Protagonisti

Dai musei agli artisti, la top ten dell'arte nel 2023

di Nicolas Ballario   21 dicembre 2023

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“Strike” di Lee Lozano

Chi è stato più interessante dell’anno? Curatori, mostre, luoghi, opere e aziende selezionate in base alla capacità di avvicinare il pubblico al contemporaneo. Ecco chi sono le protagoniste e i protagonisti di quest'anno

Vale meno dell’1 per cento l’Italia nel mercato internazionale dell’arte contemporanea, ma le sue eccellenze valgono molto di più.

Non ci sogneremmo mai di misurare l’arte solo attraverso il suo valore commerciale, ma sicuramente i mercati possono essere una cartina di tornasole dello stato di salute di un sistema. Nel grafico a torta del mercato del contemporaneo, vediamo tra l’80 per cento e il 90 per cento coperto da tre Paesi: Stati Uniti (che crescono), Cina (che un pochino arranca) e Regno Unito (che sta decisamente perdendo causa Brexit). A seguire, staccata ma in risalita, la Francia con un 7 per cento. Il nostro Paese, nel grafico, neanche c’è: la sua fetta sta sotto la macrocategoria “altro”. Il valore dell’arte va ben al di là di quello economico, certo, ma senza un sistema solido non c’è ricerca, non ci sono artisti, gallerie, musei, curatori: e molti vanno all’estero. Eppure ci sono tante eccellenze italiane anche nel contemporaneo che, come sappiamo, è l’arte più ostica, quella del «Lo potevo fare anch’io», quella considerata elitaria e poco accessibile ai più.

Noi abbiamo provato a tirare le (parzialissime) somme e scegliere chi si è distinto in questo 2023: l’artista, la fondazione, il direttore, la curatrice, i comunicatori, il festival, la galleria, l’azienda, l’opera, la mostra dell’anno. Non una mera classifica, ma una selezione con un criterio di scelta semplice: protagoniste e protagonisti del contemporaneo che cercano di avvicinare il pubblico, allontanandosi da quell’atteggiamento elitario ed esclusivo che ha da sempre accompagnato questo settore, spesso attraverso il tentativo di parlare delle questioni più stringenti dell’attualità.

C’è infatti una fitta rete di professioniste e professionisti che cerca di resistere, di colmare il gap di formazione che in Italia avvolge l’arte più recente. Per chi legge L’Espresso sono nomi già sentiti, perché nel corso dell’anno li abbiamo nominati più volte. E siamo sicuri che avremo occasione di farlo ancora.

Miglior artista:

Diego Marcon

Dopo la partecipazione alla Biennale di Venezia, Marcon (classe 1985) ha spiccato il volo ed è in questo momento il più interessante artista della sua generazione. Quest’anno è stato protagonista della mostra della Fondazione Trussardi al Teatro Girolamo e ha tenuto due personali, al Centro Pecci di Prato e alla Kunsthalle di Basilea. Si esprime con molti mezzi, ma quello con cui è più conosciuto è il video: che sia in stop motion, con tecniche 3D, con l’utilizzo di attori reali o in pura animazione, i suoi video hanno sempre il sapore di macabri, potenti, raffinatissimi cartoon.

 

Miglior Fondazione/museo:

Fondazione Sandretto Re Rebaudengo

Se dovessimo scegliere un volto a rappresentare l’Italia nel panorama internazionale, sarebbe quello di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, che con l’omonima Fondazione ha suggerito un nuovo ruolo, attivo e inclusivo, del collezionista. La Fondazione Sandretto è per noi lo spazio dell’anno perché cerca in ogni modo di essere un luogo aperto e mai elitario. Fa un grande lavoro nella didattica per bambini e la sua scuola per curatori, Campo, ha sformato in dieci anni personalità importanti. La indichiamo perché è emblematico che abbia scelto di festeggiare i 30 anni di attività non in una delle sue sedi (Torino, Guarene e prossimamente Venezia), ma a Palazzo Strozzi di Firenze, nel segno di quella collaborazione che farebbe tanto bene al mondo dell’arte contemporanea. Un consiglio: seguite i suoi divertentissimi social.

