Il recupero dei grandi classici italiani. Meno spazio alle serie americane. Più attenzione ai cortometraggi e alle novità internazionali. Dialogo con il direttore

Adriano De Maio, da un anno alla guida della Direzione Cinema e Serie TV della Rai, seleziona e programma il cinema e le serie televisive per i canali generalisti e per le reti specializzate. Più di quarantamila ore di programmazione all’anno. Una lunghissima esperienza alla guida dei programmi televisivi di intrattenimento e di utilità. Ha dato un’impronta di “attualizzazione” al genere ed alla creazione di veri e propri eventi per “accendere” la comunicazione sui film.

 

Cosa ci dobbiamo aspettare in tv nei giorni di Ferragosto?
«Nel  2023 abbiamo lanciato con successo una vera e propria programmazione studiata per i giorni di Ferragosto. Ora è consuetudine. A Ferragosto rivedrete su Rai Uno il premio Oscar “Nuovo Cinema Paradiso”, su Rai Due la commedia al femminile “Addio al Nubilato” su Rai Tre il cult, “Il Pap’Occhio”, con a seguire dei contenuti inediti del film. Un omaggio al nostro Renzo nazionale».

 

Però in base ai dati più recenti il cinema in onda su Rai fatica. È vero?
«Quando mi occupavo di programmi televisivi potevo intervenire sulle scalette, sugli ospiti. Un film è un’opera fatta e finita, non è molto prevedibile il risultato. Ci sono tanti fattori che incidono, cast, regia, luminosità. Ma anche programmazione e controprogrammazione. È come se fossimo in una libreria. I libri si espongono, abbiamo il bestseller e la novità. Il pubblico sceglie. Però il nostro dovere è tenere aperto l’esercizio e proporre una ricca selezione. Il film è un prodotto culturale, non solo puro intrattenimento. Va programmato indipendentemente dall’ascolto. C’è un’educazione al film, che si coltiva con la qualità, ma anche con l’attenzione, il rispetto del pubblico, l’appuntamento fisso».

 

Lei ha dato il via ad alcune crociate, il cinema italiano, il bianco e nero, l’appuntamento fisso, ha trasmesso in chiaro i cortometraggi, ed ha ingaggiato una battaglia personale contro la serialità americana. Perché?
«Il mio spirito è sempre costruttivo. Mantengo alta l’attenzione sul settore. Perseguendo obiettivi di buon senso. Più cinema italiano, dalla Library capace di “illuminare” i palinsesti, al nuovo cinema italiano diretto da nuovi registi. Oggi tutto è colore, inserendo qua e là il bianco e nero cerco solo di attirare il pubblico, rompendo la monotonia riproponendo imperdibili classici del passato. “In Corto d’Opera”, lo spazio dedicato ai cortometraggi, è un’iniziativa per valorizzare quel bacino di prodotto selezionato da Rai Cinema. Per motivi di vario genere, il cortometraggio conquisterà una importante fetta di mercato, noi dobbiamo essere presenti e occupare uno spazio adeguato in palinsesto. Nessuno pretende o ha la forza per “duellare” con Hollywood. La serialità americana ha avuto un grande successo in passato, ma oggi viviamo in un mondo di “cinema globale”, dobbiamo cogliere le occasioni per sperimentare con coraggio nuovi prodotti. La serialità americana, che ci ha dato così tante soddisfazioni, oggi sulle nostre reti generaliste offre un risultato più povero rispetto al passato, è arrivato il momento di cambiare. Il rapporto prezzo risultato non paga più. E non dimentichiamo che con la serialità proponiamo esempi di vita. Dobbiamo osare. Sono cresciuto con La Casa nella Prateria, Spazio 1999, Star Trek. Intrattenimento ma tanto contenuto nobile, educazione, famiglia, eroi che, anche se in un contesto di fantasia, proponevano modelli sani. Il rispetto per altri popoli, per gli sconosciuti e i diversi, il capo che si sacrificava per il proprio equipaggio, fino al rispetto per donne e bambini, per gli animali. I tempi sono cambiati, ma questi rimangono valori da ricercare nel prodotto che scegliamo. Questa almeno è la mia idea».

 

Cosa proporrà come serialità di produzione italiana?
«Sta per arrivare. Poi dal 2025 intensificheremo, ma per ora non posso svelare i titoli».

