C'è un'età in cui l'amicizia è quasi come l'amore. È quella fase di passaggio che congiunge la fine dell'infanzia all'inizio dell'adolescenza. Un momento lunghissimo in cui tutto sembra possibile, mentre in realtà proprio allora il nostro carattere (o il nostro destino) inizia a profilarsi con nettezza. Anche se ci vorranno anni, poi, per capirlo.
In questo “quasi”, che non separa ma unisce l'amicizia e l'amore, vivono beati Léo e Rémi, due ragazzini all'ultima estate prima del liceo. Che in Belgio inizia a 13 anni e segnerà un inizio e una fine. Fine dell'innocenza e dell'inconsapevolezza, delle corse in bici o nei campi, della gioia quasi fusionale che scandisce le giornate degli inseparabili Léo e Rémi (gli stupefacenti Eden Dambrine e Gustav De Waele, capaci di un'immedesimazione che è poco definire totale). Inizio di un'epoca segnata dallo sguardo degli altri, dalla necessità di definire e di definirsi, dalle scoperte e dalle incognite della crescita, che naturalmente non è mai indolore.
Anche perché i compagni di classe parlano, giudicano, a volte feriscono, anche senza volere ("state insieme?", chiede in tutta innocenza una compagna). Così Léo, almeno esteriormente, inizia a prendere le distanze da Rémi. Finendo per generare nell'amico più fragile un dolore inatteso e definitivo, come la loro separazione, che imprime alla vicenda una svolta tragica. Senza che il film perda slancio né profondità grazie a una regia capace di coniugare l'immediatezza della fisicità alle risorse del non detto e dell'allusione. In un gioco di chiaroscuri che scava (senza mai nominarli) nei sentimenti di tutti i protagonisti. Fino a estrarre poco a poco dall'ombra anche i genitori dei ragazzi e soprattutto la madre di Rémi (la portentosa Emilie Dequenne di “Rosetta”, l'esordio dei fratelli Dardenne).
Portandoci in fondo a un groviglio di dubbi, rimpianti, rimorsi, paure che il 31enne Lukas Dhont (rivelatosi col già magnifico "Girl") esplora fino all’ultima emozione grazie a uno sguardo mobilissimo e penetrante che sembra incrociare, com'è stato giustamente osservato, la precipitazione ossessiva dei Dardenne e la libertà assoluta di Xavier Dolan. Superando d'un balzo distinzioni, omo, etero, eccetera, che semplicemente non hanno più senso.