L’eco della musica si è spenta da tempo ma le polemiche continuano. Il concerto organizzato nel cortile del tempio di Hatshepsut ha destato uno scandalo che si è allargato ben oltre i confini dell’Egitto. Ma ha anche prodotto video spettacolari che hanno avuto finora un milione e mezzo di visualizzazioni. E una registrazione integrale che continua ad essere rilanciata da siti e social. Diventando così uno spot mondiale per il Paese in cerca di un rilancio turistico e per Cercle, organizzatore di eventi che del legame tra feste dance e location spettacolari ha fatto un marchio di fabbrica.
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Già nella primavera del 2021 la piattaforma aveva organizzato una performance della band danese WhoMadeWho davanti ai templi di Abu Simbel. Ma la cosa aveva fatto poco scandalo perché in quel caso, per via delle restrizioni per il Covid, si era trattato di un concerto senza pubblico da vedere solo a distanza sul sito ufficiale. Un evento tra i tanti organizzati in quel periodo con la stessa formula, come ha raccontato Costanza Alessandri su “ReWriters”.
E invece c’erano tremila persone, nella notte del 13 febbraio, al concerto organizzato nella spianata di Deir el Bahari, vicino a Luxor, cuore di quel business mondiale che sono le crociere sul Nilo. Alla consolle di quello che i detrattori hanno definito un rave c’era un duo svizzero, gli Adriatique. In mezzo al pubblico molti turisti provenienti da tutto il mondo che avevano il biglietto compreso nel pacchetto-vacanze. I video dell’evento condivisi sul sito di Cercle, che ha oltre un milione di follower, mostrano il contrasto tra la pietra bianca del tempio e le macchie di colore dei raggi laser.
La registrazione della playlist, disponibile su SoundCloud, ogni tanto si concede pause che permettono l’irruzione del silenzio irreale che quei luoghi desertici conoscono nelle notti normali, quando i gruppi di turisti vocianti tornano sui battelli o negli alberghi di Luxor. È un effetto straniante che chi vive in Italia conosce da decenni, con tutto il suo codazzo di polemiche: è giusto concedere Pompei o Venezia ai Pink Floyd, il Circo Massimo ai Rolling Stones oppure organizzare serate rock nel Teatro Greco di Siracusa?
Ad attirare ancora di più l’attenzione sul concerto egiziano, e ad alimentare lo scandalo, c’è il fatto che la scelta coinvolge il personaggio di Hatshepsut. Una delle pochissime donne riuscite a diventare Faraone nella storia dell’Antico Egitto, e un personaggio che sta prendendo piede sempre più massicciamente negli ultimi anni come simbolo dell’empowerment femminile e dell’orgoglio nero, visto che si tratta di una regina africana. Anche perché il suo regno è stato lungo, una ventina d’anni, e potente: uno dei più significativi della XVIII dinastia, la stessa di Tutankhamon.
Hatshepsut non esitò ad affrontare guerre, spedizioni commerciali in Paesi lontani e una massiccia opera di costruzione di monumenti in tutto il Paese. Il più famoso è il suo tempio funebre, realizzato intorno al 1500 avanti Cristo con una riuscitissima unione di scavo nella roccia e costruzione in pietra. Visitato da migliaia di turisti ogni giorno, è caratterizzato da una teoria di sculture policrome che lo rendono indimenticabile.
Al concerto di febbraio va riconosciuto un indubbio merito: quello di aver sostituito il clamore di un evento musicale al ricordo di un triste primato. Fu proprio in questo cortile che, nel 1997, avvenne quello che è ricordato come il primo attentato della strategia del terrore islamista culminata con l’attentato alle Twin Towers e le stragi nelle capitali europee. Che tremila persone si siano riunite proprio qui senza nessun rischio di attirare attentati è un grande segno di speranza: gli anni di piombo islamisti forse sono davvero finiti.