Stili di vita
Generazione spatentata: per scelta o per necessità, sempre più giovani non guidano l'auto
Alcuni lo fanno a causa delle minori possibilità economiche, altri perché non vogliono inquinare. E poi c'è la crescente offerta di mezzi di trasporto in condivisione. Così sempre meno persone possiedono un mezzo di trasporto proprio. E si tratta di uno stravolgimento culturale
Venticinque anni, una laurea in economia e management, un contratto di lavoro firmato all’inizio del 2023: Enrica abita a Bologna, dove si è trasferita da quando ha iniziato gli studi universitari, in un appartamento che condivide con le ex compagne che non hanno lasciato la città dopo la laurea. «Arrivo alle 9, esco alle 18. Un giorno alla settimana sono in smart. Le altre mattine vado a lavoro a in bici. Uso quelle del Comune: costano poco, si trovano facilmente. Raggiungo l’ufficio in 20 minuti, pago l’abbonamento mensile meno di 15 euro. Non ho mai preso la patente di guida. E per adesso non ho nessuna intenzione di farlo». Come Enrica, sono sempre di più i giovani che non guidano, soprattutto la macchina. Rispetto al 2011, gli under 25 con un’automobile intestata sono il 43 per cento in meno: circa 590mila nel 2021, dieci anni fa erano oltre un milione, secondo gli ultimi dati Aci/Istat disponibili.
A spiegare il fenomeno concorrono più motivazioni, tanto che - chiarisce Matteo Colleoni, ordinario di Politiche urbane all’università Bicocca di Milano - «si può parlare di un vero e proprio trend strutturato. Non più di dati che raccontano accadimenti occasionali». Minori possibilità economiche, maggiore rispetto per l’ambiente e consapevolezza, più ampia offerta di mezzi di trasporto in condivisione, una società mutata nei paradigmi fondamentali grazie alla diffusione di internet, stanno modificando le abitudini. «I giovani della Generazione Z hanno hanno acquisito il concetto di equità intergenerazionale, ovvero la propensione a tutelare le risorse per salvaguardare chi verrà dopo. I valori che ne conseguono sono diventati parte dei loro comportamenti quotidiani. Lo dicono le indagini sulla consapevolezza della popolazione, lo vediamo dai nostri studenti. Ma questa non è l’unica ragione che li spinge a utilizzare meno l’auto: anche la componente economica ha un ruolo importante. Sia perché gli stipendi medi sono bassi, sia per la tendenza tipicamente italiana di restare a vivere con i genitori fino a tarda età. E quindi usare la loro auto», spiega Colleoni.
In Italia lo stipendio medio annuo di chi ha tra i 18 e i 24 anni - come riporta il Centro Studi 20e30- è di 15.858 euro, a fronte del prezzo netto delle auto che nel 2022 è stato in media di 26.200 euro, cresciuto dell’8 percento rispetto all’anno prima: «Non ho la macchina ma la mia non è stata una scelta. Da quando mi sono trasferito a Roma per lavoro non guadagno male: il necessario per l’affitto e le spese quotidiane. Ma faccio fatica ad accumulare il capitale necessario per comprare l’auto. Così quando mi serve un mezzo, noleggio dall’app quello di cui ho bisogno, oppure prendo bus e metropolitana», racconta Luca, 36 anni, che lavora come freelance nella Capitale dal 2017: «I prezzi sono accessibili, le auto in sharing si trovano facilmente, solo quando ci sono eventi molto affollati è problematico». Negli anni del boom economico, quando l’automobile era uno status symbol e la patente un rito di passaggio per sentirsi adulti, «la maggior parte dei giovani iniziava a lavorare presto, sognava di possedere la macchina, la casa e di farsi una famiglia. Oggi, invece, la società è “on demand”: alla logica del possesso si sostituisce quella dell’accesso, cioè la possibilità di utilizzare il mezzo di cui ho bisogno quando ne ho bisogno, senza nessuna necessità che sia mio».
