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La scrittrice scrive una lettera alla nipote sulla Somalia, terra d’origine della famiglia. Come una rinata Cassandra dinanzi alle rovine di un Paese
di Sabina Minardi
Ha ragione Igiaba Scego quando descrive il rapporto tra l’Italia e la Somalia in termini di tradimento: tradimento del regime fascista, che ha saccheggiato, sottomesso, arruolato truppe per strappare altri pezzi d’Africa. Tradimento degli italiani che quella storia hanno rimosso. Tradimento linguistico, persino: se “somalizzazione” è diventato sinonimo di caos e anarchia, come se sangue e destini sradicati fossero schema di un folle Risiko. Cosa sappiamo di quel Siad Barre che nel 1970 instaurò una dittatura militare gettando il Paese nella violenza e dando il via a una diaspora infinita? E di quel “naso d’Africa” che a stento localizziamo sul mappamondo?
A una coscienza post-coloniale tanto necessaria quanto ancora da costruire è rivolto “Cassandra a Mogadiscio”, meritatamente nella dozzina del Premio Strega grazie alla sensibilità di Jhumpa Lahiri, che ha colto la preziosità della parola della scrittrice, nata a Roma da genitori somali, ed esuli: “parola che squarcia, resiste, restituisce”. Una lettera “senza partenza né arrivo”, rivolta alla nipote che vive in Québec, senza un ordine cronologico e neppure tematico, per quanto i capitoli segnalino fermate di questa “autobiografia in movimento”: il senso di colpa di un’adolescente che non sa dov’è sua madre; il dolore di un padre che è stato ministro, sindaco, ambasciatore e fatica a mantenere la famiglia; le guerre che si somigliano e si sovrappongono, lasciando l’identico strascico di dolore.
Intorno, un universo di storie, della madre che ha subito l’atrocità dell’infibulazione, del cugino O che vive in Islanda, di Federica cresciuta a Rimini, del cugino Al e del cugino Ah, del fratello Abdul che le ha instillato la passione di scrivere… Tutti accomunati dal Jirro, nostalgia che permea vite e pure questo “libro dello specchio rotto”, frammenti di una Troia distrutta, come la Somalia. Dove alta si leva la voce della profetessa Cassandra, che ha visto la guerra: “E se fossi io? Cassandra che vede il Jirro sovrastare i continenti”. La scrittrice prende per mano la ragazza che, come noi, non conosce la strada. E conduce lei, e finalmente noi, con emozione, a Mogadiscio.
CASSANDRA A MOGADISCIO
Igiaba Scego
Bompiani
pp. 364, € 20