La Procura conferma le notizie anticipate dall'Espresso: la banca elvetica è indagata con l'accusa di aver aiutato 13 mila italiani a nascondere all’estero oltre 14 miliardi di euro. Tra gli atti d’accusa anche il documento scoperto da noi il mese scorso

Il colosso Credit Suisse è ufficialmente indagato a Milano per un presunto maxi-riciclaggio dei fondi neri di migliaia di ricchissimi evasori italiani. Sotto accusa c'è la casa madre svizzera del grande gruppo bancario, che ora è inquisita direttamente, come persona giuridica.

L'Espresso aveva anticipato già un mese fa i risultati dell'inchiesta milanese, che potrebbe segnare una svolta nella lotta alla grande evasione internazionale. La Guardia di Finanza, infatti, ha ricostruito una lista nera di circa 14 mila soggetti italiani (persone fisiche, ma anche società) che hanno trasferito all'estero, attraverso apposite strutture di Credit Suisse, più di 14 miliardi di euro. Ora, per la prima volta, la Procura ha incriminato direttamente la banca, che è accusata di aver organizzato per anni un'evasione colossale e sistematica.

Le cifre quantificate dalla Guardia di Finanza di Milano sono superiori a quelle registrate nell'analoga maxi-inchiesta americana contro Credit Suisse: negli Stati Uniti il colosso bancario è stato accusato di aver aiutato 22 mila contribuenti a sottratto al Fisco circa 10 miliardi di euro. Nel 2014 la banca elvetica ha deciso di patteggiare e ha risarcito alle autorità americane ben 2 miliardi e 600 milioni di dollari.

La copertina dell'Espresso numero 7
Nell'indagine coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco e dai pm Gaetano Ruta e Antonio Pastore, gli elementi di prova più importanti erano stati scoperti grazie a una perquisizione a sorpresa nella filiale di Milano, ispezionata nel dicembre 2014. Tra le carte della Procura, come rivelato da l'Espresso, sono finite anche le istruzioni segrete impartite dalla banca ai propri funzionari per aggirare i controlli e sfuggire alle indagini italiani: un documento-choc che gli inquirenti hanno ironicamente ribattezzato «il manuale del perfetto evasore-riciclatore».

Ora la Procura di Milano si prepara a chiudere l'inchiesta-base con accuse che vanno dalla frode fiscale, all'abusivismo finanziario, ostacolo alla vigilanza e riciclaggio. Il gruppo bancario è chiamato in causa direttamente in base alla legge 231 del 2000, che permette di incriminare anche le società di capitali (persone giuridiche). Le posizioni individuali dei circa 14 mila clienti italiani verranno invece esaminate nei prossimi mesi.

Circa 4 mila presunti evasori avrebbero trasferito ben 8 miliardi di euro alle Bermuda utilizzando lo stesso prodotto finanziario considerato fuorilegge: una polizza assicurativa fittizia, formalmente emessa dalle strutture internazionali di Credit Suisse Life & Pension (Cslp), che a partire dal 2005 sarebbe stata utilizzata per trasferire fiumi di soldi all'estero con la garanzia del più assoluto anonimato. Senza pagare neppure la cosiddetta euro-ritenuta, cioè la mini-tassa sugli interessi bancari maturati sui depositi svizzeri.

Un portavoce di Credit Suisse da Zurigo per ora ha replicato che «le attività con clienti privati si concentrano sui patrimoni dichiarati» e che il gruppo ha «chiare regole interne e processi per assicurare che si conduca il lavoro in accordo con le leggi in vigore in Italia»: norme che la banca dichiara di aver puntualmente applicato in particolare con la «voluntary disclousure», la legge che nel 2015 aveva consentito di auto-denunciare e regolarizzare i patrimoni occultati all'estero.