Narrativa di viaggio

Alicudi, Elba, Tremiti: nel Mediterraneo mille isole di carta da leggere questa estate

di Emanuele Coen e Valeria Verbaro   10 luglio 2024

  • linkedintwitterfacebook
Veduta dell'isola di Alicudi, nell'arcipelago delle Eolie

Romanzi, antologie e racconti appena usciti hanno il mare per protagonista. Pagine d’autore di ieri e di oggi per accompagnare la stagione più calda. E scoprire sorprendenti storie del Mare Nostrum

C’è “L’isola di Arturo”, Procida, che Elsa Morante tratteggia con una tale dovizia di aggettivi che sembra di scoprirla insieme al protagonista del romanzo, Arturo Gerace, tra ripide scogliere, vicoli ombrosi e misteriosi anfratti, promesse di avventure e libertà assoluta. «Nella chiesa del porto, la più antica dell’isola, vi sono delle sante di cera, alte meno di tre palmi, chiuse in teche di vetro. Hanno sottane di vero merletto, ingiallite, mantiglie stinte di broccatello, capelli veri, e dai loro polsi pendono minuscoli rosari di vere perle». C’è poi la Sardegna di Grazia Deledda, arcaica e fiera sotto il peso di gelosie e prepotenze maschili, l’isola di “Canne al vento” e degli altri romanzi della scrittrice premio Nobel ambientati in questa terra: il Monte Gonare con i suoi santuari, le feste religiose, le “pinnette”, le costruzioni in pietra, piccole e perfette che i pastori usavano come ricovero, in lontananza il mare azzurro e turchese. E l’isola di Michela Murgia, da rileggere a quasi un anno dalla scomparsa della scrittrice, tra romanzi (tra tutti, “Accabadora”) e saggi narrativi a cominciare dal suo “Viaggio in Sardegna” con gli undici percorsi “nell’isola che non si vede”. «Ci sono buchi in Sardegna che sono case di fate, morti che sono colpa di donne vampiro, fumi sacri che curano i cattivi sogni e acque segrete dove la luna specchiandosi rivela il futuro e i suoi inganni». Tra magia, echi del mondo antico e riti esoterici, le isole hanno sempre flirtato con letteratura e poesia fin dalla notte dei tempi, dall’eterno di ritorno di Ulisse a Itaca. Uno scambio che oggi prosegue e contagia scrittrici e scrittori con il suo fascino pieno di contraddizioni. Scoglio remoto lontano dal caos, sogno di libertà e vacanza, ma anche l’esatto opposto: luogo di confino oppure simbolo del turismo di massa. Questo è il diario di un viaggio sorprendente tra nuovi romanzi e saggi narrativi, che affonda le radici in Italia e si irradia nei mari del mondo. Buon vento.

 

NEI MARI DEL MONDO
Si muove lungo un orizzonte libero e sconfinato Ernesto Franco nel suo libro “Storie fantastiche di isole vere” (Einaudi, pp. 136, € 17,50). Un isolario che tiene insieme il labirinto di Creta, le statue misteriose dell’Isola di Pasqua, le avventure dei pirati a Tortuga, le fughe da Alcatraz e mille altre storie sparse nei cinque continenti. Il libro, che esplora le isole in tutte le loro forme, è il frutto dell’incontro tra due personaggi: il primo un narratore, il Pilota, un marinaio che ha navigato su ogni rotta ed è sbarcato in ogni porto, e possiede perciò la saggezza dell’esperienza, che si deposita lentamente nel corso di una vita. Il secondo si limita ad accogliere e raccogliere i racconti dell’altro, ma senza chi ascolta non esisterebbe chi narra. Tra tutte, San Pietro, isola nell’isola (Sardegna), con il centro abitato più popoloso. «Carloforte non è un’isola. E nello stesso tempo è un’isola più isola di altre, più potente di molte. Se vuole si potrebbe dire che è un luogo del mondo in cui la storia ha a che fare con diverse isole, ma che, geologicamente, non è un’isola».

 

Un'antica stampa raffigurante l'isola di Procida

 

A VELA NEL MEDITERRANEO
È un Mediterraneo disseminato di isole vere, invece, “Mare nostrum” (Giunti, pp. 400, € 18) di Lorenzo Cipriani, esploratore del nostro tempo, sempre alla ricerca delle origini della civiltà. Storico dell’arte, storyteller, skipper, ricercatore al dipartimento di Biologia all’università di Firenze, il suo viaggio in barca a vela si snoda lungo le rotte mediterranee dei popoli che hanno fondato l’Occidente, approdando nei porti delle terre e delle isole che furono protagoniste del mondo antico. Dall’Italia alla Grecia fino a Istanbul, le isole dell’Egeo e la costa turca, per tornare poi verso casa passando da Creta, Malta, Sicilia, Sardegna e le isole Baleari. Cipriani mette a fuoco personaggi talvolta bizzarri, racconta strane leggende, evoca miti non sempre edificanti. Si muove in direzione contraria a quella del turismo di massa. Esplora Ventotene, Ponza, Elba e le altre isole dell’Arcipelago toscano. « Mi è capitato spesso di intrattenermi ad ascoltare le storie di mare degli isolani. D’estate è difficile parlare con loro, di solito non hanno tempo da perdere. I racconti migliori li ho raccolti in primavera, quando il mare torna a vivere dopo la pausa invernale. Alcuni di questi racconti sono del tutto sconosciuti, altri quasi dimenticati. Stavamo navigando tra il Giglio e Giannutri e me ne tornò in mente uno proprio legato a questo specchio di mare che mi disse un vecchio professore: la storia di Zanara, l’isola immaginata, l’isola che non c’è».

