Casi editoriali. Fenomeni sociali. Nomi del cinema e della tv. E polemiche, successi, invenzioni. L’anno che finisce ha consacrato alcuni volti. Che raccontano scelte e passioni degli italiani

Sonnambuli, come ha scandito il Censis nell’annuale Rapporto sulla situazione del Paese. E pure frammentati, ondivaghi, sospesi, gli italiani visti dalla prospettiva culturale: incerti tra il divano di casa e gli eventi live, dispersi in disparate iniziative che poco restituiscono, nel complesso, di questo anno: che ha celebrato Calvino ma anche i 75 anni della Costituzione, gli 80 anni della caduta del fascismo e i 500 anni dalla morte del Perugino. Il fenomeno culturale più significativo? “Le grandi dimissioni”: il rifiuto che il lavoro definisca chi siamo e il desiderio di recuperare maggior tempo per noi. Intanto, quello che c’è lo spendiamo così: appassionandoci a Ilary Blasi, “Unica” su Netflix, dividendoci sui Ferragnez, entusiasmandoci per Elodie nuova J-Lo.

 

Ammettiamolo: siamo precipitati in uno stato di bassa vitalità e di emozioni brevi e inconsistenti. Bordeggiamo lungo i muri; camminiamo per strade scontate; rinunciamo a esplorare. E se la nostalgia informa lo spirito del tempo, la biomedialità cambia le abitudini. E accentua le divisioni: tra chi legge, va a concerti e mostre e una resistente parte di popolazione che non vuol saperne: un terzo degli italiani.

 

Eppure, siamo andati al cinema più dell’anno scorso. E anche gli eventi dal vivo sono stati da record: la Biennale Cinema di Venezia è cresciuta del 17 per cento (230 mila presenze). Sui palcoscenici c’è stata una ripresa, anche se problemi strutturali hanno determinato la straziante chiusura di moltissimi teatri. Fiere e festival hanno attratto gente: Nicola Lagioia ha salutato il Salone del libro coi numeri più alti di sempre, 215 mila visitatori; la prima edizione di Chiara Valerio da curatrice di Più libri più liberi ha avuto un’affluenza straordinaria (115 mila presenze). Stabile il mercato dei libri: secondo l’Aie il valore delle vendite è stato di 1.283 milioni. Un risultato per la prima industria culturale del Paese - ancora in attesa di una legge di sistema e pronta a fare i conti nel 2024 con la dispersione del Bonus cultura ai diciottenni - che è ben più che calma piatta.

 

Se un Paese è ciò che racconta, come dice lo scrittore Paolo Di Paolo in “Un anno di storie 2023” (Treccani), a guardare tutti insieme gli 80 mila libri usciti una tendenza netta non c’è: come se contenuti e vita si siano scollati. E neppure improvvisi successi editoriali la tratteggiano: né la passione per il Giappone né l’entusiasmo per il romance. «L’Italia ritratta in questi libri è un Paese ferito e ammalato», aveva già notato Melania Mazzucco, annunciando i candidati al Premio Strega. E allora avanti tutta col memoir, ognuno col suo viaggio, ognuno diverso. «Non è disfattismo constatare che di “nuovo”, nell’anno che si chiude, c’è stato poco», interviene Di Paolo: «La proposta editoriale ripete ed estenua schemi; non premia l’originalità, va sull’usato sicuro. Trionfano le “vite vere”: racconto di sé quasi senza filtro. In un mondo incerto e disgregato, la presunta certezza di una vita non inventata».

 

Per la stessa ragione funziona la manualistica: 3-4000 copie vendute a settimana segnalano più che una ricerca di istruzioni pratiche. È stato l’anno delle friggitrici ad aria, con 38 titoli sul tema: 89 mila copie, un milione e mezzo il valore del venduto. E una conferma: che l’aria fritta rende.

