Educazione
Il modello della scuola olandese, dove i ragazzi sono tra i più felici al mondo
Apertura alle emozioni, sviluppo della responsabilità individuale, abbattimento di gerarchie e barriere. È il sistema applicato negli istituti dei Paesi Bassi. Prosegue il viaggio de L’Espresso tra le urgenze del sistema scolastico
Motivazione, responsabilizzazione, abbattimento di gerarchie e barriere, preparazione alla vita reale. Sono i valori sui quali il sistema scolastico olandese ha costruito il suo modello di successo. Un Paese dove i tassi di felicità di bambini e adolescenti sono da anni tra i più alti al mondo. E con una percentuale di abbandono scolastico nell'istruzione e nella formazione tra i 18 e i 24 anni molto bassa: del 5,3 per cento nel 2021 rispetto al 9,7 per cento della media UE. In Italia, come l’Espresso ha raccontato in due recenti indagini sullo stato di salute dell’istruzione, nel 2022 i giovani che non sono arrivati al diploma sono l’11,6 per cento. Un fenomeno diffuso che sembra interessare ormai in maniera trasversale tutte le classi sociali.
«Monitoriamo attentamente quali studenti abbandonano prematuramente la scuola, non solo a livello nazionale ma anche per regione, e abbiamo politiche mirate a prevenire l'abbandono scolastico», spiega a L’Espresso Lilian Jansen, portavoce del Ministero dell’Istruzione, della Cultura e delle Scienze olandese: «Diamo mandato ai comuni e agli istituti scolastici di creare insieme un piano per prevenirlo. Investiamo in un’istruzione su misura, in modo che anche i giovani con esigenze di sostegno specifiche possano ricevere un’istruzione adeguata».
Nei Paesi Bassi, il punteggio medio degli studenti in lettura, matematica e scienze è pari a 502 punti, superiore alla media Ocse, pari a 488 punti. «Il modello educativo olandese lascia molta libertà», spiega ancora la portavoce del Ministero, «ma abbiamo il cosiddetto “curriculum” in cui alcuni obiettivi chiave sono fondamentali: la scrittura, la lettura, l'aritmetica/matematica e l’educazione civica e alla cittadinanza». Per comprendere la particolarità del modello olandese, bisogna guardare ai suoi riferimenti culturali profondi. Non è un caso che in epoche diverse, ma con continuità e coerenza, i Paesi Bassi abbiano prodotto riflessioni fondamentali e innovative sulla pedagogia e sui modelli di educazione. Una lunga tradizione riconducibile a pensatori celebri come Erasmo da Rotterdam e Johan Huizinga – autori di testi come “Per una libera educazione” e “Homo ludens” – che hanno rivoluzionato criteri pedagogici e modi di vita applicati alla formazione. Ma anche Maria Montessori, che ha trascorso una parte importante della sua vita in questo Paese, ha lasciato molte tracce: già agli inizi degli anni Trenta, le scuole montessoriane superavano le 200 unità ed erano diffuse in ben 28 centri urbani, interessando circa 6000 bambini. E oggi è tra i Paesi con la più alta concentrazione al mondo, insieme a Germania e America.
«Otto anni di istruzione primaria e dai 4 ai 6 anni di istruzione secondaria a seconda del tipo di scuola» spiega ancora Jansen. «Vige la cosiddetta libertà di educazione: esistono istituzioni pubbliche e private a tutti i livelli del sistema educativo; le istituzioni private sono per lo più basate su principi religiosi o ideologici. Ogni genitore è libero di scegliere la scuola che preferisce».
La particolarità di questa peculiare postura nell’approccio all’educazione la mette bene in prospettiva Simone de Roos, ricercatore del Netherlands Institute for Social Reseach: «Penso che i bambini olandesi abbiano generalmente interazioni positive in tutti gli ambiti sociali. Vivono in ambienti favorevoli a casa, con gli amici e anche a scuola. I genitori olandesi danno molto supporto ed esercitano un controllo “leggero”. Esiste un clima egalitario, gli insegnanti non sono autoritari ma accettano le emozioni degli studenti, e gli studenti si fidano degli insegnanti».
Perché questa onda lunga di riflessioni sulla pedagogia, ha permesso che nel sistema scolastico olandese, bambine, bambini, ragazzi e ragazze siano presi sul serio, come dei veri interlocutori. E il paternalismo nei confronti delle generazioni più giovani si è fatto molto meno forte. Quest’idea si riflette anche nella produzione culturale: «Il teatro, la letteratura e il cinema olandesi per l’infanzia e l’adolescenza hanno spesso al centro argomenti piacevoli e spensierati, ma non evitano i temi impegnativi e talvolta difficili come il lutto, il razzismo, l’identità di genere, la crisi climatica», spiega Bas Ernst, addetto culturale dell’Ambasciata dei Paesi Bassi in Italia. In funzione dei destinatari cambiano i linguaggi, ma non la realtà che descrivono.
Malgrado le differenze – non soltanto in termini di istruzione, ma di mercato del lavoro, salari e benessere – esiste un intreccio particolare tra Italia e Paesi Bassi e una certa fertilità del nostro paese per le iniziative culturali destinate a infanzia e adolescenza che hanno creato degli orizzonti comuni. Lo racconta Ernst, che da oltre vent’anni si occupa di promozione culturale nel nostro Paese: «Qualche settimana fa è stato pubblicato il report annuale del nostro Ministero sulle politiche culturali internazionali. L’Italia è per noi il primo paese per numero di progetti che facciamo all’estero. C'è molta richiesta, abbiamo molti partner che hanno programmi interessantissimi». È da questa cooperazione consolidata che è nato il programma di Futuro Presente che promuove la cultura olandese per giovani e bambini: trenta partner italiani, tra cui Roma Europa festival, Bergamo come capitale della cultura, il Salone del libro di Torino, il festival della letteratura di Mantova. E 90 attività in tutta Italia. «Abbiamo contesti diversi, ma le sfide nella società sono simili. Nella mia esperienza, i ragazzi e i bambini italiani sono molto attenti, interessati e sensibili alla cultura».