Il film
Bye-Bye Tiberiade, esilio e ritorno sul lago di Gesù
A Venezia il film sulla storia di Hiam Abbass, attrice e regista palestinese
Una madre, una figlia, un baule pieno di luoghi e ricordi «che rischiano in ogni momento di scomparire». Perché tutto inizia in Palestina prima del 1948 e dell’esodo forzato da quelle terre che in arabo è detto Nakba, la catastrofe. Ma c’è ancora un lungo pezzo di storia da raccontare. È “Bye-Bye Tiberiade”, sempre alle Giornate degli Autori, che rivendicano con orgoglio il loro ruolo di indipendenti.
La storia da scoprire è quella di Hiam Abbass, due occhi profondi come il lago su cui camminava Gesù e un percorso da Storia del cinema non solo mediorientale. Hiam infatti l’abbiamo vista in “Free Zone”, nel “Giardino dei limoni”, ne “La sposa siriana”, in tanti altri film israeliani e palestinesi, ma anche in “Munich”, in “Blade Runner 2049”, perfino nella serie “Succession”.
Per scolpirne la storia personale però ci voleva sua figlia Lina Soualem, che essendo nata a Parigi l’arabo lo parla ma non lo legge e aiuta la madre a scavare tra foto, lettere, filmini, ricordi. C’è l’esodo naturalmente, il nonno che impazzisce cercando le sue vacche, la madre che rinuncia al diploma dalle suore, gli anni vissuti in dieci in una stanza.
Il cinema vive solo di riflesso sui volti delle molte sorelle e di quella madre che non accettò mai le sue scelte, la fotografia, Gerusalemme, l’Europa. Ma ogni esilio contempla il ritorno e ogni ricordo resta scritto addosso. Come prova quella zia ritrovata dopo decenni a Damasco che la abbraccia felice e la annusa a lungo ritrovando un parente in ogni angolo del corpo di Hiam.