 

È vero che lei dirige un “Ministero senza portafoglio”, e quindi si limita a fare scelte editoriali?
«La Direzione in cui opero seleziona i prodotti che Rai Cinema propone, e che valuta con attenzione grazie ai componenti del Comitato Acquisti. Con Rai Cinema abbiamo un ottimo rapporto di collaborazione e stima reciproca. Dopo un anno, i colleghi conoscono benissimo la direzione editoriale che intendiamo seguire. Cerco di programmare il cinema di produzione Rai al meglio. Posso dire che ho avuto molte soddisfazioni. La chiave è sempre la promozione e la possibilità di creare degli appuntamenti fissi».

 

ADRIANO DE MAIO , direttore Cinema e Serie TV della Rai

 

L’impressione però è che per ora il cinema sui canali Rai appaia e scompaia. È vero?
«La Rai ha una tradizione storica sul prodotto seriale, in passato il classico sceneggiato. Oggi progettato internamente e portato a compimento con la massima cura e straordinari risultati da Rai Fiction. Il cinema in Rai ha avuto periodi di grande fioritura, era appuntamento fisso ed è stato per molti anni una colonna portante dei palinsesti, anche in tempi di difficoltà del varietà e della produzione interna. Ricordo, ad esempio, quando ci fu l’esodo dei Talent verso la concorrenza. Allora si ebbe un grande investimento in film. E andò molto bene. Ce li si strappava con la concorrenza. Però esistevano 7 reti nazionali, non di più. Oggi, tra canali digitali e piattaforme, l’ascolto è parcellizzato. Noi non dovremmo programmare solo per lo share. La Rai deve fare la Rai. Se inseguissimo solo l’ascolto sarebbe un tradimento verso il pubblico. Anche qua ho le mie idee, solo personali, ma dettate dall’esperienza e dalla passione».

 

Ci spieghi meglio.
«È difficile programmare seguendo sempre la performance degli ascolti. In questo modo non eserciteremmo al meglio il ruolo di Servizio pubblico. Non possiamo stabilire la scelta dei programmi “a maggioranza”. Se il giorno dopo l’ascolto non è giudicato soddisfacente, la programmazione a volte cambia. E perché? È irrispettoso verso quel pubblico che ci ha scelto. Dobbiamo guidare la linea editoriale della tv italiana, per tutto il pubblico, contribuendo alla sua elevazione. Dare anche il tempo a nuovi prodotti di consolidarsi e avere successo. Però credo che questo sia anche il pensiero dei vertici Rai. Il sistema che abbiamo ereditato è questo. Dobbiamo cambiare. Il Servizio pubblico non può essere relativo. Né immutabile. Soprattutto sui primi tre canali, ma, naturalmente, vale per tutti i programmi. Dobbiamo forse tornare un po’ indietro nel trovare il coraggio di perseguire la nostra strada. Educare, informare, intrattenere… e guidare. Anche con il cinema e le serie televisive. Occupare i primi tre canali del telecomando ci rende leader per nascita».

 

L’ennesimo vento di privatizzazione, dopo più di 35 anni in Rai: che idea si è fatto?
«L’iter di questo progetto è nelle mani dell’Editore e dell’Azionista, con la collaborazione dei nostri vertici, top manager che amano l’azienda e che ne hanno colto lo spirito di servizio pubblico. Personalmente credo che, per definizione, il Servizio pubblico radiotelevisivo non possa essere “privato”, almeno non la parte editoriale. Non recapitiamo lettere e non vendiamo posti a sedere per viaggiare. Realizziamo contenuti che possono orientare l’opinione di milioni di telespettatori. Siamo un’azienda unica in Europa. Molti di noi provengono da una consolidata esperienza di spettacolo. Abbiamo delle regole che vanno rispettate, ma la nostra vocazione a volte segue più l’ispirazione di una grande compagnia teatrale moderna (…sorride Ndr).  Ad ogni modo qualsiasi decisione verrà attuata lavoreremo come sempre per soddisfare il pubblico. Mi auguro per la prossima Rai un futuro degno del suo passato».  

 

Torniamo al cinema, cosa vedremo nella prossima stagione?
«Metterei l’accento su alcune partenze. Il 10 settembre, Cinema e Serie TV Rai proporrà i “Leoni di Sicilia”. Un evento. Sono felice di presentare un prodotto di qualità con un volto Rai per eccellenza quale Miriam Leone, con cui tra l’altro ho lavorato a Uno Mattina ai suoi esordi. Poi un cambio di genere prima del Tg2, a metà settembre, con due nuove serie che io definisco di contenuto “motivazionale”. Vedremo all’opera giovani “Medici in Corsia” e giovani avvocati alle prese con “Le Leggi del Cuore”. Quindi, buona visione!»