 

Christian Greco

Christian Greco
Invito al museo, casa di tutti
Con la tenacia e la brillantezza tante volte dimostrate, e con quel chiodo fisso di rendere il Museo Egizio di Torino la casa di tutti, luogo di memoria della collettività, l’archeologo e egittologo Christian Greco è il protagonista della cultura di quest’anno. Dal 2014, da quando dirige, con risultati brillanti e un’incontestabile competenza, il più importante museo al mondo dedicato all’Egitto dopo quello del Cairo, è stato ripetutamente oggetto di attacchi per le sue scelte di apertura e di inclusione: dall’ingresso gratuito a persone di lingua araba, lanciato qualche anno fa in un contesto di agevolazioni rivolte a diverse categorie di visitatori, alla recente iniziativa, in accordo col Comune, per favorire l’ingresso di famiglie povere e di senzatetto. A settembre, esponenti di Lega e Fratelli d’Italia ne hanno chiesto le dimissioni, accusandolo di gestire il Museo in modo ideologico e razzista contro gli italiani. Opinione pubblica e comunità scientifica sono energicamente insorte, schierandosi dalla sua parte. E assicurando al direttore di proseguire nel cammino di rinnovamento di un’istituzione che l’anno prossimo festeggerà 200 anni.

 

Roberto Vannacci

Roberto Vannacci
Il generale che (auto)scalò la classifica
L’ambientalismo è una cosa da ricchi. La normalità è una questione statistica. E «quando vedo una persona con la pelle scura non la identifico come italiana». Contro gli immigrati, contro gli omosessuali, il generale Roberto Vannacci ha espresso le sue idee nel libro “Il mondo al contrario”, uscito nell’agosto del 2023. Un volume autopubblicato e un successo editoriale che, a fine anno, lo fa piazzare al quinto posto tra i libri più venduti. Candidandosi a interpretare il senso comune dei cittadini, il testo ha sollevato polemiche infinite, prese di distanza istituzionali, ma anche manifestazioni di solidarietà a favore dell’autore, ritenuta una voce libera contro un presunto pensiero unico che imbavaglierebbe il dissenso. «Per lui il pensiero unico è solo un alibi, è l’idolo polemico di un’operazione di depistaggio atta a consentirgli di parlare a ruota libera d’altro, tra contraddizioni interne, argomentazioni capziose e sciagurati attacchi, sferzanti o irridenti, alle minoranze», scrive il linguista Massimo Arcangeli, a sua volta autore di un libro sul Vannacci pensiero, “Il generale ha scritto anche cose giuste” (Bollati Boringhieri). Tra presentazioni affollatissime e ospitate in tv, un caso tanto eclatante di self-publishing ha comunque gettato nello sconforto molti editori. Vannacci è stato ora nominato capo di Stato maggiore del Comando delle forze operative terrestri.

 

Sam Altman

Sam Altman
Dottor Altman e Mister Ai
È stato un anno in cui l’intelligenza artificiale ha conquistato la scena: dall’appello di Elon Musk a frenarne gli sviluppi per i potenziali “rischi esistenziali” al dibattito intorno all’IA Act, il regolamento al quale l’Europa ha appena dato il primo via libera. Se il confronto è stato tanto infuocato e l’attenzione così alta è soprattutto merito della diffusione di quell’intelligenza esemplificata da Chat-Gpt, elaboratore del linguaggio naturale grazie a potenti algoritmi e tecnologie di apprendimento. Un’intelligenza generativa ideata da Sam Altman, amministratore delegato di OpenAi, creatura nata peraltro dalla collaborazione con lo stesso Musk. È diventato un caso, che ha alimentato insinuazioni e dietrologie, il recente licenziamento senza preavviso dell’inventore. Le polemiche sono state così tante, con centinaia di dipendenti scesi a protestare in suo favore, che OpenAi ha dovuto reintegrarlo.