 

Miglior direttore:

Vincenzo De Bellis

«Siamo stati per anni in una bolla e dobbiamo esserne consapevoli»: queste parole, se dette dal nuovo direttore della più importante realtà di mercato dell’arte contemporanea al mondo, hanno un certo peso. A guidare Art Basel, regina delle fiere con i suoi appuntamenti di Basilea, Miami, Hong Kong e Parigi, è da quest’anno l’italiano (classe 1977) Vincenzo De Bellis. Dopo il lavoro al Walker Art Center di Minneapolis, De Bellis già nel suo primo anno da direttore di Art Basel ha dimostrato che il mercato dell’arte ha un ruolo fondamentale nel connettere mondi lontani e come palcoscenico per parlare dei problemi del mondo.

 

Migliore curatrice:

Rossella Farinotti

Siamo un po’ fissati con il tema arte/territorio e se c’è una manifestazione che ha permesso non solo la scoperta ma anche la rilettura del patrimonio di una città attraverso l’arte contemporanea, questa è la Cremona Art Week. E allora per noi la migliore curatrice dell’anno è Rossella Farinotti, che se l’è inventata e fin dalla prima edizione ha dato vita a una kermesse sofisticata, ma accessibile a chiunque. L’opera di punta era il coccodrillo di Maurizio Cattelan nell’antico Battistero e deve essere piaciuta, perché per adesso rimane lì.

 

Migliore opera: My Dreams

they’ll never surrender

“My dreams, they’ll never surrender” è un campo di grano che Gian Maria Tosatti ha installato pochi mesi fa dentro Castel San’Elmo, a Napoli, e che deve essere costantemente mantenuto. Una prova, una sfida, un oggetto che rappresenta il sentimento di libertà democratica proprio in un luogo spesso utilizzato, nel corso dei secoli, come carcere, come simbolo della costrizione e spesso della repressione dei liberi pensatori, dei rivoluzionari. L’opera è stata montata nel 2014, ma è poi rimasta chiusa per diversi anni. Dopo un solo anno non è stata rigenerata e ora sta, lentamente, morendo. È la bellezza della tragedia, un fascino amaro. L’arte è anche questo.

 

Migliore mostra: 

Lee Lozano – Strike alla Pinacoteca Agnelli

Femminista che detestava i movimenti e che ha passato l’ultima parte della vita senza parlare con le donne (denunciando con quella scelta l’irrilevanza a cui la società le condannava) quel “Lee” che può essere un nome femminile e maschile lo usava proprio perché non voleva essere “quota rosa” e allo stesso tempo pretendeva che i collezionisti la trattassero al pari degli uomini, magari confondendo il suo genere. La Pinacoteca Agnelli ha celebrato questa straordinaria artista - conosciuta ancora troppo poco - con una retrospettiva straordinaria, che ha poi ha portato alla Bourse de Commerce di Parigi.

 

Migliore comunicatore:

Altremuse

Altremuse è una piattaforma di divulgazione sull’arte composta da ragazzi e ragazze, tutti con formazione diversa. Trattano senza troppi fronzoli le grandi tematiche del contemporaneo. Istanze postcoloniali, femministe, queer, iconologiche e molte altre questioni che in Italia non si vedono abbastanza. Dopo tre anni di attività tra Instagram e sito si sono anche avventurati in un esperimento cartaceo. Introducono anche una cosa più unica che rara nelle realtà editoriali dell’arte: l’ironia.

 

Migliore festival/evento:

Panorama

Italics è un consorzio che riunisce le migliori gallerie italiane e da tre anni promuove Panorama, un festival che attraverso l’arte contemporanea vuole fare scoprire gli aspetti meno conosciuti del nostro Paese, proprio grazie ai galleristi che installano le loro opere migliori in varie sedi della Città scelta ogni anno. Si tiene d’estate, e noi lo nominiamo perché se portare gente a Procida o Monopoli per le prime due edizioni è stato naturale, dato il periodo, è stato più complicato nel 2023, per il quale è stata scelta L’Aquila. Città difficile per mille ragioni che invece si è dimostrata la location perfetta per la bellissima edizione diretta da Cristiana Perrella.