 

CONFINO ALLE TREMITI
Isola sinonimo di libertà, ma anche di confino. Isola come prigione, segregazione. Nel settembre 1939 Aldo, ventenne fiorentino, giunge a San Domino, l’isola delle Tremiti scelta dal regime fascista come confino per chi era accusato di omosessualità. I cosiddetti “femminielli” alloggiano in due baracche fatiscenti, con un secchio a fare da gabinetto e un camino mal funzionante per le notti più fredde. Sono perlopiù siciliani, perché arrestati per un omicidio avvenuto anni prima a Catania e tuttora impunito, che continua a perseguitarli. Descrive la vita dura dei confinati Aldo Simeone nel suo romanzo “L’isola dei femminielli” (Fazi editore, pp. 312, €18,50). Una comunità di uomini liberi e solidali contro ogni volontà del regime, tra il disprezzo degli abitanti dell’isola, gli incontri clandestini e la conta dei carabinieri, esiliati anche loro e pronti a trovare conforto tra i femminielli. Un’altra isola possibile, opposta a tante altre.

 

AMORE E NATURA AD ALICUDI
Il racconto di un incontro sentimentale a prima vista tra una scrittrice e Alicudi, ultimo scalo nell’arcipelago delle Eolie. Terra pietrosa, selvatica, impervia, che Stefania Aphel Barzini racconta nel suo “L’isola che mi amava” (Ponte alle Grazie, pp. 144, € 15) come un viaggio nella natura attraverso i sensi, che scandiscono il libro capitolo dopo capitolo: insolitudine, miraggi di pietra, guardare, toccare, annusare, assaggiare, il sesto senso. E ascoltare: le piante, il terremoto, gli animali. «La notte il silenzio veniva rotto dalle urla dei gatti. I gatti di Alicudi sono una razza inesistente altrove nel mondo. Hanno preso molto dai tratti fisici e caratteriali degli abitanti dell’Isola. Sono magrissimi, spelacchiati, il muso a punta come i gatti che si ammirano nei dipinti egiziani, stortignaccoli, con gli occhi spiritati». Alicudi come isola remota, sinonimo di libertà, manciata di casette bianche arrampicate sulle falde della montagna, cespugli spinosi abbarbicati alla terra rugosa, niente strade, niente illuminazione, niente farmacia, tabaccaio, banche o telefono, due botteghe, un bar e una piccola pensione.

 

Elsa Morante

 

TRA LE STREGHE ALLE EOLIE
È l’inizio del Novecento. Alicudi, “città invisibile”, è nascosta alla vista dalle altre Eolie. Misteriosa e magica, è spaccata in due dalle sciare di lava. Nella sua parte oscura osano avventurarsi solo le majare, le streghe, che di notte raggiungono Palermo, il mondo esterno, o ballano nude alla luce della luna. Nel suo romanzo “L’isola dove volano le femmine”, Marta Lamalfa (Neri Pozza Bloom, 320 pp., 18 euro) narra la storia di Caterina, adolescente che ha appena perso la gemella Maria, suo specchio e punto di riferimento, sogna o forse spera di essere una di loro, per trovare una risposta al tumulto che sente dentro. Adesso che non può più riflettersi nella sorella, deve riconoscere il suo volto e ritrovarsi intera. Deve avventurarsi nel lato sconosciuto dell’isola, interrogando sé stessa e il proprio corpo che cambia, fino a diventare irriconoscibile. Ispirato alla vera storia delle allucinazioni collettive degli arcurdari, dovute a un fungo nella segale, “L’isola dove volano le femmine” è una profonda ricerca dell’identità femminile, una geografia del sé che nasce dai più nascosti sentieri isolani, come simbolo interiore.

 

Michela Murgia

 

L’ENIGMA DEL TEMPO
Non è mai nominata l’isola di fronte a Lampedusa nel romanzo “L’isola e il tempo” di Claudia Lanteri (Einaudi, pp. 368, 19 euro), libraia palermitana che dopo aver pubblicato racconti su varie riviste, ha ora scritto il suo primo libro, dalla scrittura molto suggestiva. Forse è Linosa, forse non è mai esistita se non nella memoria di Nonò, Onofrio, che tredicenne poi adulto e poi ancora bambino racconta il mistero che lo tormenta. Un barchino trascinato dalle onde, il corpo di una donna, un sopravvissuto. Per trent’anni i fondali nascondono segreti che Nonò è intenzionato a scoprire, tuffandosi e rituffandosi. Cambiano i volti intorno, cambia l’isola stessa. C’è chi va via per sempre e chi, come lui, resta incagliato nel ricordo, nella spirale tra passato e presente costruita da Claudia Lanteri. In questo spazio indefinito la mente viaggia libera, mentre il corpo è confinato e costretto, condannato a rivivere per sempre la stessa ossessione. Fra i segreti di un mare impenetrabile, il nodo irrisolto di Nonò si ingigantisce nella sua solitudine amara e, finché rifiuta di guardare dentro sé stesso, prende forma in un enigma che non conosce fine. E che solo la sua isola sa custodire.