 

Erin Doom

Erin Doom
Fenomeno romance senza più misteri
Il romance è il genere letterario che più si è imposto in questo anno, raddoppiando le vendite rispetto al 2019. E consegnando uno scenario di titoli amati soprattutto dai più giovani e dai booktoker. Regina del genere è Tillie Cole, autrice inglese di “Dammi mille baci”, svelata agli italiani dalla casa editrice salernitana Always Publishing (a sua volta nata dal blog letterario Crazy for Romance), secondo titolo più venduto nella classifica dell’anno (il primo è “Spare. Il minore” del principe Harry, pubblicato da Mondadori). Un genere fatto sempre più di autrici italiane: nel 2019, secondo l’Associazione italiana editori, oltre l’84 per cento delle vendite era rappresentato da libri di autrici straniere, nel 2023 le scrittrici italiane pesano per il 40 per cento. Fra le più note, Felicia Kingsley, pseudonimo di (“Due cuori in affitto”, Newton Compton) di Serena Artioli. E Erin Doom, rimasta misteriosa fino al maggio scorso quando si è mostrata in tv, a Che tempo che fa: l’autrice di “Fabbricante di lacrime” (Magazzini Salani) è bionda e si chiama Matilde.

 

Alessandro Barbero

Alessandro Barbero
Medioevo da superstar
Come lo storico torinese, esperto di storia medievale e storia militare, sia riuscito a dosare la sua solida competenza, la voce narrativa, la naturale ironia, con l’utilizzo di podcast, social e un’originale presenza negli incontri live è ricetta inimitabile. Ma il risultato è che se a fiere, saloni, festival è ospite Alessandro Barbero non ce n’è per nessuno: il pubblico è tutto per lui. E il 2023 lo ha plasticamente evidenziato. Libri (all’inizio dell’anno “Brick for stone”, edito da Sellerio, tra fantasmi e complotti dell’11 settembre, con una girandola di personaggi bizzarri e paranoici;  a ottobre “All’arme! All’arme! I priori fanno carne”, pubblicato da Laterza e dedicato a spettacolari insurrezioni trecentesche), interventi e conferenze video spalmate su YouTube, cicli di incontri on line, lezioni di storia dal vivo come quelle ideate da Laterza (prossimo appuntamento a gennaio a Bergamo, con Barbarossa) lo hanno visto indiscusso protagonista. Il podcast “Chiedilo a Barbero”, con le domande del pubblico, lo ha trasformato in un divertito juke-box di conoscenze sulle curiosità più diverse, tra crociati e dittatori, condottieri o viaggi tra le giornate noiose della storia. Ma non solo. «Professore, Babbo Natale esiste?», gli domanda Emma, in un episodio recente: «Certo, si chiama Nicola, anzi San Nicola, vescovo di Mira in Turchia». E via con la storia natalizia più accattivante e suggestiva che vi capiterà di ascoltare.

 

Michela Murgia

Michela Murgia
Dare la vita e vivere per sempre
A maggio ha rivelato di avere un carcinoma al quarto stadio. Il 10 agosto Michela Murgia è morta. In mezzo ha pubblicato “Tre ciotole. Rituali per un anno di crisi” (Mondadori), romanzo fatto di storie che si incastrano e che raccontano lutti, perdite, ferite mentre tendiamo alla verità delle cose. Ma l’eredità di Murgia, l’idea politica della scrittura, l’impegno per le donne, le battaglie per il linguaggio, l’attenzione alle differenze, l’ossessione  per l’inclusività hanno contribuito alla mutazione che il Paese sta vivendo in questi anni. Protagonista solo fisicamente assente dalle proteste di piazza di quest’anno, culminate nella manifestazione contro la violenza sulle donne del 25 novembre, Michela Murgia ha influenzato con la sua voce, il coraggio, i suoi libri una consapevolezza femminile che diventa sempre più pervasiva: come quella delle sue Morgane, donne libere e combattive, pronte a stare in prima linea per i diritti di tutte. Come ribadirà il libro che ha scritto fino alla fine: “Dare la vita”, sulle famiglie frutto di libere scelte anziché di vincoli di sangue. Lo pubblica Rizzoli, è a cura di Alessandro Giammei, esce il 9 gennaio.

