Alexander Calder e Lucio Fontana. Divinità battriane e uova di Fabergé. Galleristi e investitori si incontrano a Maastricht. Uno sguardo in anteprima

Settemila anni di storia dell’arte in 3mila metri quadrati, un affollamento di capolavori senza uguali, pari solo al numero di collezionisti che calpestano la sua morbida moquette a caccia dell’oggetto, spesso molto caro, del proprio desiderio. Ecco in estrema sintesi cos’è TEFAF, la fiera d’arte e antiquariato (e molto dell’umanamente collezionabile) più importante al mondo. Annunciati a Maastricht dal 9 al 19 marzo 268 espositori. La prima edizione è stata nel 1988 e quella di quest’anno si annuncia come il ritorno in grande stile dopo le varie vicissitudini della pandemia: la versione online del 2021, che vista da un divano Ikea non dava grandi soddisfazioni, e quella estiva del 2022 che era ben lontana dai fasti abituali.

Ma perché proprio Maastricht, e non Roma o Firenze, ospita la più grande manifestazione al mondo di arte e antiquariato? L’impareggiabile talento degli olandesi nel costruire “cattedrali nel deserto” e nel trasformare condizioni avverse in opportunità è arcinota, e così una cittadina, famosa per i suoi trattati e poco altro, diventa per due settimane all’anno la capitale mondiale del mercato dell’arte grazie ad alcune leggi molto favorevoli e competitive. A spiegarci cosa differenzia la legislazione olandese in materia rispetto a quella italiana è Alessandra di Castro, antiquaria romana, che a TEFAF è anche membro del comitato di selezione: «L’Olanda ha saputo creare un ambiente perfetto per il commercio internazionale di opere d’arte e d’antiquariato, con regolamenti appositi; le soglie di valore per la libera circolazione delle opere sono articolate su varie categorie e sono molto più alte che in Italia; le regole per i tempi di rilascio dei documenti di importazione ed esportazione sono certi. Amsterdam così come Parigi e Bruxelles, hanno saputo approfittare al meglio della Brexit per prendere il posto di Londra al centro dello scacchiere degli scambi legati ai beni artistici».

Ma torniamo dentro TEFAF, il non-luogo più bello del mondo, un metaverso calpestabile, dove è l’opulenza a fare da spartiacque tra il dentro e il fuori: è previsto che saranno serviti 17mila bicchieri di champagne, 11mila ostriche, 150mila tartine, au fois-gras naturalmente; 100mila i fiori che ne disegneranno la scenografia e più di 200 i jet privati che sono previsti in arrivo da ogni dove nei prossimi giorni all’aeroporto di Maastricht-Aquisgrana; alla faccia del riscaldamento globale ma per fortuna che la bellezza salverà il mondo.

Non esagerate con le ostriche, e spalancate gli occhi, la passeggiata in fiera include un vero e proprio viaggio attraverso i secoli e le latitudini guidati da quello che di meglio è stato creato dall’uomo: una scultura basculante di Alexander Calder dei primi ′900 offerta da Galerie Von Vertes, un mosaico minuto rappresentante la testa di Medusa (1830) di Gioacchino Barberi in vendita da Alessandra di Castro, una veduta di Venezia di Jean Baptiste Camille Corot datata 1834 allo stand di Gallery 19c, una Madonna con bambino in terracotta (1510-1515 ca) attribuita a Baccio di Montelupo da Blumka, la scrivania art déco disegnata e appartenuta a Paul Dupre-Lafon alla Galerie Marcilhac, un’anfora attica a figure nere del VI secolo a.C in vendita negli spazi di David Aaron, l’unico dipinto noto dell’artista litografo simbolista P.L.J. Berthon dalla galleria Antonacci Lapiccirella. Non il piacere intellettuale e un po’ imborghesito di una visita ad un museo ma piuttosto la vertigine di affacciarsi sulla biblioteca di Babele.

Alla galleria Kerkovian sarà in vendita una piccola statua denominata “Principessa Battriana”, figura misteriosa composta da due blocchi di pietra scolpiti, uno bianco per la testa e uno antracite per il busto squadrato, reperto appunto creato dalla civiltà battriana e datato dal 1800 al 2300 a.C. A pochi passi, da Tornabuoni Arte troverete tre tele, “Le attese” di Lucio Fontana, i suoi celebri tagli, ed ecco che in qualche millennio i manufatti si sono emancipati da qualunque regola o rituale materializzandosi in enigmatici piaceri neuronali, status symbol da milioni di euro (da 1,8 ai 3 in questo caso), chiamatela pure evoluzione della specie, immagini cogenti di ere diverse che si incontrano e si interrogano a vicenda.

Tra gli oggetti più curiosi in vendita della prossima edizione di TEFAF ci saranno - da Daniel Crouch Rare Books - 146 mazzi di carte da gioco provenienti dalla Van den Bergh Collection. Ogni mazzo racconta una storia: quelle di Richard Blome’s South Sea Bubble narrano in modo geniale cronache legate alla crisi inglese del 1720, straziante invece la “Foundling Card”, un fante di cuori strappato nell’estremità bassa, ritrovata nella culla di un neonato, riporta il messaggio di una madre che affida il figlio all’ignoto.

Il sogno proibito di ogni collezionista? Le uova di Fabergé, in particolare le uova “imperiali”, 52 doni pasquali commissionate al gioielliere parigino dagli zar Alessandro III e Nicola II tra il 1885 e il 1917, rari, preziosi, iconici, dalla storia romanzesca, dalla provenienza illustre ed esteticamente perfetti, attributi che li rendono il non plus ultra dell’eccitazione per il suddetto collezionista. Niente uova in vendita a TEFAF ma di Fabergé troviamo da Wartski una spilla di crisoprasio appartenuta a varie dinastie reali, quella greca, quella danese e quella imperiale russa. Le vendite significative da sempre hanno segnato TEFAF: nel 2020 “Peasant Woman in front of a farmhouse”, un Van Gogh datato 1884 acquistato da un italiano, Luigi Grosso, negli anni ‘60 da un rigattiere per 45 sterline è stato venduto da Dickinson per un prezzo oltre I 12 milioni di sterline, nel mezzo mille avvincenti cambi di mano. Il desiderio del possesso può quindi manifestarsi in infinite varianti ma solo pochi possono soddisfarlo. Alla fine del viaggio una domanda sorge spontanea, quali frammenti del nostro presente saranno in vendita a TEFAF fra 100 anni? Cosa resterà di noi? E soprattutto, quanto costerà?