Senza cinismo né stucchevole retorica, il programma su Rai Due racconta i paesi del Belpaese. Con affetto e parecchia ironia

Era il 1954 quando Guido Piovene realizzò “Viaggio in Italia”, 94 puntate per il Programma Nazionale, unico canale radiofonico della Rai. Un modo raffinato e gustosamente semplice di raccontare paesi, paesaggi ma soprattutto persone che riempivano i luoghi attraversati da Nord a Sud. Dopo di lui il girovagare nel Belpaese in favore di telecamera è diventato sport nazionale: “Borghi d’Italia”, “Paese che vai”, “Italia, Viaggio nella Bellezza”, “Linea Verde” (bianca, blu e altri colori ameni), “Il Borgo dei borghi” e così via. 

 

Improvvisamente però questa idea pescata da lontano si presenta con un abito nuovo. E visto che succede assai di rado, quando davvero arriva in prima serata su Rai Due una piccola cosa ben fatta, bisogna farci caso. Si tratta de “Lo spaesato”, programma con un inedito Teo Mammuccari, che lascia in camerino buona parte del suo protagonismo per girare la luce sugli abitanti dei paesi in cui si reca in visita. Riuscendo, una volta tanto, a ridere di gusto con loro senza ridere di loro. Una sorta di tavolino dell’amaro Cynar, contro il logorio della vita moderna, in cui al ritmo frenetico della metropoli si affianca l’idea di lentezza dal sapore dell’autenticità. 

 

C’è il playboy e l’uomo aglio, c’è il giornalaio che porta i cruciverba alla signora Angelina, affacciata alla finestra. «Sono sempre da sola, quando arriva lui mi fa un po’ di compagnia». C’è lo storico a suo modo, che spiega come l’attacco dei Saraceni ad Agropoli venne respinto a forza di caciocavalli lanciati dalle mura. C’è chi usa il bastone per percorrere le salite, ma con il comparto segreto pieno di grappa. E chi blocca la strada perché deve finire la partita a ruzzola e se devi passare proprio da lì pazienza, aspetti. 

 

Insomma non la solita esposizione scolastica di tradizioni e piatti tipici all’insegna dello slogan come si mangia bene nella provincia italiana. Ma un campionario di delizie dalle radici lontane in cui il conduttore si mette in gioco senza traccia di cinismo, indossa abiti medievali come Benigni in “Non ci resta che piangere”, suona nella banda, sfila in processione e mangia passatelli. E soprattutto si mette in gioco la comunità, fino a moltiplicare il punto di vista, per quello che è il tratto davvero inedito del programma. 

 

Dopo aver interagito con Mammuccari, infatti, gli abitanti del paese si ritrovano tutti nel teatro comunale, per riguardarsi e farsi protagonisti. La platea diventa palco, il conduttore spalla e in questo strano mescolìo delle carte, condito da un affetto reciproco, lo spettatore si ritrova soddisfatto. E come avrebbe detto Flaiano: «La notizia mi ha talmente sconvolto che non sono riuscito a chiudere occhio tutto il pomeriggio».

 

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DA GUARDARE 
“30x70 – Se dico donna” (Rai Due): ritratti di professioniste che hanno provato a cambiare il volto stereotipato del sistema radiotelevisivo. Da Tilde Capomazza che portò il femminismo in tv a Carla Vistarini, ancora oggi unica direttrice artistica di Sanremo. Insomma una divertente e a tratti desolante storia del costume italico.

 

MA ANCHE NO
L’euforia da dissing dei rapper, che come dodicenni sfornano brani anziché telefonarsi, ha contagiato persino i conduttori Rai. Che per fare un dispetto al debutto di Amadeus sul Nove hanno annunciato in pompa magna un collegamento a sorpresa dal Tg1 per parlare di Sanremo. Almeno non hanno fatto finta di cantare.