Buio in sala

Quell’estate con Irène, un film delizioso in fuga per la libertà

di Fabio Ferzetti   14 giugno 2024

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Due ragazze che scappano da una casa di cura. Verso un’ultima vacanza insieme. Raccontata da Sironi guardando a Martone e a Visconti

Anche tra i registi italiani c’è una nuova generazione che avanza in ordine sparso cavalcando la distrazione dei tempi. Sono giovani, colti, sognanti, sapienti – ma senza darlo troppo a vedere. Sparpagliati e disillusi, sono quelli venuti dopo. Dopo i grandi nomi di oggi e di ieri. Dopo i generi, gli autori, le certezze, le battaglie.

 

Come si disse prima di loro, hanno poco da dimostrare ma molto da mostrare. E il nostro cinema gli va stretto, infatti spesso tengono un piede fuori, come i loro produttori (pensiamo a “Disco Boy”, ma non solo).

 

I più noti, da Jonas Carpignano ai fratelli D’Innocenzo, hanno un mondo, uno stile, un territorio geografico o creativo già definito. Altri, come il Carlo Sironi di “Quell’estate con Irène”, restano fluidi, in ascolto. Per concentrarsi sui corpi e gli spazi che abitano, spesso non visti, il nostro sentimento del presente. Smorzando i Grandi Temi e le loro facili seduzioni per tentare una dimensione più segreta.

 

Come scrive Nina Berberova, citata nei dialoghi, «c’è una vita a tutti visibile e un’altra solo nostra di cui nessuno sa nulla». Nel debutto di Sironi, “Sole”, questa vita invisibile avvolgeva i diversi partecipanti a una storia di finta adozione. Qua invece le protagoniste sono due ragazze in fuga da una casa di cura piena di coetanee con foulard e parrucche per vivere un’estate fino in fondo, fosse anche l’ultima.

 

Naturalmente Irène e Clara, sottili come giunchi (Noée Abita e Camilla Brandenburg, brave è dir poco), sono opposte e complementari. Irène è bruna, decisa, irregolare, “timburtonesca”. Clara è bionda, cauta, apollinea, quasi viscontiana.

 

Ma se sappiamo fin dal titolo come andrà a finire e se l’epilogo è forse il tallone d’Achille di un film squisito, è difficile non ammirare la sapienza non solo visiva con cui Sironi e la sua équipe, in testa Gergely Pohanok alla fotografia, catturano l’impalpabile ma solidissima trama di sogni, emozioni, dolori, desideri che avvolge progressivamente Irène e Clara in quell’estate alle Egadi fitta di incontri, scoperte, misteri.

 

Cui Sironi dà corpo sempre guardando al paesaggio come a uno specchio dell’anima, in una linea molto italiana che va da Rossellini a Martone passando per Antonioni e molti altri. Con improvvise note anche buffe (siamo a fine anni ’90, ma guardate come usano il video Irène e Clara) e un occhio così penetrante da sfiorare il fantastico. Dopo l’esordio, un bel passo avanti. Ma adesso Sironi deve decidere dove andare.

 

QUELL’ESTATE CON IRÈNE
di Carlo Sironi,
Italia-Francia, 89’

 

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AZIONE! 

Italiani d’oltre frontiera anche al festival UnArchive, che presenta l’ultimo lavoro di Luciana Fina, barese trapiantata a Lisbona, a Roma il 2 giugno con “Andromeda”. Un viaggio “tra memoria e immaginazione, utopia e sperimentazione”, che confronta la tv di ieri con il cinema anni 60-70. Una partita mai chiusa.

 

E STOP

Questo Caravaggio non s’ha da fare. Parola del Ministero, che ha bocciato per la quarta volta il progetto di Paolo Benvenuti, storico autore pisano, autore iper indipendente di film bellissimi e scomodi come “Puccini e la fanciulla”, “Tiburzi” e soprattutto “Segreti di Stato”. Come si dice in italiano blacklisted?