 

Zerocalcare

Michele Rech
Zerocalcare enciclopedico
Il fumettista Michele Rech, nato il 12 dicembre del 1983, e dunque fresco quarantenne, ha punteggiato l’anno, non solo tratteggiando con la consueta vena caustica la sua generazione, ma anche ribadendo impegno e profondità di sguardo. L’intervento più polemico è stato a novembre, quando l’annuncio di non partecipare a Lucca Comics & Games, patrocinato dall’Ambasciata di Israele, è diventato un caso politico («In questo momento in cui a Gaza sono incastrate due milioni di persone che non sanno nemmeno se saranno vive il giorno dopo...venire a festeggiare lì dentro è un corto circuito che non riesco a gestire»). Vincitore del Premio Terzani, con “Questo mondo non mi renderà cattivo”, serie scritta e diretta per Netflix, ha confermato talento e capacità di raccontare. Storytel e Bao Publishing hanno trasformato in audiolibro il primo successo, “La profezia dell’armadillo”, tra i dieci titoli più ascoltati dell’anno. “Enciclopaedia Calcarea” è l’ultimo vademecum per entrare nell’universo del fumettista.

 

Ennie Ernaux

Annie Ernaux
La resistenza del grande romanzo
Se BookTok, Wattpad e il boom del rosa hanno fatto emergere gusti nuovi dei lettori e soprattutto delle lettrici, che confermano, statisticamente parlando, il loro primato nella lettura, il Romanzo ha avuto i suoi momenti di gloria, con Ian McEwan, Daniel Pennac, Ken Follett, Emmanuel Carrère, J. M. Coetzee: “Il polacco” (Einaudi) è uno dei libri più belli dell’anno. “ELP” di Antonio Manzini è stato al vertice delle classifiche per mesi interi. Diverse le perdite per il mondo della cultura: quella di Ernesto Ferrero, appena dopo aver pubblicato un raffinato omaggio a Calvino. E di Cormac McCarthy, che ha lasciato la splendida eredità di due romanzi: “Il passeggero” e “Stella maris” (Einaudi). È morto anche Milan Kundera, occasione per reimmergersi nella sua scrittura. E tanti anniversari hanno risvegliato autori: i 100 anni di Marcel Proust, i 50 anni dalla morte di Ennio Flaiano e di J.R.R.Tolkien, i 100 anni dalla nascita di Luciano Bianciardi. Il Nobel per la Letteratura ha laureato Jan Fosse, scrittore norvegese, che La nave di Teseo ha prontamente pubblicato. Ma il dibattito letterario dell’anno - sul destino del romanzo, eroso dalla tendenza all’autobiografia – è ruotato intorno a Annie Ernaux, Nobel 2022. L’Orma, che punta su di lei dal 2014, continua a farla conoscere. Quest’anno è uscita l’edizione integrale di “Perdersi”. Viaggio intorno a un’ossessione amorosa che tutto travolge. Compresa lei.

 

Ada D'Adamo

Ada D’Adamo
Le emozioni travolgono lo Strega
La favorita era Rosella Postorino, con il suo romanzo “Mi limitavo ad amare te”, edito da Feltrinelli. A vincere il Premio Strega 2023 è stata invece Ada D’Adamo, tre mesi dopo la sua morte, con la storia della madre di una bambina pluridisabile. Così, mentre Ada e Daria trascinavano in un racconto di lotta e di fatica, di rabbia e di emozione, cresceva un’ondata di sostegno che ha portato alla vittoria. «Guardo al libro “Come d’aria” di Ada d’Adamo come a un fenomeno stupefacente e misterioso per la forza travolgente con cui ha toccato chiunque lo abbia letto, amici e sconosciuti», commenta a L’Espresso Loretta Santini, direttrice editoriale di Elliot: «Ognuno ha sentito il bisogno di fare qualcosa perché questo libro magico arrivasse sempre più lontano, rendendo possibile l’impossibile, e la vittoria del premio Strega  - e di tutti gli altri premi che lo hanno accompagnato - ne è la testimonianza».

