Quarant’anni fa l’opera del compositore fu uno straordinario momento. L’arca era progettata da Renzo Piano, i testi firmati da Massimo Cacciari, gli allestimenti di Emilio Vedova, la direzione di Claudio Abbado. E Venezia, dal 26 gennaio, lo riporta alla luce per celebrarlo

«Suono mobile nella voce e negli strumenti, e suono mobile per mutazione e trasformazione del primo con gli strumenti tecnologici. E suoni mobili sintetici, programmati, e controllati sul computer, non necessariamente da fissare su nastro, ma da produrre in tempo reale...». così scriveva Luigi Nono, nei suoi appunti per il “Prometeo”, l’opera presentata nel 1984 che rappresenta una delle massime espressioni della sua idea di suono in movimento, cuore dell’ultima fase della sua ricerca artistica, con cui voleva restituire complessità alla dimensione dell’ascolto. E per questo immaginava di usare lo spazio stesso come uno strumento, scomponendo gli strumenti musicali, il live electronics, le voci narranti, il cantato, facendo muovere, avvicinare e allontanare, modulandone il volume e il timbro. Stimolando un ascolto vivo, poiché, come continua nei suoi appunti, «è l’inudibile o l’inudito che lentamente, o no, non riempie lo spazio, ma lo scopre, lo svela. E provoca improvviso inavvertito esser nel suono, e non iniziarlo a percepire, sentirsi parte dello spazio, suonare».

 

E per questa «tragedia composta di suoni, con la complicità di uno spazio» il compositore veneziano scelse la chiesa di San Lorenzo, nel sestiere di Castello, sconsacrata nel 1868 e poi utilizzata come magazzino e laboratorio di restauro, restituita al pubblico proprio negli anni '80, con alcuni eventi organizzati dalla Biennale Musica. Un edificio ampio, spoglio, dalla facciata a mattoni grezzi, lasciata incompiuta: il luogo perfetto per allestire l’opera, dove prese forma l’imponente arca in legno progettata da Renzo Piano, alta 15 metri e posta al centro della navata centrale e alla base della quale sedevano i 400 spettatori, mentre gli strumentisti, il coro e i narratori erano divisi su tre livelli diversi, liberi di muoversi durante lo spettacolo, a creare delle isole sonore in comunicazione. Per l’allestimento era stato coinvolto anche il pittore Emilio Vedova, con i suoi «Interventi/Luce», volutamente non figurativi, ma materici, astratti, in comunicazione con la struttura disegnata da Piano. Il libretto, scritto dal filosofo Massimo Cacciari, metteva insieme brani di Benjamin, Esiodo, Eschilo, Sofocle, Hölderlin, Goethe, Nietzsche, con testi in italiano, greco e tedesco: un pensiero plurale e frammentato, a esprimere complessità, in un’opera dedicata alla figura mitologica che rappresenta uno dei punti cruciali della storia dell’umanità.

 

gli allestimenti nella Chiesa di San Lorenzo a Venezia

 

Ora, dopo quarant’anni, il “Prometeo” ritorna a Venezia, nella stessa chiesa di San Lorenzo. Per commemorare il centenario della nascita di Luigi Nono (scomparso nel 1990), dal 26 al 29 gennaio l’opera tornerà in scena, con un nuovo allestimento ideato da Antonello Pocetti e Antonino Viola, che sarà diretto da Marco Angius con l’Orchestra di Padova e del Veneto e a cui parteciperanno alcuni tra i musicisti presenti alla prima edizione del 1984, il flautista Roberto Fabbriciani, Giancarlo Schiaffini alla tuba e il musicista Alvise Vidolin alla parte elettronica, con quattro repliche e una tavola rotonda finale. La curiosità, in città, è grande, e i biglietti per le quattro serate sono andati esauriti in pochissimo tempo, con moltissime prenotazioni anche dall’estero.

 

Lo spettacolo è organizzato dalla Biennale Musica insieme alla Fondazione Nono, diretta dalla moglie di Nono Nuria Schoenberg (figlia del compositore austriaco), uno degli eventi centrali delle celebrazioni dedicate alla nascita di Nono e al trentennale della Fondazione.

 

Non ci sarà l’arca costruita da Renzo Piano, che dopo la prima esecuzione del settembre 1984 a Venezia, diretta da Claudio Abbado, e la seconda l’anno successivo a Milano, non fu più utilizzata nelle successive versioni del Prometeo, che dal 1987 al 2008 è stato riproposto in diverse città, dalla Germania alla Francia, dal Portogallo al Giappone, rimanendo per più di vent'anni nei magazzini del Teatro La Scala. La struttura lignea venne infatti smontata e poi rimontata all’interno di un capannone della fabbrica Ansaldo, stabilimento che a poca distanza dall'evento del 1985 verrà chiuso, per poi trasformarsi in un centro culturale, prima con i laboratori di produzione della Scala, poi con gli appuntamenti del Fuori Salone. Mentre a Venezia, la chiesa di San Lorenzo a seguito del restauro realizzato dalla fondazione Thyssen-Bornemisza, è diventata ora la sede di Ocean Space, centro di ricerca sugli oceani che si occupa di scienza e arte.

 

Un momento del “Prometeo” messo in scena nel 1984

 

Le celebrazioni per il centenario della nascita di Luigi Nono prevedono anche, a giugno, l’esecuzione de “La fabbrica illuminata” alla Fenice. La composizione per voce e nastro magnetico (su cui vennero registrati i suoni di macchinari industriali), scritta insieme a Cesare Pavese e Giuliano Scabia e «dedicata agli operai della Italsider di Genova», fu inizialmente commissionata dalla Rai che poi la censurò per i testi troppo politicizzati, e poi presentata alla Biennale Musica nel 1964. L’opera rende quanto mai esplicito l'impegno politico di Luigi Nono, iscritto al Pci e sperimentatore in grado di mettere al centro delle sue composizioni le tematiche più rilevanti del suo tempo, dalla Resistenza alle condizioni di lavoro nelle fabbriche, dal razzismo verso i migranti alla guerra del Vietnam. Con l’idea, ricercata sempre di più nella sua carriera, di portare la sua musica colta fuori dai teatri e dalle sale da concerto, intenzione che potrebbe prendere forma con l’ipotesi di replicare La fabbrica illuminata anche all’interno del capannone del Petrolchimico di Marghera.

 

Gli allestimenti nella Chiesa di San Lorenzo a Venezia

 

E sarà proprio questa spinta a emancipare l’ascoltatore dalle forme e dalle strutture tradizionali, a portarlo a concepire quell'idea di «suono mobile» che metterà al centro del Prometeo. Rivoluzionando il rapporto tra suono e spazio, scomponendo la narrazione, liberando l'ascolto. «Si vuole la sicurezza, la ripetitività», scriveva, auspicando invece «un’altra percezione possibile, dall’interno. Questi legni, queste pietre-spazi di San Lorenzo, infiniti respiri».