Ho visto cose

Il neo di “In onda” si chiama Luca Telese

di Beatrice Dondi   22 agosto 2022

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Ogni sera presenta la collega Marianna Aprile con aggettivi galanti: “affascinante”, “ungulata”, “scultorea”. Ma il gioco è bello finché dura poco

Siamo in campagna elettorale, il talk show è d’obbligo, le coppie si alternano e gli studi si affollano e la noia generalmente la fa da padrona. Così, si immagina, per eccitare gli animi e dare quella scossetta necessaria a far tenere aperti gli occhi sulle diatribe legate alle liste del Pd, o alle intemperanze di Gianluigi Paragone, a La 7 hanno avuto non una ma ben due idee.

 

La prima quella di mettere al timone di “In Onda” in versione agostana l’inedita coppia formata da Marianna Aprile e Luca Telese (in ordine alfabetico, anche se nei titoli i nomi risultano bizzarramente invertiti). La seconda quella di lasciare a Telese l’aulico compito di presentare la sua collega come un galante corteggiatore che vuol fare lo spiritoso.

La prima sera è stato così, un fulmine a ciel sereno: ecco a voi “l’affascinante” Marianna Aprile. Poi è diventata «Leggiadra». «Sontuosa». «Bellissima». Ma anche «Scultorea». «Brunita». «Dolce». «Garbata». «Palestrosa». «Ungulata».

 

Con il passare delle puntate l’introduzione di rito ha cominciato ad arricchirsi di subordinate, figure retoriche, rimandi forbiti. Praticamente un abbecedario da Dolce stil novo in formato Wikipedia. «Il mio amico Shakespeare mi suggerisce: le donne parlano due lingue una delle quali è verbale», dice Luca Telese con lo sguardo morbido.

E lei, Aprile, si schermisce giusto un filo, accettando di buon grado il siparietto, nella speranza che rimanga appunto, un siparietto dalla breve durata. Tanto poi se dio vuole si passa al tema di puntata, ci sono interviste da fare, domande pungenti da porre, contraddittori da sostenere, senza fatica alcuna.

 

Perché in quello studio, senza dubbio, ci si trova benissimo, e dall’alto della sua competenza, non ha certo bisogno di difese ardite. Però alla lunga, il giochino stucca, e quello che era nato come una trovata (forse) frutto di una tempesta di cervelli, rischia di trasformarsi in un rito stanco a cui in qualche modo bisognerà dire basta.

 

Così mentre fioriscono citazioni alte, da Emily Dickinson («Anche quando sarà arrivato il freddo inverno nel mio ricordo tu sarai sempre estate») a Rushdie («Quando un uomo bacia una donna per la prima volta, persino i libri persino il pane perdono qualsiasi interesse») e sorvolando sul neo, («Orgogliosa testimonianza di rifiuto di ogni opera chirurgica, segno di interpunzione, bandiera di identità») viene da chiedersi quando la pianterà Telese di giocare come se fosse nella casa di Barbie.

 

Non ne ha bisogno lui, non ne ha certo bisogno Marianna Aprile. A meno che dietro non si nasconda un pensiero ecologico, quello di andare avanti a forza di brividi sottopelle per risparmiare in aria condizionata.