Dalle donne col cartoncino della scalinata di Sanremo a Geppi Cucciari con la cartella della scaletta il passo è talmente lungo che sembrano programmi televisivi di due pianeti diversi. Invece è sempre lo stesso mondo, quello che si dovrebbe chiamare normalità e che a sorpresa ha quel sapore alieno delle cose ben fatte.
Il caso è quello di “Splendida cornice”, altrimenti definito varietà culturale, qualsiasi cosa significhi questa etichetta, che sembra essere stata appiccicata apposta solo per far scappare il pubblico a gambe levate. Perché si sa che in genere lo spettatore viene considerato un perfetto idiota, incapace di appassionarsi all’intelligenza da piccolo schermo. Ma quando arriva un programma come quello di Rai Tre in cui gli sprazzi illuminati cadono come pioggia ostinata, non si può che essergliene grati.
Cucciari ha dalla sua una sfrontatezza che le permette di mettere insieme alto e basso con frenetica alternanza e senza staccare lo sguardo dalla telecamera osa utilizzare correttamente il termine sinedrio, definisce il nome Anna come palindromo e si ostina ad avere la battuta pronta.
Così, con leggerezza, mescola la sua pozione disturbante come una fattucchiera di buoni propositi, condendo lo strano elisir con la voce della soprano Laura Baldassarri che canta “Azzurro” e sintetizza in una sola esibizione l’intera insulsa polemica su Paolo Conte scaligero.
E poi il rapper Clementino che omaggia Troisi dopo aver imitato Gino Paoli, De Giovanni e Fabio Volo, Saviano e Sciarelli, i premi Nobel coi premi David, in un crossover continuo con mezzo palinsesto, un po’ “Tale e Quale”, un po’ “Il Collegio”, un po’ “The Voice” con tanto di poltrone girevoli in cui tre donne giudicano un monologo maschile e se si annoiano non si voltano neanche.
Nel pentolone di Geppi Cucciari trovano posto un pubblico pensante e persone che sembrano nate anche per intrattenere il prossimo, come l’ingegnera aerospaziale Amalia Ercoli Finzi che non teme di prestare il suo fianco ludico neppure per un attimo. Ma ci stanno comodissimi persino gli intellettuali, che no, non sono una brutta parola e sì, capita persino che riescano a lasciarsi andare addirittura in una prima serata televisiva. Non per caso però, perché per mettere insieme Nicola Lagioia, Giorgio Zanchini, Daria Bignardi e Stefano Bartezzaghi in una parodia di quell’accozzaglia di rumore indistinto detta Bobo Tv, davvero ci vuole orecchio.
Insomma, alla fine di ogni puntata resta quella sensazione gradevole di aver guardato una volta tanto la luna e non il dito. Perché la cornice è splendida, ma anche il quadro non è niente male.
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