Lo sport per animali va bene, ma non troppo

In arrivo un decreto che protegge dallo sfruttamento eccessivo cani e cavalli usati per attività atletiche. Ma lascia aperte molte lacune

Il 2024 sarà o non sarà l’anno dell’animale sportivo? Se davvero il 3 di giugno entrerà in vigore il Decreto del Presidente del Consiglio sul benessere animale, molte cose cambieranno per cani e cavalli che, accompagnati dai loro umani, prendono parte a competizioni sportive. Il Dpcm era atteso per la fine dell’anno ma è slittato di cinque mesi. 

 

Di fatto sono tre i punti cardine delle novità suggerite dalla Riforma dello Sport. Il primo riguarda chi detiene un animale a qualsiasi titolo impiegato in attività sportiva. Costui deve prendersene cura tenendo presente anche le sue esigenze etologiche. Il secondo punto si focalizza sui metodi di addestramento e allenamento: coercizione, costrizione, mezzi o dispositivi che possono provocare danni a salute e benessere degli animali, sono banditi. Il terzo punto riguarda le condizioni di salute degli animali: femmine in stato di gravidanza o durante l’allattamento, non possono gareggiare. Così come la bardatura e l’attrezzatura usate per le gare, non devono provocare sofferenza. 

 

Tutte cose che all’apparenza sembrano ovvie, ma ovvie non lo sono affatto. Chi frequenta i campi gara, sa bene che non è così. Ma è difficile capire dove sia la linea di demarcazione, difficilissimo. Quello che ancora non è chiaro, è in quale categoria possano rientrare i cani da caccia e le gare che li vedono protagonisti. Le prove per la selezione zootecnica, sono gestite dall’Ente Nazionale Cinofilia Italiana e dal Masaf. Ma quelle amatoriali organizzate dalle federazioni dei cacciatori? 

 

Nella riforma dello sport non viene menzionato neanche il cavallo da corsa, quello che compete negli ippodromi dove si possono fare scommesse regolari. Pare che in questo caso il cavallo non sia considerato un atleta. Se da una parte quindi abbiamo fatto un passo avanti cercando di dare sempre più importanza al benessere degli animali, dall’altra si creerebbe un vuoto normativo

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