influenzano la sua visione della città di Roma e della storia di Roma antica?

«È importante considerare sempre la realtà dell’"altro" - il non romano, il nemico ostile, la storia dell'altra parte che i romani non hanno raccontato. La Persian/ i Parti / i Sasanidi erano un potente vicino che Roma considerava un nemico degno di rispetto. A causa delle mie origini io ho un grande interesse per vicissitudini come queste, in guerra e in politica, nel corso dell'impero romano, e sono sempre desideroso di saperne di più su quell'“altro lato”».

È particolarmente interessante nel suo libro la visione della città nel tempo: non solo la Roma antica, ma come i resti archeologici sono stati risistemati nei secoli seguenti. Può farci qualche esempio?

«Il mio libro non è un vero e proprio libro di storia, ce ne sono già molti. La mia inquadratura va dalle origini di Roma fino ad oggi, per mostrare anche che cosa è successo a quegli oggetti e a quai monumenti nel contesto odierno. L'assassinio di Giulio Cesare è avvenuto dove prendo l'autobus per portare mia figlia a scuola. Arrampicarsi sull'impalcatura del Colosseo fino alla cima del muro esterno, dove una volta i marinai issavano la tenda contro il sole è un'esperienza che mi fa piacere condividere con il lettore, perché è una storia tangibile per lui. Non vivo a Roma in una bolla, e non vedo la sua storia come uno sterile ambiente da museo. Voglio che il lettore si goda la realtà di Roma oggi condividendo esperienze intime e accessibili!»

 

Ci si chiede spesso “a che cosa serve” la cultura classica, a cosa serve studiare il mondo antico. Lei come risponde? E in particolare, a cosa serve conoscere Roma?

«Per prima cosa l’impero di Roma era enorme, dobbiamo sempre tenere a mente la prospettiva completa e considerare Roma nelle sue relazioni con il mondo intero: verso l’India, verso la Via della seta e oltre. Le società antiche rimangono avvincenti e degne del nostro studio e del nostro interesse, poiché molti di quei collegamenti, di quelle strade, esperienze, culture e architetture del passato sono in uso ancora oggi. L’influenza di Roma colpisce a prima vista in tutte le città europee, ma dobbiamo andare più a fondo e immergerci in una conoscenza non superficiale dell'antica Roma per sperimentare una comprensione più sfumata e sofisticata delle persone di quell'impero un tempo tentacolare. Ne vale la pena!»

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