Buio in sala

L'Orlando di Paul B. Preciado è una biografia politica

di Fabio Ferzetti   3 aprile 2024

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Il romanzo di Virginia Woolf rivisitato da persone trans nell’innovativo film del filosofo e attivista che gioca con i ruoli sessisti del cinema e della società

Una lettera aperta a Virginia Woolf. Un’autobiografia in prima persona plurale. Un film che sfugge a ogni etichetta - ci mancherebbe! - come i suoi 25 protagonisti, tra gli 8 e i 70 anni, tutti persone trans. E come lo stesso autore, Paul B. Preciado (B. come Beatriz, suo nome originario), filosofo, attivista, teorico del pensiero non binario, allievo di Derrida, autore di libri capitali come “Testotossico - Sesso, droghe e biopolitiche nell’era farmacopornografica”, “Sono un mostro che vi parla”, “Disphorya Mundi”, “Pornotopia” e molti altri (tutti Fandango).

 

Una star, a suo modo. Che per schivare il classico documentario sulla sua vita, con patetismo e sensazionalismo incorporati, ha proposto al canale franco-tedesco Arte di rivisitare il capolavoro di Virginia Woolf smontando ogni certezza a colpi di immagini e parole. Le parole, a volte soverchianti, sono quelle dell’autore. 

 

Le immagini seguono i 25 diversi Orlando, “in transizione” tra le epoche e i continenti, mixando i registri più vari: saggio, testimonianza, denuncia, parodia, ma anche danza, invettiva, diario clinico, cabaret, immagini d’archivio (memorabili i primi trans operati negli anni Cinquanta, sempre ripresi mentre scendono da un aereo o da una nave, come se venissero da un ineffabile Altrove).

 

Non tutto è altrettanto felice. Il saggista spesso domina il regista, qua e là si pensa ai Godard del periodo maoista (ma è toccante, in sottofinale, l’omaggio a Godard di Jenny Bel Air, un Orlando carico di vita e di storia). Più che le parole parlano, e convincono, i gesti, i volti, gli sguardi, insomma la grazia (e la rabbia) di tutti quei protagonisti in lotta contro un mondo che esclude, prescrive, proscrive, con l’arroganza di un Potere mascherato da Natura.

 

Del resto, come fare un film transgender se nulla più del cinema ha costruito i codici maschili e femminili dominanti? Preciado si limita ad aprire la strada. Affidando ai soli maschi del film il ruolo dello psichiatra ipernormativo o del portiere d’albergo che respinge i documenti del(la) cliente. Mentre ci ricorda che due pioniere del cambio di sesso come Coccinelle e Marta D. Johnson «hanno costruito i loro corpi come altri costruivano delle cattedrali».

 

Si potrebbe obiettare che «fare della propria vita un’opera d’arte» si diceva già a metà Ottocento e che i progressi medici rendono oggi più facile (troppo?) la transizione. Ma anche i film vivono di trasformazioni. Le idee devono diventare immagini. Quando Preciado se ne ricorda, lascia il segno.

 

ORLANDO, MY POLITICAL BIOGRAPHY
di Paul B. Preciado,
Francia, 98'