Mentre la casa editrice femminista La Tartaruga (rinata grazie alla Nave di Teseo) ripropone la voce classica di Fausta Cialente con il dimenticato “Cortile a Cleopatra” appena arrivato in libreria, Utopia, fondata nel 2020, elegante nella grafica e di alto profilo nelle proposte, ha deciso di ripubblicare l’opera della grandissima Grazia Deledda che, pur avendo vinto il Premio Nobel, non è ancora riuscita a scrollarsi di dosso una patina di umile regionalismo. Dopo “Cenere”, pubblicato lo scorso anno, è adesso il momento di “Elias Portolu”, dostoevskiana vicenda di un tragico adulterio sullo sfondo dell’arcaica Barbagia capace di elevarsi a mito. E altri romanzi seguiranno, scelti e introdotti da Michela Murgia, più che mai convinta che la scrittrice sarda sia «la grande madre della letteratura italiana contemporanea».
Intanto è tornata anche la dimenticatissima Matilde Serao con due romanzi: “Il paese di cuccagna” (Avagliano), e il preveggente “Telegrafi dello Stato” (Polidoro), con prefazione di Vincenza Alfano e un’affettuosa vecchia intervista di Ugo Ojetti. Non solo, ma sia lei sia Deledda sono state lette di recente sul terzo programma Rai, nella trasmissione culturale Fahrenheit, seguite da Anna Banti, della quale è stato scelto il romanzo “Artemisia”. Non si erano mai sentite alla radio tante parole di grandi scrittrici tutte insieme. Fra i piccoli editori è Cliquot il più determinato a recuperare dal cono d’ombra scrittrici italiane del passato recente. Il suo catalogo propone ora l’ingiustamente trascurata Laudomia Bonanni con “Il bambino di pietra” (prefazione di Dacia Maraini) e l’ancor meno nota Brianna Carafa con la raccolta “Gli angeli personali” e il romanzo “La vita involontaria”, già apparso da Einaudi negli anni Settanta ma subito abbandonato. E ancora i sorprendenti racconti d’esordio “L’anima degli altri”, di Alba De Céspedes, scrittrice stimatissima quanto ormai poco letta. Anche se uno dei suoi romanzi più famosi, “Dalla parte di lei”, è ricomparso l’anno scorso negli Oscar Mondadori, presentato da Melania Mazzucco, mentre da poco è arrivato in libreria per lo stesso editore il suo “Quaderno proibito” introdotto da Nadia Terranova. Ma il revival di De Céspedes non è merito solo degli editori o di sponsorizzazioni femminili.
Un suo grande ammiratore è un uomo, il celebre commissario Bordelli, inventato dallo scrittore fiorentino Marco Vichi. Da un libro all’altro, mentre conduce le sue indagini, Bordelli sprofonda nelle storie di “Nessuno torna indietro”, “La bambolona”, “Invito a pranzo”… perché «nelle pagine di Alba si sentiva a casa sua», si lasciava andare a «un flusso necessario di narrazione che non stagnava mai», il flusso di una «scrittura delicata e potente». Bordelli sogna di conoscerla visto che lui si muove negli anni Sessanta, quando Alba era ancora viva (è morta nel 1997). È una vera, grande passione. Oltretutto Vichi mi conferma via mail che non è finita qui: nel suo prossimo romanzo, “Non tutto è perduto” (in uscita da Guanda), Bordelli tornerà a parlare di De Céspedes, e pure in quello successivo che non ha ancora un titolo. E speriamo diventi contagio.