La bellezza della serie Mare fuori, prima ignorata e ora diventata culto

Andata in onda la prima volta sulla Rai, il serial che racconta le vicende del carcere minorile di Napoli ha ottenuto il meritato successo su Netflix. Speriamo diventi un modello

È triste a dirsi ma per una volta che la Rai si comporta da servizio pubblico il pubblico guarda il prodotto Rai quando passa altrove. È accaduto con “Mare Fuori”, una serie italianissima in cui, per sottolineare uno degli innumerevoli pregi, quando un protagonista cammina la macchina da presa non segue lentamente tutto il percorso se non è funzionale al racconto.

 

Incredibile ma vero. Le due stagioni già passate sulla seconda rete senza il clamore che avrebbero meritato, perse su un canale a dir poco confuso, da quando sono disponibili su Netflix non si schiodano dalla classifica, i protagonisti diventano fenomeni e a decretare la consacrazione definitiva ci si mette persino una suora che blocca il bacio delle due attrici per uno spot. Che più sacro di così si muore.

 

Le quasi ventiquattro ore di visione (una bella abbuffata non c’è che dire) trascorrono quasi interamente dietro le sbarre del carcere minorile di Napoli. E quando non si sta chiusi in cella con i ragazzi e le ragazze, si entra nella loro testa nel mondo del prima, quello in cui la pistola era lì per essere impugnata, la droga pronta per essere venduta, il coltello affilato per essere affondato.

 

Il mare è fuori, come la libertà, come il desiderio di una vita altra, da possedere. Ma questa serie tra alti e bassi (una prima stagione davvero impeccabile, una seconda decisamente meno perché si sa che la tentazione della fiction è sempre in agguato) in realtà prova a raccontare il mare dentro, quell’onda anomala che scorre nelle vene di chi ha imboccato una strada che sembra segnata da altri.

 

Da una famiglia, da un’appartenenza, da una deleteria scia di decisioni sbagliate che vengono sempre da molto, molto lontano. «Mai cercare di cambiare il destino figlia mia» aleggia sulle celle, come un mattone, come un omicidio, come il ringhio di un cane durante un combattimento. E c’è la camorra, ovviamente, con tutto quello che comporta il già visto seriale, la vendetta, l’onore, il rispetto, l’orrore. Ma soprattutto c’è l’adolescenza, nella sua furia insieme cupa e luminosissima, quell’età estrema in cui il futuro è il qui e adesso, in cui l’amore è per sempre, come l’odio, come il dolore che non passa se non trascinando con sé tutto quello che gira intorno.

 

Un po’ “Orange is the new black” è un po’ “Skam”, certamente, ma anche un po’ “Mare Fuori”, perché quel luccichio dal sapore inedito rischia di diventare un bell’esempio. E se è una femmina si chiamerà Futura.

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