 

Migliore galleria:

Monitor

Monitor Gallery ha sede a Roma, Lisbona e… Pereto. La nominiamo per il suo programma, per gli artisti che rappresenta, perché quest’anno nella Capitale ha aperto un nuovo spazio a San Lorenzo, ma soprattutto per il lavoro che fa nel piccolo borgo abruzzese di Pereto (ed è bello che in questa lista ci sia due volte l’Abruzzo, chi l’avrebbe detto?). Ci vuole coraggio ad aprire uno spazio dedicato all’arte contemporanea in un piccolissimo centro, ma per rilanciare la fondatrice di Monitor Paola Capata ha creato anche la Straperetana, manifestazione che invita artisti a realizzare una serie di interventi disseminati nel borgo tra cantine, bar, negozi sfitti, persino l’antica canonica, ma anche vicoli e strade.

 

Migliore azienda art friendly:

Pirelli

Basterebbe dire che da anni Pirelli ha creato e sostiene l’Hangar Bicocca, uno dei luoghi più interessanti d’Italia per l’arte contemporanea. Noi però lo nominiamo per altre due cose, successe quest’anno: anzitutto ha avuto il coraggio di far realizzare da Ruth Ruth Beraha, artista decisamente visionaria, il trofeo del Gran Premio di Monza, portando l’arte in un ambiente dove di solito latita. E poi come non citare il Calendario Pirelli, quest’anno affidato al ghanese Prince Gyasi, primo nero e africano dopo 50 edizioni, che smonta i miti occidentali sull’Africa.

 

 

Migliore comunicatore

Altremuse

Altremuse è una piattaforma di divulgazione sull’arte composta da ragazzi e ragazze, tutti con formazione diversa. Trattano senza troppi fronzoli le grandi tematiche del contemporaneo. Istanze postcoloniali, femministe, queer, iconologiche e molte altre questioni che in Italia non si vedono abbastanza. Dopo tre anni di attività tra Instagram e sito si sono anche avventurati in un esperimento cartaceo. Introducono anche una cosa più unica che rara nelle realtà editoriali dell’arte: l’ironia.

 

Migliore festival/evento:

Panorama

Italics è un consorzio che riunisce le migliori gallerie italiane e da tre anni promuove Panorama, un festival che attraverso l’arte contemporanea vuole fare scoprire gli aspetti meno conosciuti del nostro Paese, proprio grazie ai galleristi che installano le loro opere migliori in varie sedi della Città scelta ogni anno. Si tiene d’estate, e noi lo nominiamo perché se portare gente a Procida o Monopoli per le prime due edizioni è stato naturale, dato il periodo, è stato più complicato nel 2023, per il quale è stata scelta L’Aquila. Città difficile per mille ragioni che invece si è dimostrata la location perfetta per la bellissima edizione diretta da Cristiana Perrella.

 

Migliore galleria:

Monitor

Monitor Gallery ha sede a Roma, Lisbona e… Pereto. La nominiamo per il suo programma, per gli artisti che rappresenta, perché quest’anno nella Capitale ha aperto un nuovo spazio a San Lorenzo, ma soprattutto per il lavoro che fa nel piccolo borgo abruzzese di Pereto (ed è bello che in questa lista ci sia due volte l’Abruzzo, chi l’avrebbe detto?). Ci vuole coraggio ad aprire uno spazio dedicato all’arte contemporanea in un piccolissimo centro, ma per rilanciare la fondatrice di Monitor Paola Capata ha creato anche la Straperetana, manifestazione che invita artisti a realizzare una serie di interventi disseminati nel borgo tra cantine, bar, negozi sfitti, persino l’antica canonica, ma anche vicoli e strade.

 

Migliore azienda art friendly:

Pirelli

Basterebbe dire che da anni Pirelli ha creato e sostiene l’Hangar Bicocca, uno dei luoghi più interessanti d’Italia per l’arte contemporanea. Noi però lo nominiamo per altre due cose, successe quest’anno: anzitutto ha avuto il coraggio di far realizzare da Ruth Ruth Beraha, artista decisamente visionaria, il trofeo del Gran Premio di Monza, portando l’arte in un ambiente dove di solito latita. E poi come non citare il Calendario Pirelli, quest’anno affidato al ghanese Prince Gyasi, primo nero e africano dopo 50 edizioni, che smonta i miti occidentali sull’Africa.