L’azzardo, il folklore, le regole elementari, l’attesa dell’intervento pietoso del dottore: il quiz nelle mani di Amadeus è una metafora dell’Italia. Che ancora ha bisogno di credere. Nella fortuna improvvisa. O nella Madonna che moltiplica gnocchi

I pacchi sono diventate scatole, il telefono con la cornetta è uno smartphone e Amadeus ha un filo di barba che fa molto giovane. Praticamente l’attualizzazione di “Affari tuoi”, il programma che festeggia i suoi primi vent’anni, finisce qui. L’Italia invece a cui si rivolge, a guardare avanti non ci ha neppure provato. E fa una certa impressione. Come se nulla fosse, abbiamo ricominciato a seguire un gioco di azzardo puro per il quale non è richiesta alcuna competenza, neppure vaga, basta mettersi una mano sul cuore e cercare nella memoria i numeri che forse nonno una volta ci ha passato in sogno.

«È un’occasione unica essere qui a giocare in televisione», dice il concorrente stringendo la mano alla moglie, che sussurra all’orecchio: «Lascia, prendi, andiamo avanti, no basta, pensiamoci, decidi tu».

Intanto si buttano soldi dalla finestra, come pop corn caduti nel buio delle sale dei centri commerciali, dove le famiglie in tuta si riuniscono la domenica per un bel pomeriggio tutti insieme.

Così, con gli occhi stretti e l’adrenalina che scorre, lo studio si rimpolpa di un non so che di mistico, in attesa della fine ineluttabile che porterà la fortuna tra le braccia di due casuali avventori della locanda di Rai Uno.

Quella stessa tipologia di spettatore peraltro che è rimasta incollata giorni e giorni alla tv, con il naso schiacciato sul monitor, per seguire le avventure da discount di una Madonnina che in linea coi tempi si era ridotta a moltiplicare gli gnocchi in forma di miracolo. Da Bruno Vespa ad Alberto Matano, da Panicucci a D’Urso ci si è interrogati e infiammati non poco se la veggente che si è ritrovata il piatto pieno all’improvviso fosse o no una manipolatrice, se confidare nel sangue sgorgato dagli occhi della sacra statua fosse solo frutto di un miope entusiasmo collettivo o chissà se in fondo il desiderio di credere in quel che non si vede, pizze mistiche, i numeri di Wanna Marchi o le scatole del preserale poco importa, sia alla fine un’esigenza primordiale difficile da sopire.

Intanto, come in una piccola metafora del Paese, sera dopo sera ci si ricomincia ad accalcare davanti a un programma diviso per regioni, dalle regole a dir poco elementari, in attesa di un intervento pietoso del dottore che tiene le mani sui cordoni della borsa.

E tornano alla mente nomi e forme, pacchi e fregature, Nanni Loy e la fontana di Trevi venduta da Totò, ma anche la confezione di pasta nella carta gialla, la valigia di cartone dei migranti italiani, mentre si confida nella fortuna, a caso, perché «me lo sento, questa sarà la volta buona». Perché la fortuna è cieca, ma anche la tv non ci vede benissimo.

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DA GUARDARE MA ANCHE NO

“Junk – Armadi Pieni” è una docu serie (Sky) che coltiva e punzecchia un inaudito senso di colpa ogni volta che al cambio di stagione decideremo di rinnovare il nostro parco magliette. Un Paese diverso per ogni episodio per approfondire un diverso effetto (rigorosamente devastante) del sovraconsumo di vestiti.

Non si possono sfornare nuove idee a ogni piè sospinto. Ma tre fiction in replica in un solo mese sono troppe. Si è ricominciato dagli arancini di Montalbano, poi La Sposa emancipata di Serena Rossi e le indagini di Imma Tataranni. Tutto bello, per carità se si potesse dire: «Il canone? L’ho pagato per la prima visione».