 

Liliana Segre

Liliana Segre
Parole da tenerci strette
«Le grandi democrazie dimostrano di essere tali se, al di sopra delle divisioni partitiche, sanno ritrovarsi unite in un nucleo essenziale di valori condivisi. In Italia il principale ancoraggio attorno al quale deve manifestarsi l’unità del popolo è la Costituzione repubblicana. Se le energie che da decenni vengono spese per cambiare la Costituzione fossero state invece impiegate per attuarla, il nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice». Ascoltare sempre, rileggere subito Liliana Segre. E regalare, far conoscere ai ragazzi “Il discorso al Senato della Repubblica del 13 ottobre 2022”, pubblicato quest’anno da Einaudi Ragazzi («Parole bellissime. Da tenerci strette», ha scritto Gian Antonio Stella). La senatrice, sopravvissuta all’Olocausto, recentemente applaudita sul palco della Scala alla prima in cui voci hanno gridato “Viva l’Italia antifascista”,  ha scandito il 2023 con i suoi interventi. E anche col silenzio: «Non mi sento di dire nulla, altrimenti mi sembrerebbe di aver vissuto invano», ha detto sugli ostaggi di Hamas e gli israeliani uccisi nei loro kibbutz.

 

Margot Robbie
Barbie, una di noi
Un successo annunciato. Campione di incassi in Italia e nel mondo e fenomeno sociale e culturale globale. Tanto da aver coniato, insieme all’altro blockbuster di stagione, “Oppenheimer” di Christopher Nolan, un neologismo: Barbenheimer, sinonimo di soft power e della potenza di un marketing che fa bene al mercato, grazie alla contemporanea distribuzione di due così robuste uscite: una di Warner Bros. Pictures, l’altra di Universal Pictures. Barbie, commedia fantasy della femminista Greta Gerwig, tinge di rosa l’anno, in un’autentica mania che contagia moda e merchandising. E rilancia la bambola, piuttosto stanca dopo innumerevoli evoluzioni all’insegna della diversity. Invece rieccola l’icona, affiancata da un Ken-Ryan Gosling che gioca sul ruolo di spalla di lei. L’incantevole Margot Robbie dosa perfezione e ironia. E chiude l’anno, iniziato con “Asteroid City” di Wes Anderson, da protagonista.

 

Paola Cortellesi

Paola Cortellesi
Splendida cinquantenne
Con il sorpasso di Barbie, con 4.395.868 ingressi mentre scriviamo, e con una prospettiva di incasso di 30 milioni di euro, “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi è l’evento cinematografico del 2023. Film dell’anno dei Nastri d’argento attribuito dai giornalisti cinematografici, il film continua a conquistare pubblico e consensi, grazie alla capacità di intercettare il cammino per l’emancipazione delle donne e le battaglie contro il maschilismo e le violenze domestiche. La neocinquantenne Paola Cortellesi deve ora gestire una popolarità ancora più forte. E un ruolo nuovo da regista, dopo una lunga carriera da attrice con vena comica. Per ora dice stop alle interviste.

 

Pierfrancesco Favino

Pierfrancesco Favino
Comandante Che Guevara
Ha inaugurato l’anno con uno dei più riusciti episodi di “Call my agent Italia”, “La revolución MassMediatica”, interpretando sé stesso, perso nel ruolo di un irresistibile Che Guevara. In “Ultima notte di Amore” è un poliziotto nella notte più difficile della sua vita, proprio alle soglie della pensione. In “Adagio” di Stefano Sollima è Romeo, detto il Cammello, una vecchia conoscenza della criminalità romana. Nel film d’apertura della Mostra del Cinema di Venezia Pierfrancesco Favino è il protagonista di “Comandante” di Edoardo De Angelis, dove interpreta Salvatore Todaro, comandante del sommergibile Comandante Cappellini durante la seconda guerra mondiale. E se il film fa discutere per i troppi stereotipi che contiene, lui solleva il tema dell’appropriazione culturale: «Sono stanco di vedere italiani interpretati da stranieri», dice, con riferimento a Adam Driver nel ruolo di Enzo Ferrari. E l’identità nazionale divide i cinefili.