Isolanti, fonoassorbenti ed ecologici. I materiali ideati da una giovane economista italiana danno nuova vita ai vestiti da buttare

Un muro fonoassorbente nato da calzini spaiati e maglioni consunti o una wine box derivata da vestiti usati. Sono solo alcuni esempi della varietà del materiale realizzato dalla startup Nazena che ha brevettato un processo di upcycling che dalle fibre tessili crea nuovi prodotti ecosostenibili. I vestiti usati, aumentati dal fenomeno del fast fashion, vengono trasformati in imballaggi e pannelli adatti a diversi impieghi. Una soluzione per due problemi. 

 

L’idea è di Giulia De Rossi, una giovane vicentina laureata in Economia, che dopo diverse esperienze lavorative, anche all’estero, si licenzia e parte per il Giappone alla ricerca d’ispirazione. La sua maggiore ambizione è trovare soluzioni sostenibili a vantaggio delle future generazioni. Approfondisce così l’arte giapponese del packaging e del riciclo della plastica. Al rientro in Italia sfida se stessa e cerca di vivere per un mese senza plastica: «Un vero e proprio delirio», confessa. 

 

La fulminazione arriva mangiando del gelato e buttando via la vaschetta di polistirolo, materiale poco riciclato e ampiamente utilizzato: perché non pensare a un contenitore termico nato dagli scarti delle fibre tessili? Canticchiando "Il pullover" di Gianni Meccia, prende dall’armadio un vecchio golf e con un paio di forbici inizia a frammentare il tessuto cercando un modo di trasformare le fibre, compattarle e trasformarle in un contenitore termico. 

 

Dopo vari tentativi e consulenze nasce un processo che parte dal ritiro degli scarti tessili delle aziende e dei privati tramite enti e associazioni. Gli scarti vengono sanificati, liberati da bottoni, zip e metallerie e sottoposti a sfilacciatura e sfibratura fino a ottenere dei pannelli rigidi utilizzabili in vari ambiti, dall'oggettistica all'interior design fino all'impiego nel settore edile, grazie anche a capacità isolati e fonoassorbenti. 

 

Nazena, nome di derivazione giapponese che significa “perché no?”, lavora già per società italiane di alta moda che cercano una nuova sostenibilità. Il ciclo d’economia circolare torna anche ad Oriente e la nostra protagonista, grazie al ministero degli Affari Esteri, partecipa alla Design Week di Tokyo come testimonial per la sostenibilità. Per un chilo di tessuti recuperati vengono risparmiati 3,76kg di Co2. E allora… Perché no?