Drammatica, austera, sexy. L’attrice Usa ha interpretato ruoli di ogni genere. Ora è coprotagonista del film “She came to me”. Pacifista, non trascura l’impegno sociale: «Viviamo in una società terribilmente cinica»

Dieci anni fa dimostrava a Hollywood che non esistono piccoli ruoli, bastano quindici minuti di performance di livello per portarsi a casa un Oscar e un Golden Globe. Anne Hathaway l’ha fatto con “I miserabili”, ribadendo al mondo il suo talento di interprete versatile: drammatica nei panni di Fantine, austera in quelli di Jane Austen, sexy nella tuta di Catwoman, ironica nel maglioncino ceruleo della stagista di “Il diavolo veste Prada”. Da allora ce l'ha messa tutta per smarcarsi dall’immagine della ragazza della porta accanto, scegliendo personaggi sempre più curiosi e controversi.

 

Lo era Lexi, la ragazza bipolare della serie “Modern Love” su Prime Video, lo è senz’altro la psichiatra con l’ossessione per la pulizia e per la religione che interpreta nel nuovo “She came to me”, presentato alla scorsa Berlinale e disponibile dal 15 gennaio su Sky e Prime Video. Ironia della sorte, il film è diretto dalla stessa Rebecca Miller (figlia di Arthur Miller) che anni fa l’aveva scartata a un provino.

 

Il riscatto di Hathaway è stato duplice: non solo è stata chiamata per interpretare il film da coprotagonista (con Peter Dinklage), ma ne è anche convinta produttrice. «Mi è sembrato un passaggio naturale, per quanto inaspettato: quando Rebecca mi ha proposto di produrre il film ho accettato perché esplora le diverse forme d’amore, di coppia, familiare e spirituale, mostrando come in ogni caso agisce da ruota motrice», racconta a L’Espresso. «Essendo stata una baby attrice sono cresciuta nel mondo del cinema, superati i quarant’anni credo di saperne abbastanza, anche perché sono sempre stata incoraggiata dai grandi registi con cui ho lavorato a prendere parte alle scelte creative dei miei film».

 

Più che di sforzo produttivo preferisce quindi parlare di «passione, la stessa che unisce chiunque lavori a un film». La sua Patricia è «una psichiatra che ha sposato un suo paziente. Oggi è un compositore di opere liriche paralizzato dal blocco dello scrittore, mentre lei, immersa nell’ascolto degli altri, ha dimenticato di ascoltare se stessa e finisce travolta da un desiderio che non pensava di avere, verso la spiritualità di un piccolo convento».

 

Anne Hathaway in una scena di “She came to me”

 

La sua battuta preferita del film è “Lavoro perché non vorrò mai dipendere economicamente da un uomo”. La recita la sua collega Joanna Kulig, che nel film interpreta la sua collaboratrice domestica: «Mi sembra una battuta importante: parliamo tanto di stereotipi, ma ancora stigmatizziamo le donne che lavorano in contesti come la cura della casa. Il loro contributo invece è fondamentale, è ora di valorizzarle anche sullo schermo e far risaltare tutta la loro dignità». Sottolinea poi con orgoglio che “She came to me” è un film indipendente: «Ho appena finito di girare una commedia romantica per Amazon con un budget decisamente diverso da quello di questo nostro piccolo film che ci abbiamo messo anni a realizzare. Ma ne è valsa la pena, perché non parla solo di amore, ma del rapporto che abbiamo con noi stessi e con chi siamo, di musica, di arte, di sesso e di opera».

 

Opera di cui lei è grande fan: «Spesso penso ai miei copioni come a degli spartiti e a certe scene come delle arie». Canticchia anche mentre parla di cose serie, come le battaglie che porta avanti da Ambasciatrice di buona volontà dell’Onu: «Quando l’Onu nel 2016 mi ha contattata ne sono stata onorata. Sono rimasta incinta e ho deciso di battermi per supportare le donne: una mamma americana su quattro deve tornare al lavoro due settimane dopo il parto, altrimenti non sarebbe in grado di sostenersi. C’è ancora molto da fare e da ripensare, partirei con lo smettere di stigmatizzare i ruoli degli uomini come caregiver: liberando gli uomini, potremo finalmente liberare anche le donne».

 

Hathaway è anche impegnata da anni con l’organizzazione Lollipop Theater Network a portare l’intrattenimento dentro gli ospedali pediatrici per i pazienti e le loro famiglie, ed è una pacifista convinta, tanto che con lo stesso candore dei tempi di “Pretty Princess” ha definito pubblicamente il presidente ucraino Volodymyr Zelensky un «eroe contemporaneo» per «il suo forte desiderio di pace, che condividiamo tutti in questo momento». Un momento complicato, in cui la fa da padrone il cinismo: «Viviamo in una società terribilmente cinica. Per questo ho voluto portare sullo schermo una donna progressista che viene improvvisamente attratta dalla religione, un mondo antico fatto di tradizioni secolari. Era un bel contrasto da interpretare, ho pensato a quanto dovesse essere stordente per una donna così intelligente e fortunata, perché a differenza di tante donne ancora spesso costrette a scegliere tra la famiglia e la carriera, tra diventare mamme e potersi realizzare in quanto professioniste, lei come me ha avuto il supporto della sua famiglia. E sente in qualche modo di dover ripagare questo debito, questa sua grande fortuna». Solo che lo fa nel modo sbagliato: «Seppellisce i suoi desideri e la sua vera “sé”, proprio perché grata di aver già avuto tanto dalla vita. Ma quando seppelliamo la nostra vera personalità, lei ci urla dentro in modo sempre più forte, tanto che alla fine non possiamo più ignorarla: solo dandoci la possibilità di non mentire, a noi stessi e agli altri, possiamo aprirci alla vera dimensione di chi siamo».

 

Lo dice da attrice che ha fatto un profondo lavoro su se stessa, ma anche da madre (di Jonathan e Jack, avuti con il marito Adam Shulman) e da persona che sta vivendo una profonda gratitudine per questa fase della vita: «Sono stufa delle domande sull’invecchiamento, perché non c’è alternativa. L’alternativa sarebbe non esserci, e io sono troppo entusiasta della vita. Diciamolo chiaramente, è ora di finirla con il torturare le persone, famose o meno che siano, sulla questione dell’invecchiare. È fuorviante, siamo tutti esseri umani e nessuno di noi ha la più pallida idea se domani ci sarà ancora. C’è solo da essere contenti come pazzi di poter vivere ogni anno in più». Mentre annuncia il suo prossimo impegno, il film romantico “The Idea of You” prossimamente su Prime Video in cui interpreta una quarantenne innamorata di un uomo vent’anni più giovane (Nicholas Galitzine), svela il suo desiderio per il nuovo anno: «Vorrei… diventare una grande attrice». Diventare? «Yes. Sono cresciuta negli anni, ma la strada è ancora lunga».