Arabopolis
Coachella e Lollapalooza per Elyanna, la Shakira palestinese che conquista gli americani
Ritmi mediterranei, virtuosismi magrebini, poesie arabe. Per una popstar in erba che partecipa al nuovo singolo dei Coldplay. E ha cantato per gli studenti che occupavano le università per protestare contro la guerra a Gaza
È brava, è bella, è bionda, è palestinese. E vuole portare una rivoluzione nel mondo del pop internazionale, una new wave linguistica fatta di parole arabe. Si chiama Elyanna, è nata a Nazareth 22 anni fa ma da quando ne aveva 15 vive a Los Angeles, «perché da dove vengo io avevo poche speranze di riuscire a diventare una cantante», ha raccontato al Guardian.
Che ci sia riuscita lo indicano le suoi recenti esibizioni a Glastonbury, dove ha cantato insieme ai Coldplay il loro nuovo singolo, una canzone pacifista intitolata "We pray", annunciata in questi giorni e in uscita il 23 agosto. Elyanna si è fatta notare anche nei due leggendari festival indie americani, Coachella e Loollapalooza (nella foto è sul palcom dell'esibizione, a Chicago). Sono solo alcune tappe della tournée che presenta il suo primo disco, “Woledto” (arabo per “sono nata”), e che la porterà quest’estate in tutti gli Usa e Canada, per terminare a dicembre in Europa, da Parigi a Londra.
La sua esibizione al Governors Ball, festival newyorkese, ha lasciato la corrispondente del Guardian Adrian Horton letteralmente a bocca aperta: «Ha cantato per 45 minuti e io sono rimasta tutto il tempo a bocca aperta, davanti alla forìza della sua voce da sirena, il suo danzare "Shakiresco" e il suo ritmo arabo influenzato dall'America Latina». Qualche giorno prima c’era stato l'esibizione al "Late Show.", prima ospite arabofona del punto fermo dell’intrattenimento americano: Elyanna indossava una kefiah, simbolo della resistenza palestinese, addolcita dal pizzo, e l’arabo dei testi era condito di “Zaghoutah”, il gorgheggio inconfondibile delle donne marocchine. E in primavera, nel periodo più caldo delle proteste contro la guerra a Gaza, aveva cantato alla Brown University, davanti a un pubblico pieno di studenti con la kefiah.
Il suo successo, iniziato l’anno scorso, è andato di pari passo con la distruzione della striscia di Gaza, e probabilmente non è solo uno scherzo di cattivo gusto della storia: oggi il pubblico è più aperto ad artisti che parlano arabo, che raccontano sentimenti e storie di palestinesi, che mescolano ritmi e stili musicali dimostrando che il “nostro” mondo e il “loro” non sono così lontani e nemici come rischiamo di credere.
L’hanno definita “la Shakira palestinese”, e certo quel successo le fa da apripista: ma, a differenza della star colombiana che ha attinto a piene mani dalle sue radici libanesi per creare una formula pop che ha conquistato il pubblico latino-americano e poi mondiale, Elyanna, o Elian Marjieh come è il suo vero nome, è nata e cresciuta in Medio Oriente. Non guasta certo il fatto che non venga da una famiglia musulmana ma cristiana: un sassolino nella narrazione che vede tutti i palestinesi musulmani e quindi nemici dell’Occidente cristiano (Isabella Camera d’Afflitto, "papessa" degli arabisti italiani, presentando l’ultimo numero della rivista “Arabpop” lo ha spiegato molto bene in poche frasi).
Una famiglia di musicisti e poeti, la sua: madre poetessa (molte canzoni sono costruite intorno alle sue parole), il nonno materno maestro dello “zajal”, poesia d’occasione per matrimoni in Palestina, la nonna cilena pianista, un padre che l'ha guidata nel mondo della musica facendole ascoltare un mix di gusti eclettico e nessun tabù. Elyssa è cresciuta ascoltando Julio Iglesias e Aretha Franklin, ma anche leggende della musica araba come il siriano George Wassouf, e l’egiziana Umm Kulthum. Il risultato è un primo disco pieno di canzoni ritmate (“Ganenni”) ma anche di omaggi alla musica araba (“Al Sham”, “il sole”, è un omaggio alla famosa cantante algerina Cheikha Rimitti). Il suo successo è un progetto comune: tutta la famiglia è emigrata con lei nel 2017, e oggi suo fratello Feras, musicista e suo primo estimatore, è il suo producer e direttore creative, mentre la sorella Tali è la sua stilista. Nel disco molte canzoni sono scritte da sua madre, mentre in “Sad in Pali” si sente un esempio degli “zajal” di suo nonno.
Elyanna si era fatta notare sul web con cover di Rhianna e Any Whinhouse, ma la svolta è arrivata grazie a Nasri, producer canadese originario di Nazareth: è stato lui a metterla in contatto con il produttore Wassim “Sal” Slaiby, che l'ha convinta a cantare in arabo e le ha procurato un contratto con Universal Arabic Music, una etichetta che secondo il Guardian è stata costruita in parte su di lei. È stato il mix che ha portato al successo un tipo di musica che ancora non era abbastanza apprezzato: «Quando ho iniziato non c’era nulla di questo genere», ha detto Elyanna. «C’erano molte persone che amavano la musica araba, e c’erano produttori come il mio manager ma mancava un pezzo. Del resto, ci vogliono molte persone per riuscire a fare breccia».
Non canta canzoni politiche – al massimo un testo sulla pace scritto da sua madre - ma il suo impegno per la Palestina è dichiarato: ha disegnato una serie di vestiti con la scritta “Il mio cuore è palestinese” per PaliRoots, casa di moda che promuove abiti legati alla Palestina. E quando canta "Olive branch", la sua canzone pacifista, sullo sfondo del palco c’è l’immagine diventata virale contro l’assedio israeliano alla striscia di Gaza, “All eyes on Rafah”. Della mobilitazione per il suo Paese parla senza amarezza: «Mi rende felice vedere quanto l’appoggio alla Palestina è cresciuto, quante persone mostrano il loro amore. Ne abbiamo bisogno. La mia gente, laggiù, ne ha davvero bisogno».
Sul palco si veste sempre “da sposa”, con abiti bianchi lunghi o cortissimi, pizzi e lucenti dischetti d’oro. Niente veli – nel video di “Gananni” ad avere la testa coperta sono gli uomini -, niente “moda modesta” ma stoffe traforate e spacchi abissali. Harper’s Bazar ne ha scritto con entusiasmo, dedicandole una copertina nell’edizione del Qatar e consacrandola un’icona di stile per il pubblico locale. In attesa di vederla in Italia, i suoi video sono sul web, un mix di ritmo e armonia mediterranea che apre il cuore.