Buio in sala

The Old Oak è il manifesto della speranza di Ken Loach

di Fabio Ferzetti   14 novembre 2023

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Un paesino impoverito. Un gruppo di profughi. Litigi, amicizia. E una nuova parabola firmata dal regista che salda in una stessa urgenza due mondi lontani

Il 17 giugno 2022 Ken Loach ha festeggiato 86 anni girando nella cattedrale di Durham, Inghilterra del Nord, una delle scene chiave di “The Old Oak”, La Vecchia Quercia, nome dell’ultimo pub rimasto in un paesino minerario che come molte ex-zone industriali sopravvive malamente alla mancanza di occupazione e coesione sociale che il lavoro generava. Conosciamo il refrain: dov’è finita la solidarietà di una volta? Perché quei ragazzi cresciuti insieme invecchiando si trovano su opposte sponde? Com’è possibile che quei figli di minatori siano così spesso ostili ai nuovi dannati della terra, qui un pugno di profughi siriani scaricati laggiù dal governo?

 

Malgrado o forse proprio per l’amicizia tra il generoso TJ, il proprietario del pub (Dave Turner), e la siriana Yara (Ebla Mari), giovane rifugiata che parla inglese e usa a meraviglia la macchina fotografica, il conflitto divampa in quel locale ormai cadente opponendo le due anime della città. Di qua TJ e chi come lui è ancora curioso e aperto. Di là chi - uomini, donne, ragazzini - preferisce fare degli ultimi arrivati comodi capri espiatori. Niente manicheismi: non ci sono diseredati “migliori”. Solo vittime più frettolose o ignare. Ma proprio qui batte la scena della cattedrale. Come siamo potuti arrivare, nel mondo, a questo punto, e come uscirne? Svelando poco a poco il doloroso passato di TJ (cui fa eco quello dei siriani), Loach e il suo sceneggiatore Paul Laverty mettono a fuoco un sentimento del presente tanto più disperato quanto più bisognoso di arte (le foto di Yara) e utopia. Come se di fronte al pessimismo della ragione non restasse che l’intramontabile “principio speranza” di Ernst Bloch.

 

L’agenda è fitta e qualcosa risulta qua e là un poco insistito o sfocato. Esili ad esempio le figure femminili, mentre è bello il rapporto fra TJ e il vecchio amico Charlie, portatore insospettabile di doppiezza. Nessuno del resto sceglie e dirige gli attori come Loach. Altre volte è stato più teso e bruciante. Ma saldare in una stessa urgenza due mondi così lontani è impresa che solo lui poteva tentare.

 

THE OLD OAK
di Ken Loach
Regno Unito-Francia-Belgio, 113’