A certificare le parole di Colleoni ci sono i dati. Secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Sharing mobility - con il termine si intende una trasformazione del comportamento degli individui che sempre più tendono a preferire l’accesso temporaneo ai servizi di mobilità invece di utilizzare il mezzo di trasporto proprio - i viaggi in sharing mobility realizzati dal 1 gennaio al 31 dicembre 2021 sono stati circa 35 milioni, il 61 per cento in più di quelli del 2020, anno del lockdown, ma anche il 25 per cento in più rispetto al 2019. «Si sono contratti i noleggi brevi, sono cresciuti quelli di durata medio-lunga, segnale che il modello di business si sta trasformando per rivolgersi a segmenti di clientela più ampi e diversificati rispetto al passato», si legge nel report. Per rispondere al bisogno di chi un mezzo di trasporto non lo possiede, non più solo di chi lo noleggia in occasioni determinate. E, sebbene non siano ancora disponibili i dati definitivi, gli esperti anticipano che il 2022 è stato l’anno dell’exploit visto che l’insieme dei noleggi nei primi sei mesi è cresciuto del 113 per cento a Milano e dell’83 per cento a Roma, per un valore cumulato di 12,6 milioni di euro. A giocare un ruolo fondamentale ci sono il monopattino, il cui uso è più che raddoppiato rispetto all’anno prima, e il bike sharing «il cui utilizzo è cresciuto del 91 per cento a Roma in un anno. A Milano dell’84 per cento», aggiunge Matteo Tanzilli, il presidente di Assosharing, la prima associazione di categoria del comparto in Italia.
Così «i giovani si stanno disinnamorando delle auto», scrive anche l’Economist. Ma a guidare meno sono soprattutto quelli del mondo ricco. Anche se è vero che il numero di automobilisti sulle strade di tutto il pianeta continua a crescere, un importante cambiamento è in atto: un americano su cinque, tra i 20 e i 24 anni, non ha la patente, rispetto a solo uno su 12 nel 1983. La proporzione di persone con la patente sta diminuendo per ogni fascia di età sotto i 40. In Gran Bretagna, ad esempio, gli adolescenti in grado di guidare si sono quasi dimezzati negli ultimi 20 anni, passando dal 41 al 21 per cento. E anche chi ha la patente guida sempre meno: secondo uno studio citato dal settimanale britannico, in cinque capitali europee - Berlino, Copenaghen, Londra, Parigi e Vienna - il numero di viaggi in auto effettuato dai lavoratori è diminuito notevolmente rispetto al picco degli anni Novanta. A Parigi il numero di viaggi effettuati per residente è sceso al di sotto dei livelli degli anni Settanta.
«Da indagini specifiche emerge che a utilizzare sempre meno l’automobile sono sopratutto giovani scolarizzati - in quanto un più alto livello di istruzione porta a maggiore consapevolezza di che cosa è necessario al benessere collettivo. E che vivono nelle aree urbane», puntualizza, infatti, Colleoni: «Perché nelle città c’è maggiore offerta di mezzi da noleggiare quando serve. E siamo in un momento storico in cui urbanizzazione e scolarizzazione sono in crescita». Quest’anno per la prima volta il numero dei capoluoghi di provincia con almeno un servizio di sharing mobility ha superato quelli senza: 62 contro 46. Il mito dell’automobile come simbolo dell’età adulta sta progressivamente tramontando, al suo posto si fanno spazio nuovi paradigmi perché la società cambia e con questa le scelte attraverso cui chi la vive definisce la propria identità. Anche per questo, spiega Luca Cerimele di Assosharing, «dare un inquadramento normativo alla sharing mobility è necessario. Sia per garantire uno sviluppo sano del settore, sia per fare in modo che il ruolo che acquisirà nel prossimo futuro sarà coerente con la visione di mobilità innovativa che le sfide della transizione ecologica ci impongono di abbracciare».