Su Rai Tre il documentario con lo scrittore Aurelio Picca che ripercorre i luoghi e le tappe che hanno portato all'omicidio del giovane nel 2020

Pesava 50 chili Willy Monteiro. Era alto ma esile come un fuscello. E sorrideva, sorrideva sempre. Sino alla notte tra il 5 e il 6 settembre del 2020 quando è stato ammazzato dalla violenza senza fine dei fratelli Gabriele e Marco Bianchi, Marco Pincarelli e Francesco Belleggia in una piazza di Colleferro. 

 

A distanza di tre anni  lo scrittore Aurelio Picca ha intrapreso un viaggio in salita in quei luoghi metafisici pennellati da De Chirico e lo ha tradotto in un documentario in forma di preghiera. "Preghiera per Willy" appunto, in onda su Rai Tre venerdì 8 settembre in prima serata, scritto dallo stesso Picca con Massimo Razzi, è una via crucis  che lo scrittore ripercorre passo passo come un viandante assetato. «Andiamo a cercare i fatti come detective interiori, senza nessuno spasmo, né morbosità del male e della cronaca. Non abbiamo scritto niente, abbiamo tutto addosso». Perché quello che è accaduto nella notte resta attaccato sulla pelle degli abitanti, degli amici che lo hanno amato, del carabiniere che piange quando ricorda, dell’applauso che rompe il silenzio nel momento in cui la bara irrompe nel campo sportivo per il funerale. 

 

Proprio il corpo sembra essere il filo conduttore di questa esperienza immersiva che vuole capire, conoscere, ricostruire ogni tappa di una strada che sembra portare solo all’abisso. Il corpo di Willy, allungato, giovane, il corpo gentile. I corpi del branco che hanno tagli di capelli anni 30 e non lo sanno, corpi formati dalla palestra e non «dalla sofferenza delle botteghe dei fabbri». Li chiama i tatuati, che si incidono sul corpo un mondo frantumato, per riprendersi il corpo e ridisegnare i confini perduti. E poi il corpo della sorella, che ha gli occhi che bruciano per la memoria, il corpo della rabbia, che si fa fisica al pensiero di quanto accaduto e a cui serve una camicia di forza per domarla. Anche i luoghi della ricostruzione si fanno fisici, protagonisti inaspettati: «Questa zona è come se fosse un corpo, Lariano, Artena, Colleferro, e come tale va vissuta corpo a corpo». 

 

Sino alla descrizione brutale, asciutta, martellante come la sequenza che si è abbattuta su Willy quella notte: «Calci, pugni cazzotti, calci pugni schiacciamenti, salti sul corpo, colpi mortali che hanno sfregiato la sua innocenza, sradicato la sua vitalità, la gioia, il futuro». Alla fine, tra le testimonianze, il processo, le lacrime e i ricordi, il bel documentario che vuole onorare la memoria di Willy Monteiro Duarte lascia addosso un senso di disagio molesto, quel fastidio fisico che solo l’ingiustizia riesce a trasmettere. E il desiderio, forte e condiviso, di non dimenticare mai.