"Bella ciao", "Hava Nagila", "La tieta". Il nuovo disco raccoglie un'antologia di titoli famosi che invitano a condividere passioni e allegria

Evviva evviva, il Maestro è tornato, o forse a ben vedere non se n’è mai andato. Tra le tante inaspettate comunicazioni che arrivano dal mondo della musica c’è quella di un nuovo disco in uscita di Francesco Guccini, il quale, non dimentichiamolo, ha iniziato il suo percorso alla metà degli anni Sessanta. C’è una singolare circolarità nel suo lavoro. 

 

Dopo aver abbandonato le scene, dischi e concerti, per dieci anni, ha deciso di tornare mantenendo solo il proposito di non proporre più canzoni nuove, che è comunque una prova di onestà intellettuale di cui pochi sono capaci. E così, visto che di idee abbastanza buone per pezzi nuovi non ne ha, si è tolto la somma soddisfazione di incidere i suoi pezzi preferiti, prima in un disco dell’anno scorso intitolato “Canzoni da intorto”, poi, provandoci gusto, tornando quest’anno con un altro disco di cover intitolato “Canzoni da osteria”, in cui c’è di tutto, da “Bella ciao” a “La tieta” del catalano Juan Manuel Serrat, dalla ebraica “Hava Nagila” fino alle rimembranze americane dei “Cotton fields” di Huddy Leadbetter. 

 

Ma in fondo quello che colpisce davvero è quella circolarità perfetta che incornicia la sua carriera. In osteria ha cominciato e in osteria, almeno come evocazione, ritorna. In osteria da dove non si è mai fino in fondo allontanato, perché corrisponde a una precisa visione della musica. La verità è che anche quando dalle osterie bolognesi ha iniziato a essere un personaggio celebre, abituato a cantare davanti a migliaia di persone, non ha mai perso la convinzione che un concerto fosse prima di ogni altra cosa una forma di condivisione, quello che appunto si faceva in osteria e che lui ha continuato a perseguire in ogni luogo, perfino nei freddi e rumorosi palasport. 

 

È un bel pensiero, che ci riporta a una domanda essenziale: perché si fa musica? Sembra scontato, ma non lo è. La musica si può fare per mille ragioni e tutte legittime, ma sicuramente ce ne sono alcune migliori di altre. E quell’idea di condivisione e forse la più bella di tutte.